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"Prima che sia troppo amarti" di Annalisa Teggi

    Il Timone editore, 2024, pagg. 188.   Incipit "Se l'era cercata. Diana correva al buio pensando ai commenti sul suo necrologio. Non staccava gli occhi dall'unica luce davanti a sé. Aperti h24, un'insegna così anonima di giorno. Arrivarci, presto. Sentiva ancora addosso il fiato di alcol e sudore. Una voce roca era rigurgitata fuori da un angolo della strada. Un'ombra viva, arrabbiata o isterica si era sollevata da terra spalancando le braccia verso di lei. Un forte colpo a terra e una risata cavernosa. La stava rincorrendo?  O era rimasto in quel cantuccio nero di marciapiede?".   Pensieri luminosi Nel vocabolario   la parola "troppo" è sia un avverbio che un aggettivo e in entrambi i casi la definiscono come una quantità eccessiva, qualcosa più  del dovuto, più del giusto.  In definitiva sia che lo si qualifichi come avverbio o aggettivo, "troppo" ha un connotazione negativa e lo si può affiancare allo spreco come quello alimentare; o...

"Tutto può succedere" di Francesca Ziliotto

 

Capponi editore, 2024, pagg. 152.

 

Incipit

"Teresa Cortese era in piedi davanti al tavolino del suo salotto, vestita di tutto punto, come si fosse preparata per uscire da un momento all'altro. Aveva appena preso dalla madia antica, regalo di sua nonna, il vaso di cristallo che teneva sempre a portata di mano, il suo preferito, e lo aveva riempito di acqua fresca. All'interno vi sistemò un mazzo di calle bianche freschissime, ancora con il loro pistillo giallo racchiuso dentro il bocciolo. Quanta eleganza in quel fiore, così come elegante era lei".


Pensieri luminosi

Ricordate il detto "l'unione fa la forza?" Si dice che i proverbi e i detti popolari siano fonte di saggezza, perché nel tempo hanno trasportato insegnamenti degni di nota. Mi voglio soffermare appunto su sopracitato detto perché mi permette di riflettere sul nuovo libro scritto da Francesca  Ziliotto "Tutto può  succedere". 
Sì, perché "l'unione fa la forza" calza proprio a pennello, nel senso che il fulcro in cui ruota attorno la vicenda narrata è veramente una forza che non è prettamente fisica, ma è soprattutto da ricercare in una dimensione interiore, intima e che solo secondariamente si riverbera esternamente e quindi nella sua corposa corporeità. Infatti prende forma e consistenza e fornisce una scarica potente all'insieme dell'essere umano, o per meglio dire a tre essere umani, donne, femminili. Donne che con piglio deciso hanno ad un certo punto trasformato lo scorrere degli eventi, che sarebbero naufragati miseramente nel grigiore e in una sterile staticità. 
Nel romanzo dell'autrice c'è il desiderio profondo di inneggiare fieramente alla forza delle donne che ha valore perché pensano da gruppo, e quel gruppo è la famiglia. Una forza gruppale, una triade che cerca di abbattere la solitudine del cuore, uscire da uno stillicidio incombente. É come se le protagoniste Teresa, Lucia e Chiara, rispettivamente nonna, figlia e nipote, unite da un legame familiare altrettanto forte, anelassero ad ottenere il loro grande-piccolo successo esistenziale. Un vero e proprio gioco di squadra, collaborativo, fruttifero. Ognuno di loro, nella quotidianità dei giorni trascorsi nella bella Verona (qui tratteggiata anche in luoghi meno turistici e quindi ancor più intrigante perché anch'essa, come le protagoniste, si svela in aspetti nuovi) diventa, forse inconsapevolmente, l'una l'allenatrice dell'altra, per cooperare, a fare meglio. E quel meglio, quella miccia che scombussola piani e desideri è collegato all'arrivo di un nuovo personaggio, un uomo chiamato Carlo che con quelle donne ha un legame profondo ma che nel passato si era interrotto bruscamente. Nel suo chiedere aiuto a loro, ricercato per qualcosa accaduto e raccontato nella precedente produzione letteraria  dell'autrice, crea un grande turbamento, un cambio di prospettive e riflessioni profonde. 
Come farà Teresa, quasi settantenne, presa dagli incontri con le amiche a bere il tè o intenta a preparare viaggi intorno al mondo a ripensare il suo futuro, come farà Lucia in un momento complesso della vita a ritrovare nuova linfa alla sua  spenta vita coniugale, come farà la piccola Chiara a risolvere in suoi problemi con i bulletti della scuola ma la contempo crescere e vivere serena?
Paradossalmente sarà proprio la figura di un uomo, Carlo appunto, che con la sua presenza inizialmente ostile, fastidiosa, porterà in superficie le loro paure, i loro sospesi e le obbligherà in un certo senso a guardarle in faccia.
Ed ecco che allora questa forza si ingrandisce, ma non schiaccia, non sopprime ma semina e forse ne risulterà un buon raccolto. 
Un invito a  leggere questo romanzo dallo stile immediato, semplice ma al contempo sensibile. Le tre donne raccontate sono inoltre ben rappresentate dalla suggestiva copertina. Unione che determina la forza gentile di un abbraccio e del bene che se ne tra da esso. 
Una forza che si fa cambiamento, propone nuove prospettive; momenti in cui ci si può rispecchiare.
 
