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"Prima che sia troppo amarti" di Annalisa Teggi

    Il Timone editore, 2024, pagg. 188.   Incipit "Se l'era cercata. Diana correva al buio pensando ai commenti sul suo necrologio. Non staccava gli occhi dall'unica luce davanti a sé. Aperti h24, un'insegna così anonima di giorno. Arrivarci, presto. Sentiva ancora addosso il fiato di alcol e sudore. Una voce roca era rigurgitata fuori da un angolo della strada. Un'ombra viva, arrabbiata o isterica si era sollevata da terra spalancando le braccia verso di lei. Un forte colpo a terra e una risata cavernosa. La stava rincorrendo?  O era rimasto in quel cantuccio nero di marciapiede?".   Pensieri luminosi Nel vocabolario   la parola "troppo" è sia un avverbio che un aggettivo e in entrambi i casi la definiscono come una quantità eccessiva, qualcosa più  del dovuto, più del giusto.  In definitiva sia che lo si qualifichi come avverbio o aggettivo, "troppo" ha un connotazione negativa e lo si può affiancare allo spreco come quello alimentare; o...

"Lei salva il mondo" di Federico Saccani

 

Morellini Editore, 2022, pagg. 214.

 

Incipit

"Armando voleva morire da talmente tanto tempo che non era più di questo mondo da una vita. Così che piano piano si era rinchiuso nella sua piccola casa in quella solitudine che è tipica di certi vecchi giardini, ormai pieni tanto di erbacce quanto di fiori, e per questo sempre più dimenticati. In quello spazio si aggirava lento e stanco: camera, sala, bagno. Era secco e alto, un po' curvo, e aveva un enorme naso sproporzionato, che nel trascinarsi da una stanza all'altra con un rumore di ciabatte suish suish lo faceva oscillare come un pendolo. Un pendolo che segnava cento anni".

 

