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"La condizione della memoria" di Giulia Corsalini

    Guanda editore, 2024, pagg. 213.   Incipit "Due anni fa, raggiungendo in auto la costiera amalfitana, in un giorno tiepido e limpido di fine aprile, e passando nei pressi del paese d'origine del mio nonno materno, un piccolo paese della Ciociaria arroccato su un'altura alle pendici di una rupe che sfilava arida e ripida sulla mia sinistra, ho sentitito il desiderio di rivedere i luoghi in cui mia madre - ancora viva in quella primavera di cambiamenti - aveva trascorso parte della sua infanzia e di cui aveva conservato memoria mitica".    Pensieri luminosi Quando, qualche anno fa, lessi "L'insostenibile leggerezza dell'essere" di Milan Kundera, rimasi colpita da due parole che lo scrittore utilizzò in un passaggio del romanzo, ricordando il passato di un personaggio, ossia "la memoria poetica", cioè "quella memoria che registra tutto ciò che ci affascina o ci commuove, tutto ciò che rende intensa la nostra vita".  È a partire

"Un cuore di smeraldo in eredità" di Melissa Bentivegna


 

 Historica Edizioni, 2023, pagg. 220.

 

 Incipit

 "Ester Mineo iniziava ogni giorno come un'ospite che entra nel mondo in punta di piedi. Non poteva sapere che quella mattina, un passo dopo l'altro, sarebbe andata incontro a qualcosa di impensabile. Che tutto stesse per finire, non poteva immaginarlo. 
Quello era decisamente un giorno diverso".

Pensieri luminosi
 
Si può lasciare un'eredità morale al prossimo? Si possono abbandonare briciole di un bagliore luminoso piuttosto che un gioiello, simbolo di unità, di completa fiducia nell'altro?
Il romanzo della scrittrice Melissa Bentivegna risponde affermativamente a questi interrogativi, perchè tra le pagine della storia che racconta cresce, come un fiore nel deserto, il valore incommensurabile della vita e di come gli esseri umani possano farne uso, in maniera costruttiva o distruttiva, donandone in questo caso  un contorno qualitativo importante che ha i connotati della giustizia, del coraggio, della fiducia. 
Ecco allore che "un cuore di smeraldo", prendendo in prestito parte del titolo, diventa qualcosa di tangibile, realistico che attraversa il tempo e lo spazio. Diventa un passaggio di testimone da una mano all'altra, da una vita all'altra che è dono, eredità e in essa ci si riconosce. Una "genuina bellezza" di nobiltà d'animo che, ereditata appunto, passa, attraversa, non fa rumore, o meglio il rumore che produce è silenzioso ma capace di rompere le pietre. Chi riceve diventa depositario di un dono e lo perpetua nel tempo e sua volta lo dona in eredità ad un'altro essere umano. In questo oceano valoriale l'autrice racconta la storia di tre donne, Ester, Enrichetta ed Emma che inconsapevolmente intrecciano i loro destini nel giro di poche ore e nella loro diversità apportano l'una all'altra un "patrimonio ereditario" che  non passa attraverso il denaro o le proprietà, ma è qualcosa di superiore e non  si può quantificare se non con il parametro dell'amore incondizionato. Poeticamente parlando lo si potrebbe definire la "tempra giusta" per avere il coraggio di rialzarsi e guardare in faccia l'oggi , il qui e ora e renderlo concreto, in cui il donare diventa vitale. Ed è di donazione di organi che si narra in questo libro, una delle più nobili scelte che una persona può decidere di fare, di trasmettere, di porre in eredità. Un bene che diventa testamento perfetto da lasciare al mondo, che così può perpetrare il bene.
Il dono di sè nelle pagine del romanzo non è qualcosa di fantasticato lontanamente, ma è concretamente vicino, grazie anche all'utilizzo da parte della scrittrice di accurati termini tecnici per spiegare l'effettivo intervento medico che si alterna, ed è in questo modo che secondo me la scrittura si fa densa e pregna di significato, a momenti di vera e propria suggestione anche poetica, come le poesie che si possono piacevolmente leggere tra le pagine, scritte da una delle protagoniste che si svela a noi ma soprattutto a sè stessa. Una raffinata alternanza di stile narrativo che definisce il "vivere la vita" non una semplice e banale frase fatta. Donare per far guarire è un inno valoriale ineguagliabile, una specie di "pensiero bambino" che è all'inizio una promessa ma che poi diventa una verde concretezza, una reale, tangibile esperienza salvifica. 
Una rinascita, come la primavera che è venuta a bussare alle porte in  in questi giorni, come da secoli fa, in un fluire costante di tutto e noi non possiamo che accoglierla come nuova linfa per la nostra esistenza.
Vi lascio scoprire la storia di Melissa e delle sue donne che si donano sempre, della malattia che guarisce, del dolore che trova altri nomi, del coraggio, del coraggio della paura, ma soprattutto dell'amore-dono, come gioiello prezioso.
Buona lettura!
 