 

La mia lampada ha illuminato questa frase: "Così per tre anni, tutte le mattine avevano avuto questa consuetudine. Quando pioveva, Mario, da vero galantuomo, le reggeva l'ombrello e a Teresa batteva forte il cuore perchè le sembrava così da potergli stare più vicino. Parlavano di tutto, in particolare dei sogni e di quello che volevano fare da grandi".

 

 

Gli oli essenziali da utilizzare durante la lettura: tre gocce di lavanda e tre gocce di rosa da sciogliere nel bruciatore di essenze con candela bianca neutra, per aiutare la mente a rilassarsi, comprendere meglio le cose e dare un tocco femminile alle scelte.
 
 
 
Un po' di luce sull'autrice

Francesca Ziliotto (Verona, 13 maggio 1977) è una scrittrice italiana. Sposata, ha due bambini. Laureata in Economia e Commercio, lavora in un'azienda del settore turistico. Pratica tennis e pilates e alla domenica va allo stadio. Le piace il ricamo e soprattutto i libri, specialmente di autrici italiane e partecipa alle presentazioni dal vivo nelle librerie in qualità di moderatrice. Le piace molto scrivere.

Bibliografia essenziale
- "Guarda sempre avanti",  2022, Historica Edizioni;
- "Una carezza all'improvviso", 2023, Historica Edizioni

INTERVISTA ALL'AUTRICE

Ciao Francesca e benvenuta ancora una volta nel mio spazio letterario. Cosa ti ha spinto a proseguire con questo nuovo progetto letterario?  
Ciao Elisabetta, sono io che ringrazio te per lo spazio che mi regali nel tuo blog e il tempo che trovi nel leggere i miei romanzi. Come il precedente, questo terzo romanzo è nato dall’insistenza dei miei lettori che non sono soddisfatti perché lascio sempre i finali aperti (come ben sai è un po’ una mia caratteristica). Ci tengo però a dirti che mi piace diversificare la mia scrittura… infatti “Guarda sempre avanti” è molto autobiografico, “Una carezza all’improvviso” è un giallo a tinte rosa,” Tutto può succedere” invece ha le caratteristiche di una saga familiare.
 
La copertina mi fa pensare ad un legame fortissimo del femminile. Come è nata questa immagine così significativa? 
Il merito di questa immagine va alla casa editrice che ha fortemente voluto questo “abbraccio” letterario. In effetti la storia narra di tre donne di una stessa famiglia: la nonna Teresa, la figlia Lucia e la nipote Chiara ognuna alle prese con i problemi legati alla propria età. Si troveranno ad affrontarli aiutandosi vicendevolmente nonostante numerosi colpi di scena.
 
L’esergo del romanzo è tratto da una canzone di Roberto Vecchioni “Sogna, ragazzo sogna”. Perché l’hai scelta? 
L’ho scelta perché nella versione cantata nell’ultimo Sanremo con Alfa, Vecchioni ha voluto trasmettere il passaggio di testimone tra la vecchia generazione e la nuova. Questa linea di pensiero l’ho trovatamolto significativa e adatta al mio romanzo. Non c’è presente senza il passato, senza i ricordi, senza la saggezza di chi ha più esperienza di vita, ma nello stesso tempo c’è bisogno anche della freschezza e l’innocenza della gioventù e del presente per rimediare agli errori del passato.
 
Nella prefazione affronti il concetto di scrittura paragonata ad un viaggio. A quali traguardi ti ha portato interiormente e quali altri aspetti che ti regali ancora questo dono? 
Ogni volta che mi cimento nella scrittura so da dove parto ma non so mai dove arrivo. Ti spiego meglio. Ho letto che molti scrittori si fanno una scaletta e poi iniziano a scrivere secondo la loro indole. Per me invece non è mai così. Io trovo l’idea e poi, solo mentre scrivo, la storia prende vita nero su bianco dalla tastiera. In “Tutto può succedere” avevo in mente da diverso tempo l’idea di queste tre donne di età diverse ma non sapevo come avrei fatto a legarle tra loro, a creare qualcosa di credibile per tutte e tre. Poi pian piano Teresa, Lucia e Chiara, le tre protagoniste, hanno intrecciato i loro cammini in questo libro. Ecco perché nella prefazione si trova il paragone con un viaggio. Perché quando inizi sai come parti ma non puoi sapere cosa troverai lungo il tuo percorso e nemmeno sai come tornerai, sicuramente diversa da come sei partita.
 
