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"Hypsas" di Valerio Mello.

 "Hypsas", Edizioni Ensemble, 2024, pagg. 55. "Incontro i morti sui margini dentati delle foglie, ospiti e pietrisco più brillanti - centellinando le veglie, perché i nomi vanno incontro a ciò che si ripete; e il sole di Eraclito è nuovo tutti i giorni. Quieta pulsione di ogni luogo, le acque sono tiepide e danno esile diadema, dolce fissità degli occhi ; morbide sculture sul bianco di parete accolgono corpi liberi"... Pensieri luminosi La raccolta di poesie di Valerio Mello è un percorso immersivo nella natura e del suo potere rigenerante, correlato però anche ad una visione particolare e aulica, quella delle antiche divinità che si trasformano  esse stesse in poesia. Un percorso di parole e immagini che come quadri astratti e simbolici accompagnano il lettore in una dimensione onirica. Ciò che mi ha maggiormente colpito è stato leggere della terra, di alberi, di erba, di pietre secolari che si intersecano nella millenaria conoscenza, con la civiltà del sapere. Una

"Io sono una stella. Una bambina dall'Olocausto" di Inge Auerbacher

 


 

Titolo originale: "I am a star. Child of the Holocaust".

Traduzione di Amina Pandolfi; poesie tradotte da Bruno Pedretti.

Bompiani editore, 1995, pagg. 104.

 

 Incipit

"Rammento che da piccola aspettavo con impazienza l'arrivo del mio compleanno. I compleanni della mia infanzia erano sempre stati molto felici, qualcosa di speciale. E così fu fino al mio ottavo. Avevo sette anni nel 1942 quando, insieme ai miei genitori, fui mandata in un campo di concentramento in Cecoslovacchia. I tre compleanni che seguirono gli anni dell'incubo.
Dei quindicimila bambini imprigionati nel campo di concentramento di Terezin in Cecoslovacchia fra il 1941 e il 1945, circa un centinaio sopravvissero. Io sono una di questi. Almeno un milione e mezzo di bambini furono uccisi nell'Olocausto del nazismo. La ragione per cui molti di  loro morirono sta nel fatto che erano ebrei".
 
 
Pensieri luminosi
 
Qualcuno di voi ha avuto il coraggio (io lo chiamo così perchè ho timore degli aghi) di farsi dei tatuaggi? Una farfallina, una coccinella, una frase significativa della vita scolpita, oppure grandi porzioni di pelle, che diventano la base per creare vere e proprie opere d'arte.
Un tatuaggio permette, a chi sceglie di farlo, di esprimersi senza troppe parole, raccontare del proprio mondo; una scelta libera di essere, di affermare con creatività la propria personalità.
Un tatuaggio nel momento in cui non piace più, oppure non ha senso tenerlo può essere tolto, modificato o ricoperto da un altro tatuaggio.
Vi voglio parlare ora di una bambina di sette anni, Inge Auerbacher. Anche lei ha avuto il suo "tatuaggio", sull' avambraccio destro, precisamente il 22 agosto 1942 identificato con il numero di registrazione "XIII-I-408" che informava sulla data di arrivo nel campo, il convoglio di cui faceva parte e la nazionalità; ogni prigionero come Inge doveva impararlo a memoria e ripeterlo in tedesco ogni volta che si veniva chiamati. Un piccolo segno sulla pelle ma non desiderato, che non è stato simbolo di libertà di espressione ma di oppressione, che l'ha marchiata per sempre in quanto ebrea, ebrea tedesca. Come altri milioni di ebrei è stata brutalmente trascinata con la sua famiglia dai nazisti nel campo di concentramento di Terezin, in Cecoslovacchia e lì ci rimase per tre lunghi anni. I suoi occhi di innocente bambina hanno purtroppo fotografato tutto il male, le atrocità, il dolore, la pazzia dell'abominio hiltleriano che prende il nome di Olocausto. Il suo lacerante dolore, il suo infinito terrore l'ha sperimentato per gradi. Dapprima ha visto forzatamente allontanarsi da casa il padre e il nonno, spediti a Dachau durante la famigerata Notte dei Cristalli. Furono poi rimandati a Kippenheim, ma la sua famiglia decise che era giunto il momento di andarsene verso una località che, in quegli anni concitati, sembrava poter essere più sicura e arrivarono a Jebenhausen dove vivevano i suoi nonni, con la speranza poi lasciare definitivamente la Germania.
Quel luogo (dal 1939 al 1941) fu, prima della deportazione, una parentesi felice e serena per lei e suoi cari. Giocava con gli amichetti tedeschi e intonava con loro, come uno scherzo macabro, canzoncine popolari che contenevano parole della propaganda nazista. Man mano però anche quel momento passò e si trasformò, per la piccola protagonista, in un incubo.
Dapprima la stella gialla di David con la parola Jude nel mezzo da esibire bene e poi la successiva deportazione.
Il "marchio della vergogna" quella stella, come una specie di secondo tatuaggio, non sulla pelle ma che bruciava tanto quanto quello che avrebbe dovuto subire successivamente.
Inge si trovò così a Terezin, una località a circa ottanta chilometri da Praga; una vecchia fortezza militare, isolata, con le sue alte mura e i profondi fossati a separarla dal resto del mondo.  
Sbattuta nell'inferno del lager, piccola tra altri piccoli che come lei avevano cucita quella stella gialla, quasi fluorescente.
In quel luogo orribile, buio, dove ormai il baratro era già stato superato, osservava passare dal campo esseri umani privi di carne, emaciati, malati, sporchi. Chi non serviva più nel lavoro, veniva inviato al campo di morte di Auschwitz.
Inge venne liberata dai sovietici nel 1945 e ci conduce, in questo libro, nel suo piccolo ma non per questo meno intenso vissuto. Una testimonianza infantile che ha sentito le urla agghiaccianti dell'orrore, dell'abisso senza fine. 
In questo scritto ogni pagina, corredata da fotografie e disegni molto significativi, l'autrice ci dona tutto il suo commovente racconto.
Un narrare che non trascura le origini di questo male, del perchè si sono attuate così tali malefiche strategie.
La prima parte è caratterizzata da parti storiche essenziali e dettagliate, intervallate da quello spirito bambino, da poesie così semplici che stridono fortemente con ciò che accadeva attorno a lei, rendendo ancor più claustrofobico il quotidiano sopravvivere, caratterizzato da perenni umiliazioni, torti, offese. 
Ma c'è pure, in quel drammatico paesaggio mortifero, una tremula luce, il continuo coraggio che riceveva nel campo dai suoi genitori e i piccoli momenti di tenerezza che ha condiviso con loro.
La testimonianza di Inge Auerbacher, la sua storia individuale è di fatto la voce sopravvissuta di un intero popolo che ha sofferto l'indicibile, l'estrema umiliazione nel corpo e nello spirito.
Inge ha ancora il suo tatuaggio, il suo marchio e non vuole toglierlo, nè modificarlo, nè ricoprirlo.
É la memoria di ciò che le è accaduto e sarebbe oltraggioso dimenticare. No, non si deve dimenticare, mai!
Consiglio questa lettura, pur nella sua difficile tematica, anche ai lettori  più piccoli.

