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"Prima che sia troppo amarti" di Annalisa Teggi

    Il Timone editore, 2024, pagg. 188.   Incipit "Se l'era cercata. Diana correva al buio pensando ai commenti sul suo necrologio. Non staccava gli occhi dall'unica luce davanti a sé. Aperti h24, un'insegna così anonima di giorno. Arrivarci, presto. Sentiva ancora addosso il fiato di alcol e sudore. Una voce roca era rigurgitata fuori da un angolo della strada. Un'ombra viva, arrabbiata o isterica si era sollevata da terra spalancando le braccia verso di lei. Un forte colpo a terra e una risata cavernosa. La stava rincorrendo?  O era rimasto in quel cantuccio nero di marciapiede?".   Pensieri luminosi Nel vocabolario   la parola "troppo" è sia un avverbio che un aggettivo e in entrambi i casi la definiscono come una quantità eccessiva, qualcosa più  del dovuto, più del giusto.  In definitiva sia che lo si qualifichi come avverbio o aggettivo, "troppo" ha un connotazione negativa e lo si può affiancare allo spreco come quello alimentare; o...

"Le anime forti" di Jean Giono



Titolo originale "Les ames fortes".

Traduzione dal francese di Riccardo Fedriga.

Casa editrice Neri Pozza, 2011, pagg. 286.

 

 

Incipit

"Siamo qui per vegliare il corpo del povero Albert.
Grazie, entrate pure, accomodatevi.
Non ti devi affaticare, ti aspetta una giornata difficile.
Va a riposarti. Saremo qui noi questa notte.
Oh! Non riuscirò certo a dormire.
Prova a sdraiarti un po'.
Non posso restare qui?
Ormai stai in piedi solo a forza di nervi, se loro ti abbandonano caschi a terra come un sacco di cucchiai.
Quando penso...
Non ci pensare. Vai a dormire".
 
 
Pensieri luminosi
 
In questo romanzo ci troviamo nella campagna francese a metà Novecento. L'atmosfera è alquanto buia e misteriosa, per certi versi gotica e paradossale. La maggior parte della servitù, presso il castello di Percy, sta vegliando il corpo senza vita di un uomo durante la notte. Servono candele, affinchè il defunto possa essere riconosciuto; molti di loro infatti, per paure ancestrali e dicerie, hanno paura che in qualche modo quel corpo si possa risvegliare, muovere o cambiare di posizione e quindi le porte devono essere ben chiuse. 
Per alleggerire quella singolare situazione, alcune donne di servizio iniziano a chiacchierare, a fare pettegolezzi, ad esorcizzare la morte, arrivando persino a sorridere con una mano sulla bocca parlando di alcune persone del paese; ricordando questo o quell'altro episodio, portando il lettore a leggere frasi a metà, storie che si mischiano ad altre storie, vicende un tempo lontane, fino a perdersi tra le parole che spesso non portano a nulla.
Tra le donne che raccontano, ad un certo punto si innalza la voce di Therese, ultraottantenne, che racconta la sua esistenza trascorsa con il marito Firmin e Sylvie Numance.
Ecco allora che la vicenda prende una piega intimista e lo scrittore mette sulla scena due caratteri, che hanno fatto della loro personalità un modo di essere diametralmente opposto l'una dell'altra, ma che in relatà potrebbero far parte di un unico personaggio: un'anima forte divisa in due; perchè l'essere umano ha in sè l'empatia, la generosità, la purezza ma può anche diventare subdolo, calcolatore, sarcastico, rabbioso.
Therese, all'apparenza, nel suo modo di raccontare, ci fa immaginare una nonnina dei giorni nostri con tanto carattere, ma anche simpatica, con alle spalle un dolore che non l'ha scalfita. Ci sentiamo quasi di prenderle la mano e ascoltare le sue sofferenze di donna maltrattata e derisa.
In realtà, durante la notte, una cameriera racconterà alcuni episodi della vita di Therese che ribalteranno clamorosamente la sua figura di donna impaurita e fragile.
In quel frangente di cambiamento netto incontrerà la signora Numance, che vedrà in Therese qualcuno da aiutare concretamente nelle sue sventure della vita, come una figlia che non ha mai avuto.
Giono in questo scritto ci offre la natura umana in una visione estremamente contraddittoria, con le sue inqualificabili bassezze e i suoi toni aulici. Il racconto ha in sè vivide immagini di uomini e di donne che afferranno la vita con i denti, si lasciano andare al sentimentalismo, imbrogliano l'altro, lo deridono, creano situazioni dolorose e di annientamento fisico e psicologico. Il tutto è racchiuso in una comunità che sa tutto di tutti; una visione corale delle debolezze umane in un paesaggio ed un ambiente funzionale al racconto, così aspro e a volte inospitale e con echi lontani al più  ospitale e rasserenante confine piemontese lì vicino.
Il continuo studiare l'animo umano da parte dello scrittore mi ha fatto sorgere qualche domanda: quanto la realtà è tale in un mondo di finzione? E se le illusioni muoiono all'alba allora perchè vale la pena vivere di illusioni? La felicità va cercata a tutti i costi? Therese è un'anima forte, così come Sylvie e vivono un'esistenza per sè stesse. Ma forse non vivono un'eterna illusione? 
La lettura di questo romanzo è stata particolarmente complessa, faticosa per lo stile narrativo adottato dallo scrittore, soprattutto per la prima parte del romanzo; poi però l'attenzione è stata totale e accattivante nello svolgersi degli eventi che mi hanno catturato in un crescendo emotivo. Le due figure principali del romanzo emergono in tutta la loro "povera" maestosità, nell'atto di affermarsi, fino però a perdersi nei meandri del lato oscuro della propria anima.
Lascio a voi scoprire cosa significa in profondità essere le anime forti del titolo e in che modo questa fortezza si sviluppa.


La mia lampada ha illuminato questa frase:
"C'è del fuoco nell'odio; è utile per l'amore. Bisogna servirsi dell'uno per imitare l'altro. Ecco il lato positivo, ma vidi anche il rischio che correvo. Se fossi riuscita troppo bene a portare il fuoco dell'odio nell'amore, correvo il rischio di lasciarmi prendere dal gioco e amare".
 
 
Un po' di luce sull'autore
Jean Giono (Manosque, 30 marzo 1895 - Manosque, 9 ottobre 1970) è stato uno scrittore, saggista e traduttore francese. Fin da giovane coltivò la sua passione per la letteratura. Partecipò alla prima guerra mondiale e la sua esperienza al fronte lo segnò per tutta la vita e l'indirizzò verso un ideale pacifista. Ammiratore di Jean Jaques Rousseau, concretizzò il suo ideale primitivo ritirandosi su di un altipiano della Provenza. Scrisse una trentina di romanzi, per i quali trasse ispirazione dalla Grecia antica in cui dipinse la condizione dell'uomo nel mondo. Non gli mancarono le amarezze, come per esempio quando nel 1944 fu ingiustamente accusato di collaborazionismo con i nazisti e imprigionato per cinque mesi. Le sue opere sono caratterizzate da toni epici, naturalistici, oltre ad accurate indagini psicologiche della figura umana.


Bibliografia essenziale 
- "Colline" (1920);
- "Risveglio" (1930);
- "Un re senza distrazioni" (1947);
- "L'ussaro sul tetto" (1951);
- "L'uomo che piantava gli alberi" (1953)

 
 

 Lo scrittore Jean Giono


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