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"Il giardino dei gelsomini" di Nadia Mari

  IP Independently published, 2024, pagg. 353   Incipit "Nel tranquillo villaggio di Ca' di Verdalba, adagiato su morbide colline, Nadine, una donna non più giovanissima ma con un fascino non ancora sfiorito, si svegliava ogni mattina con un senso di vuoto interiore. Le cicatrici del passato, invisibili agli occhi ma ben radicate nel suo essere, tingevano la sua esistenza di una sottile malinconia. Nonostante vivesse in un ambiente idilliaco, sentiva che la sua vita si stava consumando in una sorta di routine priva di colore e di passione. Le giornate si susseguivano in un perpetuo rincorrersi di gesti, imprigionandola in un mondo grigio e monocromatico, in cui ogni momento sembrava la replica del precedente. Eppure, nel profondo del cuore, avvertiva un richiamo, un'eco lontana che le sussurrava dell'esistenza di qualcosa di più grande, oltre i confini della sua routine quotidiana".   Pensieri luminosi   Avete mai intrapreso un viaggio dentro a voi stessi in alcun...

"Il giardino dei gelsomini" di Nadia Mari

 

IP Independently published, 2024, pagg. 353

 

Incipit

"Nel tranquillo villaggio di Ca' di Verdalba, adagiato su morbide colline, Nadine, una donna non più giovanissima ma con un fascino non ancora sfiorito, si svegliava ogni mattina con un senso di vuoto interiore. Le cicatrici del passato, invisibili agli occhi ma ben radicate nel suo essere, tingevano la sua esistenza di una sottile malinconia. Nonostante vivesse in un ambiente idilliaco, sentiva che la sua vita si stava consumando in una sorta di routine priva di colore e di passione. Le giornate si susseguivano in un perpetuo rincorrersi di gesti, imprigionandola in un mondo grigio e monocromatico, in cui ogni momento sembrava la replica del precedente. Eppure, nel profondo del cuore, avvertiva un richiamo, un'eco lontana che le sussurrava dell'esistenza di qualcosa di più grande, oltre i confini della sua routine quotidiana".

 