 
 
La mia lampada ha illuminato questa frase:
"Ruth, la mia migliore amica, e i suoi genitori, che avevano diviso con noi le loro cuccette in una minuscola stanza per due anni, furono inclusi in quest'ultimo convoglio che portava al campo della morte. Anche lei era figlia unica e aveva appena due mesi più di me. Eravamo come sorelle; condividevamo i nostri sogni a occhi aperti e non avevamo segreti l'una per l'altra".
 
 
Io sono una stella 
 
Solo bimbi "speciali"  han sul petto una stella,
sin da lontano io sono vista per quella.
Mi han messo un marchio proprio sul cuore,
lo porterò fiera in tutte le ore.

La stella, si dice, è un premio, ma strano,
un uso che giunge da un tempo lontano.
Io so tutto quanto la stella rivela
e cercherò che essa diventi una vela.
Io sono una stella! 

Papà mi diceva di scansare i guai,
ritorna presto chè non si sa mai.
Per me il giallo stella è come oro,
non voglio offenderlo e farne il mio alloro.

Ora sto qui eretta e orgogliosa,
urla, mia voce, ma silenziosa:
"Sono ancora persona in realtà,
mio è lo spirito, la volontà".
Io sono una stella!
 
 
 
 
Gli oli essenziali da utilizzare durante la lettura:
tre gocce di tea tree e tre gocce di cipresso da sciogliere nel bruciatore di essenze con candela bianca neutra, per trovare la giusta concentrazione e meditazione per affrontare una tematica così difficile.
 

 

 

Un po' di luce sull'autrice
Inge Auerbacher (Kippenheim, Germania 31 dicembre 1934) era figlia unica di Berthold e Regina Auerbach. Suo padre era un mercante di prodotti tessili. A sette anni venne deportata con i genitori nel campo di concentramento di Theresienstadt, in Cecoslovacchia. L'otto maggio del 1945 Inge e i suoi genitori furono liberati. Nel maggio del 1946 emigrarono negli Stati Uniti. Si è poi laureata in chimica al Queens College e specializzata in biochimica. Il suo nome è legato a quello di importanti ricercatori e studiosi nel campo della medicina. Ha girato il mondo come appassionata scrittrice di viaggi e fotografa. Nel tempo libero tiene molte conferenze sull'Olocausto.
 
 
Bibliografia essenziale 
- "Non dimenticheremo mai", canzone scritta da Inge Auerbacher in versi presentata al Raduno Mondiale dei Superstiti dell'Olocausto Ebraico del 1981, tenutosi a Gerusalemme;
Il disco "Jewish Memories", contiene quattro liriche dell'autrice;
- "Children Memories of the Holocaust", (1985) documentario in cui appare Inge Auerbacher.




La scrittrice Inge Auerbacher





 
 

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