Capponi editore, 2024, pagg. 152.
Incipit
"Teresa Cortese era in piedi davanti al tavolino del suo salotto, vestita di tutto punto, come si fosse preparata per uscire da un momento all'altro. Aveva appena preso dalla madia antica, regalo di sua nonna, il vaso di cristallo che teneva sempre a portata di mano, il suo preferito, e lo aveva riempito di acqua fresca. All'interno vi sistemò un mazzo di calle bianche freschissime, ancora con il loro pistillo giallo racchiuso dentro il bocciolo. Quanta eleganza in quel fiore, così come elegante era lei".
Pensieri luminosi
Ricordate il detto "l'unione fa la forza?" Si dice che i proverbi e i detti popolari siano fonte di saggezza, perché nel tempo hanno trasportato insegnamenti degni di nota. Mi voglio soffermare appunto su sopracitato detto perché mi permette di riflettere sul nuovo libro scritto da Francesca Ziliotto "Tutto può succedere".
Sì, perché "l'unione fa la forza" calza proprio a pennello, nel senso che il fulcro in cui ruota attorno la vicenda narrata è veramente una forza che non è prettamente fisica, ma è soprattutto da ricercare in una dimensione interiore, intima e che solo secondariamente si riverbera esternamente e quindi nella sua corposa corporeità. Infatti prende forma e consistenza e fornisce una scarica potente all'insieme dell'essere umano, o per meglio dire a tre essere umani, donne, femminili. Donne che con piglio deciso hanno ad un certo punto trasformato lo scorrere degli eventi, che sarebbero naufragati miseramente nel grigiore e in una sterile staticità.
Nel romanzo dell'autrice c'è il desiderio profondo di inneggiare fieramente alla forza delle donne che ha valore perché pensano da gruppo, e quel gruppo è la famiglia. Una forza gruppale, una triade che cerca di abbattere la solitudine del cuore, uscire da uno stillicidio incombente. É come se le protagoniste Teresa, Lucia e Chiara, rispettivamente nonna, figlia e nipote, unite da un legame familiare altrettanto forte, anelassero ad ottenere il loro grande-piccolo successo esistenziale. Un vero e proprio gioco di squadra, collaborativo, fruttifero. Ognuno di loro, nella quotidianità dei giorni trascorsi nella bella Verona (qui tratteggiata anche in luoghi meno turistici e quindi ancor più intrigante perché anch'essa, come le protagoniste, si svela in aspetti nuovi) diventa, forse inconsapevolmente, l'una l'allenatrice dell'altra, per cooperare, a fare meglio. E quel meglio, quella miccia che scombussola piani e desideri è collegato all'arrivo di un nuovo personaggio, un uomo chiamato Carlo che con quelle donne ha un legame profondo ma che nel passato si era interrotto bruscamente. Nel suo chiedere aiuto a loro, ricercato per qualcosa accaduto e raccontato nella precedente produzione letteraria dell'autrice, crea un grande turbamento, un cambio di prospettive e riflessioni profonde.
Come farà Teresa, quasi settantenne, presa dagli incontri con le amiche a bere il tè o intenta a preparare viaggi intorno al mondo a ripensare il suo futuro, come farà Lucia in un momento complesso della vita a ritrovare nuova linfa alla sua spenta vita coniugale, come farà la piccola Chiara a risolvere in suoi problemi con i bulletti della scuola ma la contempo crescere e vivere serena?
Paradossalmente sarà proprio la figura di un uomo, Carlo appunto, che con la sua presenza inizialmente ostile, fastidiosa, porterà in superficie le loro paure, i loro sospesi e le obbligherà in un certo senso a guardarle in faccia.
Ed ecco che allora questa forza si ingrandisce, ma non schiaccia, non sopprime ma semina e forse ne risulterà un buon raccolto.
Un invito a leggere questo romanzo dallo stile immediato, semplice ma al contempo sensibile. Le tre donne raccontate sono inoltre ben rappresentate dalla suggestiva copertina. Unione che determina la forza gentile di un abbraccio e del bene che se ne tra da esso.
Una forza che si fa cambiamento, propone nuove prospettive; momenti in cui ci si può rispecchiare.