Pensieri luminosi 

Avete mai intrapreso un viaggio dentro a voi stessi in alcuni momenti significativi della vostra esistenza? Se qualcuno vi incitasse a farlo, rispondereste un sì deciso oppure sareste impauriti da ciò che potreste trovare cammin facendo?
Ecco, in questo libro la protagonista, Nadine, ha avuto l'ardire, il coraggio di iniziare un viaggio dentro sè stessa, senza se e senza ma per risbocciare, rifiorire. 
La narrazione si apre come un sogno, una visione onirica, un traboccare simbolico e significativo.
Un giorno, tra la luce e i girasoli fioriti la protagonista incontra una donna anziana. Forse proprio per la sua condizione di senescenza, e quindi di saggezza, con parole mute e uno sguardo penetrante le comunica che è giunta l'ora di fare un viaggio nei meandri bui e nascosti della propria anima.  
Così facendo potrà approdare, come un navigatore nella tempesta, in un luogo immaginario significativo e tranquillo, in cui il profumo inebria, il colore riscalda e dona nuova linfa all'esistenza. 
C'è la natura a fare compagnia a Nadine, rigogliosa, amica, sensuale, che rinfranca e rilassa, che spinge ad indossare un abito nuovo per affrontare le intemperie in cui la natura stessa è coinvolta. Ora però è uno nuovo specchio in cui Nadine si riconoscerà. Sì, perchè le cicatrici che porta come moglie e madre sono invisibili ai più ma sono ben visibili ai suoi occhi; le sente acute e frastagliate.
Nadine, che ama, protegge, che spera e desidera, che ha nostalgia e fiducia nel futuro, che ha imparato a vivere nel presente, nel qui ed ora con tutta sè stessa.
Nadine, che ha sempre nei suoi pensieri gli amati figli, Lucas e Paolo e auspica per loro il meglio e un domani brillante.
Nadine che riprende ad amare ancora un altro uomo, la fa sentire al sicuro ma che non sarà al suo fianco per sempre.
Il romanzo di Nadia Mari, affronta con sensibiltà e passione poetica le stagioni del cuore di tutti i personaggi del libro e affonda a piene mani nel profondo del nostro io, senza per questo andare a cercare risposte in distanze siderali, come se fosse solo la distanza, la lontananza a darci il la per iniziare il cambiamento. Al contrario ci conduce dentro le stanze vuote e silenziose di una casa, così come sono vuote e silenziose le stanze interiori di Nadine. Un mondo sconfinato ed emotivo da reintepretare, riascoltare, ricomprendere. Passo dopo passo Nadine "si nutrirà del cibo di cui ha bisogno".
Il timore e dubbi sono sempre lì vicino ma le braccia e le gambe sono ora pronte a nuovi slanci, a cambiamenti necessari e fruttuosi.
C'è il desiderio di ritrovarsi perchè un tempo ci si era maledettamente persi. 
L'autrice con un linguaggio sensibile ma al contempo semplice ci regala la ricerca del senso della vita padroneggiando il tutto con profondità e leggerezza, realismo e spiritualità, concretezza e passionalità.
Ed è in queste dicotomie bilanciate che la protagonista si riconosce, anzi sono luci nuove per affrontare le tenebre.
Se prima era la rigidità e il grigiore a scandire le sue giornate, dopo quell'anziano incontro niente sarà come prima. 
Ci sarà un'evoluzione, un "nuovo abito" da indossare per sè e nel mondo.
Ciò che ho percepito tra le pagine di questo libro da parte dell'autrice è il desiderio di far comprendere di essere sempre grati e felici per quello che si ha, per i tesori che ci camminano accanto e che magari non sempre apprezziamo nelle dovute maniere. Ma nulla è dato per scontato!
Il romanzo ha, secondo me, un altro valore aggiunto, cioè quello di spronarci ad avere degli obbiettivi, piccoli o grandi che siano, a convincerci ad avere buoni propositi, perchè è quello da cui ha inizio una giornata o un'intera esistenza.
Vi consiglio questo libro perchè veicola il cambiamento come progettualità, un creare qualcosa di bello e unico che ci realizzi e coinvolga.
Sarà così anche per Nadine? Riuscirà ad arrivare in quel luogo quasi magico a cui tutti auspichiamo di arrivare, una meta, un obbiettivo?
Lascio a voi scoprirlo augurandovi di trovarlo, non prima di dirvi che "Il giardino dei gelsomini" ha vinto il Premio Navarro a Sambuca di Sicilia nel 2024.
Buona lettura! 

 

La mia lampada ha illuminato questa frase:
"La casa è la più completa ed antica manifestazione di noi stessi. Abitare significa essere riparati, ma anche vivere ed esistere. La casa è il luogo in cui ci rifugiamo, il nostro nido: è l'immagine di noi stessi, dei nostri bisogni più profondi, la nostra memoria, e sapeva che con Andrea al suo fianco avrebbe potuto trasformarlo in qualcosa di ancora più speciale".
 
 
Gli oli essenziali da utilizzare durante la lettura:
tre gocce di lavanda e tre gocce di rosa da sciogliere nel bruciatore di essenze con candela bianca neutra, per "cicatrizzare" le nostre ferite e ritrovare la bellezza attorno a noi.
 
 
 
 
Un po' di luce sull'autrice
Nadia Mari è una scrittrice italiana. É nata a Forlì e risiede a Bologna. Ha conseguito la laurea in Lingue e Letterature Straniere presso l'Università La Sapienza di Roma. Successivamente, ha completato un Master in Cooperazione Internazionale all'Alma Mater Studiorum di Bologna e un percorso post-laurea in Traduzioni e Tecniche traduttive.
 
 
 Bibliografia essenziale
 - "Il potere nascosto delle donne: da crisalidi a farfalle", saggio, con una prefazione di Virginia Raggi, casa editrice Il filo di Arianna, 2024.
 

INTERVISTA ALL'AUTRICE
 
Ciao Nadia e benvenuta nel mio spazio letterario. Vuoi parlarci un po’ di te?