La mia lampada ha illuminato questa frase:
"Nei luoghi della povertà, Emma aveva indossato, ancora una volta, il camice verde, il colore della speranza che solo in Africa aveva potuto ammirare in silenzio, guardando in lontanza un arcobaleno sotto il quale stringeva tra le mani un cuore di smeraldo.
Un'eredità che adesso sapeva di meritare veramente.
Ecco il dono dei suoi genitori. Si sentiva molto fortunata!"


Gli oli essenziali da utilizzare durante la lettura:
tre gocce di di tea tree e tre gocce di cannella da sciogliere nel profumatore di essenze con candela bianca neutra, per ritrovare la lucidità per prendere decisioni importanti e ritrovare il calore dei sentimenti perduti.



Un po' di luce sull'autrice
Melissa Bentivegna (Palermo, 13 febbraio 1976) è una scrittrice italiana. Si è laureta in Scienze dell'Educazione. Dopo aver vissuto venticinque anni in Sicila, precisamente a Sciacca, si è trasferita a Verona. Insegna alla scuola primaria e infonde nei suoi allievi l'amore per la poesia, per la lettura e la scrittura. 
Pratica meditazione circondata dalla natura e ricorda sempre l'azzurro del mare della sua terra. 
 
 
INTERVISTA ALL'AUTRICE 

Ciao Melissa e benvenuta nel mio spazio letterario. Vuoi parlarci un po’ di te?
Ciao Elisabetta, è un piacere parlarti di me e del mio romanzo. Io sono una docente di lingua italiana e insegno nella scuola primaria. Amo profondamente leggere e scrivere, due passioni che coltivo da bambina e che ritengo intrecciate e imprescindibili tra loro. Ho trascorso la mia infanzia e la mia giovinezza immersa nella lettura di romanzi di ogni genere. Dall’età di 9 anni ho cominciato a cimentarmi nella narrazione di brevi racconti e nella composizione di poesie, anche tenendo dei diari personali che conservo tutti con amore. Ho una formazione prettamente umanistica che ho curato anche dopo gli studi universitari. Nel 2001 mi sono trasferita dalla Sicilia a Verona per motivi legati all’insegnamento. Non ti nego quanto sia stato difficile lasciare la mia terra e quanto io senta ancora forte il radicamento alle origini. Sono grata, tuttavia, di vivere in una città che mi ha dato diverse occasioni professionali e non solo, divenendo fonte di ispirazione per la scrittura. Da qualche tempo ho deciso di dare voce alle storie che porto dentro e che ormai vogliono prendere il loro piccolo spazio nel mondo. “Un cuore di smeraldo in eredità” è la prima di queste storie e da settembre a oggi mi ha regalato grandi soddisfazioni.

 

Come è stata la genesi del tuo romanzo? 
La genesi di questo romanzo è da far risalire ai primi anni in cui ho cominciato a vivere a Verona. In realtà, in quel periodo, mi ero messa a scrivere altre due storie, tracciandone per ognuna soltanto l’idea di fondo, la trama. Poi, a causa degli impegni di lavoro e di altre dinamiche legate alla formazione professionale, avevo lasciato queste storie a “riposare” in una cartella del mio PC. All’inizio del 2022, imbattendomi in alcune letture che avevano come protagoniste le donne e sentendo certe notizie di cronaca, ho avvertito l’esigenza di rimettere mano all’intricata narrazione delle vicende di Ester, Emma ed Enrichetta. Il bisogno di voler raccontare questa storia di solidarietà e di rinascita ha preso il sopravvento. Era arrivato il momento per me di parlare di donne che sanno donarsi, sostenersi e che non gettano la spugna dinnanzi ai drammi della vita. Così, ho riaperto il file sul mio PC e non l’ho più richiuso fino a quando il romanzo non ha preso vita.

 

Da quali suggestioni è nato il titolo? 
Il titolo “Un cuore di smeraldo in eredità” è nato quasi alla fine, quando scrivevo l’epilogo. Onestamente penso che per questo romanzo non potesse esserci “cornice” più emblematica. La storia ruota intorno a un trapianto di cuore. Quest’ultimo, il cuore, è la cassa di risonanza di quel che portiamo dentro ed è uno degli organi che una delle protagoniste riceve in eredità affinché la sua vita prosegua, nonostante la crudele sorte che il destino le aveva riservato. Lo smeraldo poi, che ha il colore della speranza, è il simbolo del dono, della capacità del “prendersi cura” che contraddistingue in diverso modo le tre protagoniste. Ester è una psicologa dell’età evolutiva, Emma è una cardiochirurga, Enrichetta è un’assistente sociale. È nella proiezione verso degli altri che si compie il loro disegno di vita e anche la loro rinascita. 
 