La mia lampada ha illuminato questa frase: "Così per tre anni, tutte le mattine avevano avuto questa consuetudine. Quando pioveva, Mario, da vero galantuomo, le reggeva l'ombrello e a Teresa batteva forte il cuore perchè le sembrava così da potergli stare più vicino. Parlavano di tutto, in particolare dei sogni e di quello che volevano fare da grandi".
Gli oli essenziali da utilizzare durante la lettura: tre gocce di lavanda e tre gocce di rosa da sciogliere nel bruciatore di essenze con candela bianca neutra, per aiutare la mente a rilassarsi, comprendere meglio le cose e dare un tocco femminile alle scelte.
Un po' di luce sull'autrice
Francesca Ziliotto (Verona, 13 maggio 1977) è una scrittrice italiana. Sposata, ha due bambini. Laureata in Economia e Commercio, lavora in un'azienda del settore turistico. Pratica tennis e pilates e alla domenica va allo stadio. Le piace il ricamo e soprattutto i libri, specialmente di autrici italiane e partecipa alle presentazioni dal vivo nelle librerie in qualità di moderatrice. Le piace molto scrivere.
Bibliografia essenziale
- "Guarda sempre avanti", 2022, Historica Edizioni;
- "Una carezza all'improvviso", 2023, Historica Edizioni
INTERVISTA ALL'AUTRICE
Ciao
Francesca e benvenuta ancora una volta nel mio spazio letterario. Cosa ti ha
spinto a proseguire con questo nuovo progetto letterario?
Ciao
Elisabetta, sono io che ringrazio te per lo spazio che mi regali nel tuo blog e
il tempo che trovi nel leggere i miei romanzi. Come il precedente, questo terzo
romanzo è nato dall’insistenza dei miei lettori che non sono soddisfatti perché
lascio sempre i finali aperti (come ben sai è un po’ una mia caratteristica).
Ci tengo però a dirti che mi piace diversificare la mia scrittura… infatti “Guarda
sempre avanti” è molto autobiografico, “Una carezza all’improvviso” è un giallo
a tinte rosa,” Tutto può succedere” invece ha le caratteristiche di una saga
familiare.
La
copertina mi fa pensare ad un legame fortissimo del femminile. Come è nata
questa immagine così significativa?
Il
merito di questa immagine va alla casa editrice che ha fortemente voluto questo
“abbraccio” letterario. In effetti la storia narra di tre donne di una stessa
famiglia: la nonna Teresa, la figlia Lucia e la nipote Chiara ognuna alle prese
con i problemi legati alla propria età. Si troveranno ad affrontarli aiutandosi
vicendevolmente nonostante numerosi colpi di scena.
L’esergo
del romanzo è tratto da una canzone di Roberto Vecchioni “Sogna, ragazzo
sogna”. Perché l’hai scelta?
L’ho
scelta perché nella versione cantata nell’ultimo Sanremo con Alfa, Vecchioni ha
voluto trasmettere il passaggio di testimone tra la vecchia generazione e la
nuova. Questa linea di pensiero l’ho trovatamolto significativa e adatta al
mio romanzo. Non c’è presente senza il passato, senza i ricordi, senza la
saggezza di chi ha più esperienza di vita, ma nello stesso tempo c’è bisogno
anche della freschezza e l’innocenza della gioventù e del presente per
rimediare agli errori del passato.
Nella
prefazione affronti il concetto di scrittura paragonata ad un viaggio. A quali
traguardi ti ha portato interiormente e quali altri aspetti che ti regali
ancora questo dono?
Ogni
volta che mi cimento nella scrittura so da dove parto ma non so mai dove
arrivo. Ti spiego meglio. Ho letto che molti scrittori si fanno una scaletta e
poi iniziano a scrivere secondo la loro indole. Per me invece non è mai così.
Io trovo l’idea e poi, solo mentre scrivo, la storia prende vita nero su bianco
dalla tastiera. In “Tutto può succedere” avevo in mente da diverso tempo l’idea
di queste tre donne di età diverse ma non sapevo come avrei fatto a legarle tra
loro, a creare qualcosa di credibile per tutte e tre. Poi pian piano
Teresa, Lucia e Chiara, le tre protagoniste, hanno intrecciato i loro cammini
in questo libro. Ecco perché nella prefazione si trova il paragone con un
viaggio. Perché quando inizi sai come parti ma non puoi sapere cosa troverai
lungo il tuo percorso e nemmeno sai come tornerai, sicuramente diversa da come
sei partita.