Volentieri, e grazie per l’ospitalità. Sono nata a Forlì, ma la vita mi ha condotta altrove. Mi sono laureata in Lingue Straniere all’Università di Roma, una scelta dettata dal mio grande amore per le culture e le lingue, e ho conseguito un Master in Cooperazione Internazionale a Bologna. Oggi vivo in questa città dove lavoro come traduttrice, sia tecnica che editoriale, e parlo fluentemente inglese, francese, olandese e spagnolo. È una professione che mi permette di intrecciare la precisione linguistica con la creatività, e di portare alla luce il significato più profondo dei testi con cui lavoro. Ho vissuto per diversi anni in Olanda, un’esperienza che mi ha arricchita non solo dal punto di vista linguistico, ma anche umano. Vivere all’estero mi ha insegnato ad avere uno sguardo più aperto e inclusivo verso il mondo, e questa prospettiva ha influenzato profondamente la mia scrittura. Scrivere è sempre stato il mio rifugio, un luogo dove poter esplorare le emozioni, le idee e le storie che porto dentro di me. Tuttavia, è solo di recente che ho deciso di condividere questa passione con il pubblico. Il mio primo romanzo, Il giardino dei gelsomini, ha visto la luce grazie a un premio letterario che mi ha incoraggiata a credere nel mio talento e a proseguire su questa strada. Parallelamente, ho sentito il bisogno di affrontare un tema che mi sta particolarmente a cuore: l’empowerment femminile. Questo mi ha portata a scrivere il saggio Il potere nascosto delle donne: da crisalidi a farfalle, un’opera dedicata ai diritti di genere e alla forza delle donne. È stato un grande onore avere la prefazione di Virginia Raggi, una donna che stimo per il suo impegno nella difesa dei diritti delle donne e delle tematiche ambientali. Oltre ai libri, ho scritto numerosi racconti, alcuni dei quali sono stati premiati in concorsi letterari e inclusi in antologie di autori vari. Inoltre, collaboro con diverse testate giornalistiche online, dove approfondisco tematiche che spaziano dalla cultura all’attualità.

La scrittura, in tutte le sue forme, è per me uno strumento potente: non solo per raccontare storie, ma per stimolare riflessioni e contribuire al cambiamento.

 

Come è nata l’idea del tuo romanzo?

L’idea del romanzo è nata durante un periodo di introspezione profonda, favorito da una lunga convalescenza che mi ha costretto a fermarmi e riflettere su alcuni momenti cruciali della mia vita. Ho voluto esplorare l’animo umano attraverso le vicissitudini di una protagonista femminile, dando rilievo alla sua dimensione emotiva, sentimentale e passionale. A differenza del mio saggio Il potere nascosto delle donne, dove ho messo in luce il potenziale razionale e l’empowerment femminile, in questo romanzo mi sono concentrata sul vissuto interiore e sulle fragilità che, se affrontate, diventano strumenti di crescita. Entrambi i lavori nascono dal desiderio di raccontare la forza trasformativa dell’esperienza umana, che può emergere tanto dalla ragione quanto dalle emozioni.

 

La dedica del libro è per tuo padre. Quanto è stato importante nella tua vita?

Mio padre è stato una figura fondamentale nella mia vita. Gli devo la vita, letteralmente, perché mi ha salvato quando avevo solo due anni. Era al mio fianco anche nei momenti più importanti, come durante il travaglio del mio primo figlio. Nonostante le differenze generazionali e politiche che a volte ci dividevano, il nostro rapporto è sempre stato autentico e profondo, basato su un legame indissolubile.

 

Il tuo scritto lascia trasparire spesso il contatto con la natura, con la nostra terra madre. Com’è il tuo rapporto con essa?

La natura è sempre stata la mia seconda casa, un luogo di conforto e rigenerazione, dove riesco a ritrovare me stessa nei momenti di tristezza o solitudine. È uno spazio che mi accoglie senza chiedere nulla in cambio, donandomi serenità con la sua semplicità e bellezza. Per questo ho sempre scelto di vivere in posti che mi permettessero di essere a stretto contatto con essa. In fondo, tutti noi proveniamo dalla natura, e a essa torneremo. È una verità che spesso dimentichiamo, ma che dovrebbe guidarci verso un maggiore rispetto e un amore più profondo per il nostro pianeta. Non possiamo rispettare ciò che non amiamo, ed è proprio questo amore che dobbiamo coltivare ogni giorno. Per me, la natura è la madre da cui tutto ha origine: una forza primordiale che ci nutre, ci sostiene e ci ricorda la nostra connessione con l’universo. Amarla significa proteggerla, riconoscendo che la nostra esistenza è profondamente legata alla sua salute e al suo equilibrio.