Per introdurre la vicenda narrata hai scelto una poesia del poeta portoghese Pessoa. Come mai ha scelto questo autore piuttosto che un altro?
Pessoa è stato definito, accanto a Pablo Neruda, il poeta più rappresentativo del XX secolo. Più che l’autore, però, ho scelto la poesia.
“Voglio, avrò” mi è parsa la giusta apertura del romanzo. Il significato dei versi di questa breve poesia si condensa nel valore della perseveranza quale carburante dell’animo umano per non arrendersi mai. Anche se non posso avere ora ciò che voglio, c’è sempre un futuro, se non qui, altrove, in “un altro luogo che ancora non so”. “Niente è perduto”, scrive il poeta. Niente è realmente finito finché si può essere tutto ciò che si vuole. Se la vita cambia, noi cambiamo con lei e se il presente ci blocca le mani, le gambe, le iniziative, dobbiamo imparare a non mollare e a rialzarci quando cadiamo. Non arrendersi significa anche avere il coraggio di migliorare sé stessi, perché non c’è evoluzione se si sta sempre fermi nel porto sicuro delle proprie convinzioni.

 

Ad una delle protagoniste, Ester, piace molto scrivere poesie e se ne possono leggere diverse nel libro e che in fondo sono il frutto della tua sensibilità di scrittrice. Quando è iniziata la tua passione per scrivere poesie, oltre a quella della scrittura?
Come ti ho anticipato prima, scrivo poesie da quando ero una bambina e l’ho sempre fatto contestualmente alla scrittura di piccoli racconti. Scrivere in versi mi piace non più di scrivere in prosa. Sono due diverse forme stilistiche che, a volte, difficilmente si avvicinano e ho voluto sperimentarne l’accostamento in un unico libro. Per farlo ho attribuito a una delle tre protagoniste, la più introspettiva, Ester, questa particolare “dote”. I pensieri poetici di Ester mi hanno lasciato uno spazio esclusivo di libertà e mi hanno permesso, in brevi passaggi, di sganciarmi dalla precisione che la trama ha richiesto. Mi riferisco anche a certi dettagli di tipo medico che questa storia mi ha imposto e alla quale era giusto che io prestassi la massima attenzione. L’esperimento, poesia e prosa insieme, rimarrà isolato all’esperienza di “Un cuore di smeraldo in eredità” e per tale motivo è per me un esperimento ancora più speciale.

 

Cosa vorresti che il lettore portasse con sé dopo aver letto il tuo libro? 
Il mio primo desiderio è che il lettore si faccia amorevolmente trasportare da questo intreccio esistenziale in cui il susseguirsi degli avvenimenti si snoda tra il sogno e la realtà attraverso il filo misterioso delle coincidenze.  Vorrei che “Un cuore di smeraldo in eredità” spingesse il lettore a riflettere  sul principio della reciprocità esistenziale e che, tramite questa lettura, ne ereditasse un buon messaggio, lasciandosi sensibilizzare sul valore del donarsi come mezzo per onorare la vita.

 

Cosa significa per te scrivere?
Scrivere mi dà modo di realizzare la mia più grande passione, ovvero quella di viaggiare con l’immaginazione.
Ogni volta è come iniziare un lungo cammino che non sai mai dove ti porterà, è l’ebbrezza di abitare altri mondi, è la magia dell’incognito. Io adoro coltivare la scintilla della creatività dando vita all’anima dei personaggi che sono l’elemento essenziale di ogni storia. Mi piace mettermi nei loro panni, farli pensare, parlare, soffrire, gioire e intraprendere il loro viaggio per arrivare alla meta.
Coltivare l’amore per la scrittura è impegnativo oltre che gratificante. Per scrivere devi avere tempo, energie e concentrazione. La scrittura richiede dedizione e tanto studio che, se congiunti all’ispirazione e al coinvolgimento emotivo, ti trasportano in una realtà parallela di cui non puoi più fare a meno. E per me la scrittura è proprio questo: un “appassionato rapimento”.

 

Hai altri progetti in cantiere?
Ho diversi progetti in cantiere. Sono tante le storie a cui vorrei dare forma e tante le tipologie dei personaggi a cui vorrei offrire una possibilità. Attualmente mi sto approcciando alla costruzione delle storie con lo spirito di chi ha ancora tanto da imparare. Il talento si crea nel tempo e quando inizi a creare il tuo stile narrativo hai bisogno di più punti di vista per acquisire degli accorgimenti tecnici e personalizzarli. In questo senso la lettura mi è una fidata compagna di studio. Attualmente, tra una lettura e l’altra, mi sto cimentando nella realizzazione di un romanzo la cui protagonista è intenta a svelare un oscuro mistero che affonda le radici in un lontano passato.
Spero di potertene parlare presto e, intanto, ti ringrazio per l’attenzione che mi hai dedicato.  
 
Grazie di aver condiviso le tue riflessioni 
Grazie a te.




La scrittrice Melissa Bentivegna

 

 

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