Nel
romanzo è presente, tra gli altri, l’argomento del bullismo, che è diventato
ormai una vera e propria piaga sociale. Quali sono, secondo te, gli strumenti e
gli atteggiamenti in cui scuola, famiglia e società dovrebbero attuare per
iniziare il cambiamento?
Sono
molto legata a questo tema perché purtroppo l’ho vissuto recentemente in
famiglia e quindi, mio malgrado, ho dovuto affrontare un problema di cui non mi
ero mai interessata. É necessario avere un dialogo apertissimo con i nostri
figli, captare i primi segnali di disagio e convincerli a confidarsi con un
adulto, non necessariamente i propri genitori. Nel mio romanzo la tredicenne
Chiara trova aiuto nello zio Carlo che è l’unico a cogliere il disagio che sta
vivendo sua nipote nell’ambito scolastico. Inoltre ho voluto parlare
di questo problema anche dal punto di vista di chi bullizza e non solo di chi
subisce il torto, perché sono convinta che grave sia il disagio di chi fa del
male ad un suo coetaneo. In alcune scuole medie sono stati aperti degli
sportelli di counseling con professionisti dedicati al supporto psicologico dei
ragazzi. Spesso però la loro timidezza e la paura che hanno nell’aprirsi verso
estranei sono ostacoli insormontabili. Credo fortemente che le istituzioni
dovrebbero investire maggiori risorse con campagne di diffusione e soprattutto
di aiuto psicologico.
Tra
le pagine del romanzo c’è, da parte dei personaggi, il desiderio di ripartire.
Pensi che sia davvero possibile per chi ha sbagliato ritrovare stimoli nuovi?
Le
questioni irrisolte tornano sempre a galla. Il passato bussa alla porta
inaspettatamente come un’onda improvvisa a sconvolgere il presente. Sono
convinta che gli errori aiutano a crescere, a migliorarsi ma bisogna
affrontarli sempre perché se ci si nasconde, troveranno il modo di
ripresentarsi, questo è sicuro! Lo sa bene Teresa che dietro la porta trova un
figlio che non vedeva da molti anni invece del postino con il biglietto per la
crociera.
Ancora
una volta la città di Verona fa da sfondo alla storia raccontata. Può un luogo
assumere valore affettivo nell’esistenza di una persona? In che modo?
Io
ho un’affezione speciale per la mia città che è sempre presente nei miei
romanzi. Quello che mi piace di più è che trovo sempre angoli nuovi da
descrivere, perché Verona è così, una città a misura d’ uomo in cui perdersi e
nello stesso tempo non si finisce mai di godere della sua bellezza. A tal proposito sono felice di segnalarti che
sono una finalista del concorso letterario “Oggi è domani” proprio con una
Lettera a Verona.
Nel
libro sono presenti tre figure femminili che creano un filo del tempo e dei
ricordi, un filo forte e di carattere. Secondo te dove trovano le donne, oggi,
la forza di intraprendere il cammino dell’esistenza?
Le
donne hanno una marcia in più senza dubbio e senza essere di parte. Il problema
più grande è che a forza di essere multitasking rischiamo di perdere di vista
noi stesse per essere il cardine di tutto e di tutti. Dobbiamo imparare qualche volta a fare un
passo indietro e a godere di più di noi stesse e dei nostri interessi
altrimenti rischiamo di farci del male per questa necessità di esserci sempre
per gli altri. Ecco la scrittura è qualcosa che mi fa stare bene nel mio
cammino… e gelosamente mi ritaglio degli spazi per lei e soprattutto per me!
Hai
altri progetti in cantiere?
Sì
tantissimi! Sono in un vortice di presentazioni di “Tutto può succedere” e sto
partecipando a numerosi premi letterari sia con i miei libri che con racconti
di ogni sorta. Mi piacerebbe accontentare i miei figli e scrivere una storia
adatta alla loro età. Sto cercando l’idea giusta…
Per il quarto libro
invece, a breve lancerò un contest letterario sui social (facebook francesca
ziliotto instagram francyziliot) per poter trovare la giusta ispirazione…
(anche se l’idea è già in cantiere!) stay tuned!
Grazie
di aver condiviso le tue riflessioni.
Grazie
sempre a te, cara Elisabetta!
La scrittrice Francesca Ziliotto
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