Pensieri luminosi

Vi ricordate le settimane durissime del lockdown del 2020, quei due mesi in cui siamo dovuti vivere chiusi dentro le nostre case a causa della pandemia di Covid 19? Tutti noi siamo stati sopraffatti da un profondo senso di disagio e paura nel non sapere cosa sarebbe accaduto fra una settimana o un mese.
Se ripenso ai quei giorni "chiusi" mi viene in mente quanto mi sono sentita aggrappata alla vita e al contempo al timore di sprecare, in quei momenti sospesi, il tempo prezioso della mia esistenza.
In quel periodo così incerto ho rivalutato ogni gesto cercando di dare il giusto valore alle cose, anche a quelle più scontate, in una situazione in cui nulla era scontato. Le ore trascorrevano tra la lettura, corsi di yoga imparati in TV e la visione di vecchi film, mentre tra una pausa pubblicitaria e l'altra compariva l'hastag #iorestoacasa, per non dimenticare mai, se non per breve tempo, quello che ci stava accadendo.
Ricordo anche che quel domicilio forzato tra i giorni che iniziavano col sole e finivano con le stelle nel cielo, scivolando via con un ritmo rallentato, avevano stimolato il mio cervello a mettere in atto la "strategia del ricordo": un modo tutto mio per sfuggire, almeno in parte, a quel presente opprimente e pesante.
Una modalità che in un giorno di quegli anonimi giorni mi ha portato a prendere in mano,  dopo tanto tempo, gli album fotografici dei miei anni di bambina in braccio alla mia mamma nel giorno del mio battesimo, felice al primo giorno di scuola elementare nei primi anni ottanta del Novecento, la festa di diploma e di laurea, il matrimonio di qualche anno fa e molto altro ancora. Momenti fissati su immagini che hanno sbloccato innumerevoli ricordi, sopiti ma mai dimenticati, vibranti di emozioni come appena vissute.
Quei ricordi fotografici hanno anche messo in atto altri ricordi semplici e banali, come il primo giretto con i pattini a rotelle, oppure di quando a otto anni al mare assaggiai l'acqua salata e aperto gli occhi sott'acqua. Da quel giorno ho ripreso più volte in mano la mia vita in foto, come un tuffo acrobatico all'indietro che ha destato in me meraviglia di profumi, gesti, parole, ritornelli musicali del periodo che ho ricordato in maniera intatta e che fanno parte di me e nessun altro.
Il ricordo di un'esistenza vissuta intensamente l'ha ritrovata anche Armando, il protagonista di questo prezioso romanzo di Federico Saccani alla sua prima esperienza letteraria.
Anche lui come tantissimi altri si è trovato chiuso in casa a causa della pandemia. In realtà lui ci stava più che bene rinchiuso tra quattro mura, nel suo appartamento di 60 metri quadri, un luogo sobrio, ordinato, nel quale trascorrere la sua vita a guardare le partite di pallone alla TV e quando è stanco, e capita di frequente, accomodarsi con un certo piacere sulla sua poltrona preferita in cucina. Lì si sente davvero in pace e gli capita anche di fare spesso dei pisolini, accocolato fra le braccia di quella stoffa. Sì perchè Armando ha cento anni e cammina per la casa ciondolando un po' di qua e di là con il suo passo incerto, strascicato. É diventato un tutt'uno con le sue stanze, come se fossero un prolungamento di sè stesso. Non attende nulla, non si aspetta nulla di particolare se non quello di raggiungere la pace dei sensi. Il suo desiderio infatti è quello di abbandonare il mondo che ha visto con i suoi occhi, coperti da buffe sopracciglia arruffate tra un naso enorme, ormai tantissime volte e di cui si sente di non aver più bisogno.
C'è però in lui quel desiderio di approcciarsi alla tecnologia, che ha su di lui un fascino particolare. É la sua finestra sul mondo degli affetti; con il cellulare chiama il nipote e conversa spesso su Skype con la bisnipote Martina, nel cui sguardo sembra riconoscere quella scintilla che aveva anche lui un tempo, quando era giovane, pieno di forza, di speranza in un futuro tutto da costruire.
Ma come ho scritto prima la placida quotidianità del vecchio Armando verrà turbata dal Coronavirus.
Improvvisamente tutto si ferma e anche il nipote Antonio non può più andarlo a trovare e portargli la spesa e le molte partite che poteva guardare cessano di essere trasmesse.
I giorni della pandemia portarono la gente ad uscire sui balconi di casa, alle finestre e intonare canzoni accompagnate da chitarre o trasformare pentole e tegami in strumenti musicali originali per  sdrammatizzare quei momenti così particolari.
É questo che vede e sente Armando nei primi giorni di chiusura forzata e non gli piace. Osserva dietro la tenda i suoi vicini di casa come fossero alieni, strane creature che si dimenano e fanno una confusione assurda, intonando anche melodie del suo lontano passato da soldato che in qualche modo offendono la memoria sua e di chi ha vissuto quei giorni drammatici.
Si rinchiude ancor più in sè stesso, in quella piccola dimora che diventa cornice del suo essere interiore. I giorni trascorrono, la situazione non sembra migliorare e la sua dispensa langue.
Cosa farà Armando? Che ne sarà di lui?
La sua salvezza, per citare il titolo del libro, avrà il viso dolce e le labbra tenere di Elena, una ragazza del palazzo in cui abita che gentilmente si offre di portare la spesa a chi abita da solo ed è in là con gli anni. Osservandola dallo spioncino della porta Armando ha uno spostamento temporale. Quella voce e quel sorriso dolce e cristallino lo portano  a ricordare il suo passato remoto, lontanissimo ma così vivido di emozioni. Ecco che allora ritroviamo il giovane Armando soldato durante la Seconda Guerra Mondiale e il suo amore puro e dolce per una ragazza. Un sentimento grande e potente capace di fargli superare la disperazione di giorni difficili, terribili, e la paura sempre drammatica compagna durante i bombardamenti e la lotta di resistenza.
Il romanzo viaggia su due binari legati però da un filo sottile che prende il nome di lotta: l'una, un tempo, contro il nazi-fascismo, l'altra contro un virus letale. Certamente diversissime ma che hanno spinto l'umanità ad agire, a combattere.
Una lettura che mi ha coinvolto molto in una narrazione che ha saputo dosare con raffinata sensibilità parole, pensieri che si annidano nella  mente del centenario. Armando e il suo modo di essere in quella dimensione un tempo vigorosa, forte, entusiasta, in quella timidezza di giovane innamorato. Tutto in lui non si cancella, ma si trasforma; egli nella senescenza ha una evoluzione in un uomo di poche parole ma di molti pensieri, che osserva e centellina la sua voce, perchè ora non si può sprecarla per niente. I ricordi del passato vivono in lui e raccontano per noi chi era, in un fare e non tanto in un dire vuoto, nell'agire, nel prendere decisioni.
Armando è stato così nel tempo e nello spazio di cento anni, protetto nel passato dal padre e sua volta protettivo con quel suo amore giovanile. Ha  vissuto tanto Armando e l'autore ci accompagna con un ritmo dapprima veloce e poi nel tempo della vecchiaia più lento; in quei passi di una volta sicuri che si inerpicavano fra le montagne e ora incerti e strascicati fra le stanze del suo appartamento.
É stato un viaggio letterario commovente, di parole preziose, e di oggetti altrettanto preziosi, che vanno al di là del loro banale utilizzo. Come una specie di porta fortuna, qualcosa di inanimato eppure così vitale e che l'anziano uomo ci regala. Allora con gesti delicati avviciniamoci a lui, ascoltiamo la sua storia. 
Sarà il suo commiato per lui e il nutrimento dell'anima per noi.



La mia lampada ha illuminato questa frase:
"Per cui, ripensando alla storia che lo aveva portato lì, cercò la forza tra le pieghe dell'istinto, domandandosi se anche questa volta sarebbe riuscito a sopravvivere. Poco importava se il cammino avrebbe cambiato i suoi occhi, li avrebbe resi più stanchi, più grigi, più sconsolati. Ora bisognava marciare. Il mondo in quei giorni drammatici era per Armando un bosco di montagna, da cui non si poteva uscire rimandendo ragazzini. Perciò, cercando di unire il suo spirito con la  natura, prese un gran respiro, ripose il pettine nel taschino e si mise sulle gambe".