 

Una frase presente fra le pagine del romanzo dice così: “Il momento presente è l’unico momento che abbiamo per essere vivi”, pronunciata dal Jon Kabat-Zinn, biologo e fondatore della mindfulness. Quanto conta per te vivere il presente? E da che cosa è composto l’immanente nell’esistenza?

Vivere nel presente è essenziale, perché è l’unica dimensione di cui possiamo essere certi. Passato e futuro sono concetti astratti, esistono solo nella nostra mente e nella nostra percezione del tempo. La fisica quantistica ci ricorda che il tempo, come noi lo concepiamo, è una convenzione: tutto si riduce al "qui e ora", l’unico istante che possiamo davvero vivere e sperimentare.

L’immanente, poi, è un concetto filosofico che si oppone al trascendente. Rappresenta tutto ciò che appartiene al nostro mondo, ciò che possiamo percepire e vivere in prima persona, dentro di noi e intorno a noi. È ciò che ci rende umani, le emozioni, i pensieri, le esperienze quotidiane. Non possiamo pensare a qualcosa che vada oltre la nostra capacità di esperienza diretta.

In realtà, l’unica trascendenza possibile è proprio l’immanenza stessa. Più siamo consapevoli di noi e del mondo, più trascendiamo i limiti della nostra percezione ordinaria. Avvicinandoci alla consapevolezza del nostro essere, entriamo in una dimensione più profonda, quella che ci avvicina al sacro. La trascendenza non è un’esperienza lontana o separata, ma nasce dall’intensificarsi della nostra connessione con il presente, con la nostra interiorità e con la realtà che ci circonda. E così, nel cuore del presente, scopriamo la sacralità dell’esistenza.

 

Il valore della casa, fisico e interiore, è un luogo importantissimo per la protagonista Nadine. Lo è anche per te?

Assolutamente sì. Nadine mi rappresenta profondamente. Per me, la casa non è solo un luogo fisico, ma una dimensione dell’anima, un sentimento di accoglienza, appartenenza e sicurezza. È nei legami che costruiamo con le persone care che troviamo il senso profondo di “casa”.
Nel romanzo, la casa rappresenta sia un luogo fisico che un simbolo del mondo interiore della protagonista. Gli oggetti vecchi e la necessità di rinnovamento simboleggiano il peso delle emozioni irrisolte e il desiderio di rinascita. La metafora della casa come anima riflette la sua interiorità trascurata e ferita, mentre il desiderio di ristrutturarla diventa un bisogno di rigenerarsi e guarire.

 

Nel libro la protagonista e gli altri personaggi viaggiano spesso da un luogo all’altro del mondo. Anche a te piace viaggiare? C’è un luogo del cuore dove ritorni più spesso?