Nel romanzo è presente, tra gli altri, l’argomento del bullismo, che è diventato ormai una vera e propria piaga sociale. Quali sono, secondo te, gli strumenti e gli atteggiamenti in cui scuola, famiglia e società dovrebbero attuare per iniziare il cambiamento? 
Sono molto legata a questo tema perché purtroppo l’ho vissuto recentemente in famiglia e quindi, mio malgrado, ho dovuto affrontare un problema di cui non mi ero mai interessata. É necessario avere un dialogo apertissimo con i nostri figli, captare i primi segnali di disagio e convincerli a confidarsi con un adulto, non necessariamente i propri genitori. Nel mio romanzo la tredicenne Chiara trova aiuto nello zio Carlo che è l’unico a cogliere il disagio che sta vivendo sua nipote nell’ambito scolastico. Inoltre ho voluto parlare di questo problema anche dal punto di vista di chi bullizza e non solo di chi subisce il torto, perché sono convinta che grave sia il disagio di chi fa del male ad un suo coetaneo. In alcune scuole medie sono stati aperti degli sportelli di counseling con professionisti dedicati al supporto psicologico dei ragazzi. Spesso però la loro timidezza e la paura che hanno nell’aprirsi verso estranei sono ostacoli insormontabili. Credo fortemente che le istituzioni dovrebbero investire maggiori risorse con campagne di diffusione e soprattutto di aiuto psicologico.
 
Tra le pagine del romanzo c’è, da parte dei personaggi, il desiderio di ripartire. Pensi che sia davvero possibile per chi ha sbagliato ritrovare stimoli nuovi? 
Le questioni irrisolte tornano sempre a galla. Il passato bussa alla porta inaspettatamente come un’onda improvvisa a sconvolgere il presente. Sono convinta che gli errori aiutano a crescere, a migliorarsi ma bisogna affrontarli sempre perché se ci si nasconde, troveranno il modo di ripresentarsi, questo è sicuro! Lo sa bene Teresa che dietro la porta trova un figlio che non vedeva da molti anni invece del postino con il biglietto per la crociera.
 
Ancora una volta la città di Verona fa da sfondo alla storia raccontata. Può un luogo assumere valore affettivo nell’esistenza di una persona? In che modo? 
Io ho un’affezione speciale per la mia città che è sempre presente nei miei romanzi. Quello che mi piace di più è che trovo sempre angoli nuovi da descrivere, perché Verona è così, una città a misura d’ uomo in cui perdersi e nello stesso tempo non si finisce mai di godere della sua bellezza.  A tal proposito sono felice di segnalarti che sono una finalista del concorso letterario “Oggi è domani” proprio con una Lettera a Verona. 
 
Nel libro sono presenti tre figure femminili che creano un filo del tempo e dei ricordi, un filo forte e di carattere. Secondo te dove trovano le donne, oggi, la forza di intraprendere il cammino dell’esistenza? 
Le donne hanno una marcia in più senza dubbio e senza essere di parte. Il problema più grande è che a forza di essere multitasking rischiamo di perdere di vista noi stesse per essere il cardine di tutto e di tutti.  Dobbiamo imparare qualche volta a fare un passo indietro e a godere di più di noi stesse e dei nostri interessi altrimenti rischiamo di farci del male per questa necessità di esserci sempre per gli altri. Ecco la scrittura è qualcosa che mi fa stare bene nel mio cammino… e gelosamente mi ritaglio degli spazi per lei e soprattutto per me! 
 
Hai altri progetti in cantiere? 
Sì tantissimi! Sono in un vortice di presentazioni di “Tutto può succedere” e sto partecipando a numerosi premi letterari sia con i miei libri che con racconti di ogni sorta. Mi piacerebbe accontentare i miei figli e scrivere una storia adatta alla loro età. Sto cercando l’idea giusta…
Per il quarto libro invece, a breve lancerò un contest letterario sui social (facebook francesca ziliotto instagram francyziliot) per poter trovare la giusta ispirazione… (anche se l’idea è già in cantiere!) stay tuned!
 
Grazie di aver condiviso le tue riflessioni
Grazie sempre a te, cara Elisabetta!
 
 
 

La scrittrice Francesca Ziliotto


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