Gli oli essenziali da utilizzare durante la lettura:
tre gocce di mandarino e tre gocce di cipresso, da sciogliere nel bruciatore di essenze con candela bianca neutra, per ristabilirci da particolari situazioni e meditare sull'esistenza.



Un po' di luce sull'autore
Federico Saccani (9 gennaio 1984) è uno scrittore         italiano. Parmigiano di nascita, vive a Milano dove lavora come direttore creativo in un'agenzia di pubblicità ed è anche un musicista.

 


INTERVISTA ALL'AUTORE

Ciao Federico e benvenuto nel mio spazio letterario. Vuoi parlarci un po' di te?
Ciao Elisabetta, innanzitutto grazie di avermi "accolto" qui, mi fa molto piacere. Ti parlo di me: ho 38 anni, vivo a Milano da più di dieci anni, anche se casa è in Emilia, a Parma. Nella vita mi occupo di comunicazione, faccio il direttore creativo in un'agenzia. La mia grande passione, da sempre, è la musica e adesso, parrebbe... anche la scrittura.

Il titolo e la copertina sono molto evocativi. Come è stata la genesi di entrambi?
Volevo un titolo che raccontasse la necessità che sento: c'è un mondo da salvare, o meglio, c'è un mondo di valori da salvare; e questo è stato il mio primo punto. Poi mi piaceva l'idea di dedicare il titolo a un imprecisato femminile, nonostante il protagonista del romanzo sia un uomo. Sento personalmente una sovrapposizione tra quei valori e le due donne del romanzo.

La dedica ha un significato particolare?
Ho dedicato il mio romanzo d'esordio a mio nonno, scomparso tanti anni fa. Volevo cristallizzare il nostro rapporto, e questa storia mi sembrava quella giusta.
 
Nel tuo romanzo è presente la figura di Armando, un centenario che ricorda il passato e indirettamente lo racconta a noi lettori. Hai avuto anche tu un conoscente o un nonno che ti ha raccontato del suo passato, o avresti desiderato che te ne parlasse?
La storia personale del sopracitato nonno è stata senz'altro un punto di ispirazione per la parte che racconta Armando nell'esercito. Tutti gli altri episodi legati al passato si ispirano a storie che ho avuto modo di ascoltare direttamente da anziani conosciuti in case "amiche", poi io ho rielaborato il tutto, modificandolo, a favore di narrazione. 
 
Nel tuo scritto l'anziano protagonista ricorda eventi e situazioni relativi al secondo conflitto mondiale: fa memoria personale che è anche quella collettiva del nostro Paese. Quanto è importante per te fare memoria?
Armando a un certo punto parla di "eliminare le dimenticanze". Ecco, credo che la memoria sia un concetto da applicare al passato quanto al presente. Per questo ho voluto fissare due momenti così lontani, eppure così vicini  (forse per contrapposizione), come la Seconda Guerra Mondiale e il lockdown del 2020.  
 
Ricordando il titolo del romanzo il mondo, secondo te, da cosa deve essere salvato oggi?
Dall'appiattimento totale.  
 
Armando è rinchiuso nella sua casa sia perchè è molto anziano sia perchè nel marzo 2020 è scoppiata la pandemia da COVID 19, che ha costretto il mondo a vivere recluso dentro quattro mura per molte settimane. Se dovessi ripensare a quel periodo come lo definiresti?
Un appuntamento con la storia per una generazione, la mia, che della storia si è completamente dimenticata. Forse non completamente per colpa sua. Forse. 
 
Proprio a causa del domicilio forzato noi tutti abbiamo sperimentato le relazioni social in maniera ancor più frequente, attraverso Skype, conversazioni video su Whatsapp, dirette Facebook. Quanto, secondo te, questo tipo di relazioni aiutano la socializzazione e quanto al contrario la rendono difficile?
Nel periodo del lockdown credo che questi mezzi abbiano ri-dimostrato quanto la tecnologia e internet possano essere una svolta positiva per l'umanità; come lo furono nei primi anni 2000 quando l'imminente era dell'online era un miraggio di possibilità infinite.
Oggi invece i social network hanno trasformato uno strumento di accrescimento in un mezzo di diminuzione. Anzi, di "dimenticanza". A mio avviso, questi mezzi di socializzazione rappresentano in effetti l'esatto contrario.

Cosa significa per te scrivere?
Più che la scrittura, direi l'espressione di me stesso in generale: fondamentale per mantenermi sano (ahahahahah!). 
 
Hai altri progetti in cantiere?
Sto lavorando a un nuovo romanzo. Vedremo se riuscirò a portarlo a termine :) 
 
Grazie di aver condiviso le tue riflessioni.
Grazie a te e ai tuoi lettori!



Lo scrittore Federico Saccani

 

 



 

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