Sì, adoro viaggiare. Per me, viaggiare non significa solo scoprire nuovi luoghi, ma anche imparare qualcosa di nuovo su me stessa ogni volta. Il viaggio, nella sua essenza più profonda, è molto più di un semplice spostamento fisico da un luogo a un altro. È un’esperienza spirituale che ci permette di entrare in contatto con parti di noi stessi che spesso rimangono sopite nella routine quotidiana. Ogni viaggio, piccolo o grande, è una scoperta, una ricerca di significato, un'opportunità per crescere interiormente. Quando ci allontaniamo dal nostro ambiente abituale, lasciamo spazio al nuovo: nuovi paesaggi, nuovi volti, nuove culture, ma soprattutto nuove prospettive. In questo senso, il viaggio diventa un modo per esplorare non solo il mondo esterno, ma anche il nostro mondo interiore e ci offre l’occasione di guardarci dentro, di mettere in discussione le nostre certezze e di aprirci al cambiamento. C’è una dimensione quasi sacra, catartica nel viaggiare. Camminare lungo un sentiero di montagna, osservare un tramonto su un oceano sconfinato, ascoltare il silenzio di un antico tempio: questi momenti ci ricordano che siamo parte di qualcosa di più grande, che c’è una connessione profonda tra noi e il mondo. In ogni viaggio, si cela anche un ritorno: il ritorno a noi stessi. Le esperienze vissute, le lezioni apprese, le emozioni provate ci trasformano e ci rendono più consapevoli di chi siamo e di ciò che conta davvero. Il viaggio, allora, diventa una sorta di pellegrinaggio spirituale, una via per ritrovare il senso della vita e il nostro posto nel mondo. Come diceva Marcel Proust: "Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi." E forse è proprio questo l’aspetto più spirituale del viaggiare: la capacità di vedere con occhi nuovi, sia il mondo che noi stessi.

Non ho un vero e proprio luogo del cuore, ma se dovessi sceglierne uno, tornerei ai luoghi della mia infanzia, come il torrente vicino ai giardini di Ninfa, dove mi recavo spesso in bicicletta. La natura, come puoi vedere, è il mio richiamo più profondo.

 

Le pagine del romanzo mettono spesso in risalto la solitudine della protagonista, che è però carburante per ripartire con nuovo vigore. Anche per te è così o la solitudine ti fa paura?

Sì, è così anche per me. La solitudine, quando è una scelta consapevole, non mi spaventa, anzi, diventa un’occasione preziosa per riflettere, ritrovarmi e ripartire. Però c’è una grande differenza tra l’essere soli e il sentirsi soli: essere soli per scelta significa prendersi del tempo per sé, mentre sentirsi soli è una condizione più dolorosa, legata alla mancanza di connessione autentica con gli altri. La solitudine non è sempre legata all'assenza di persone intorno a noi; può manifestarsi anche in mezzo a una folla o accanto a qualcuno con cui non riusciamo a condividere visioni, valori o sensibilità profonde. È una sensazione che nasce dalla distanza emotiva, dall'incapacità di sentirsi compresi o autenticamente connessi. Può capitare di trovarsi accanto a qualcuno che, pur essendo fisicamente vicino, non ci conosce davvero fino in fondo, non riesce a percepire la nostra essenza, i nostri bisogni o il nostro mondo interiore. Questa disconnessione può amplificare il senso di isolamento, rendendoci quasi estranei in compagnia di altri.

La solitudine, se vissuta come uno spazio personale, invece, può essere una grande forza; al contrario, se subita, rischia di trasformarsi in isolamento.

 

Cosa speri che il lettore porti con sé dopo la lettura del tuo libro?

Spero che il lettore porti con sé emozioni autentiche, riflessioni su sé stesso e una nuova consapevolezza. Vorrei che trovasse nel libro spunti per interrogarsi sui propri desideri, paure e fragilità. Il romanzo invita a condividere il peso della sofferenza umana, riconoscendo che il dolore è parte della vita, ma può diventare un trampolino verso la crescita e la trasformazione. Mi piacerebbe che il lettore scoprisse la bellezza della fragilità in un mondo che spesso esalta potere, successo e apparenza. È nei nostri difetti e nelle nostre imperfezioni che si trova la vera essenza dell’essere umano. Essere fragili non vuol dire rassegnarsi, ma trasformare i propri limiti in uno slancio verso il miglioramento. Piangersi addosso non serve: solo affrontando le difficoltà con coraggio possiamo ritrovare dignità e luce.

 

Hai altri progetti in cantiere?

Ho appena concluso la scrittura di un romanzo storico e ho già iniziato a lavorare su un nuovo progetto. Mi piacerebbe anche raccogliere i miei racconti in un’antologia e scrivere ancora sul tema femminile, che è sempre stato al centro delle mie riflessioni.

 

Grazie di aver condiviso le tue riflessioni!

Grazie a te per avermi dato la possibilità di raccontarmi

 


 La scrittrice Nadia Mari

 

 

 

 

 

 

 


 
 

 


 

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