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"Hypsas" di Valerio Mello.

 "Hypsas", Edizioni Ensemble, 2024, pagg. 55. "Incontro i morti sui margini dentati delle foglie, ospiti e pietrisco più brillanti - centellinando le veglie, perché i nomi vanno incontro a ciò che si ripete; e il sole di Eraclito è nuovo tutti i giorni. Quieta pulsione di ogni luogo, le acque sono tiepide e danno esile diadema, dolce fissità degli occhi ; morbide sculture sul bianco di parete accolgono corpi liberi"... Pensieri luminosi La raccolta di poesie di Valerio Mello è un percorso immersivo nella natura e del suo potere rigenerante, correlato però anche ad una visione particolare e aulica, quella delle antiche divinità che si trasformano  esse stesse in poesia. Un percorso di parole e immagini che come quadri astratti e simbolici accompagnano il lettore in una dimensione onirica. Ciò che mi ha maggiormente colpito è stato leggere della terra, di alberi, di erba, di pietre secolari che si intersecano nella millenaria conoscenza, con la civiltà del sapere. Una

"Fantasmi" di Paolo Panzacchi


 

 

Clown Bianco editore, 2022, pagg. 185.

 

Incipit

"Non riesco a respirare.
Ho le lacrime che spingono dietro gli occhi, vogliono farsi strada, uscire, sgorgare, bagnarmi il viso, scendere fino al colletto della camicia, entrare e arrivare fino al petto, violarmi anche questa volta. Non so cosa succederà tra qualche istante, non ho nemmeno la certezza di volerlo sapere, vorrei solo che questo momento fosse già passato, vorrei avere il potere di mandare avanti veloce, come si fa con la musica, con un film".

Pensieri luminosi
 
La definizione di fantasma porta con sè, tra i vari significati, anche quello di "la forma visibile di un'anima".
E di una forma visibile, di un'anima e di altre, è costellato questo romanzo. Sì, perchè lo scrittore Paolo Panzacchi pone sopra un tavolo di cristallo fragilissimo e trasparente l'essenza della personalità di Giulio, trentenne bolognese che vive, o meglio sopravvive, ad un evento terribile che ha cambiato totalmente e in maniera negativa tutta la sua esistenza.
Un'esistenza schiacciata da un senso di colpa pesante, che fa incurvare le spalle, crea dolore, rassegnazione, violenti e continui moti di autolesionismo verso sè stesso e che irrimediabilmente si ripercuotono anche sugli altri.
Giulio è sposato con Carlotta ma il loro matrimonio sembra annaspare, rischiando di naufragare, con una zavorra enorme che toglie il fiato e il poco ossigeno che rimane se ne va in sigarette e alcol. Un mood che li stritola l'uno con l'altra, ma paradossalmente li allontana sempre più. Non si può vivere con la morte nel cuore, non si può esistere con la profonda convinzione di aver causato la perdita di una vita, quella di Mario. Da quel maledetto giorno di molti anni prima Giulio è così. Si accompagna ad un infernale quotidiano ed implacabilmente lo scrittore, scavando profondamente e in maniera netta, descrive quest'anima in pena senza compiacimenti, nè sotterfugi stilistici di sorta. Lo fa scivolare in un mare grigio, in tempesta; la sua anima è nuda, in mezzo alle intemperie. Non fa sconti al suo protagonista; gli fa attraversare il deserto dei sentimenti a causa della morte del suo amico di cui si ritiene colpevole. Giulio si offre a noi fragile, debole nel risalire la china. Ma è proprio lui stesso che sembra non volerne sapere di ri-emergere dall'acqua fredda che lo inghiotte. Quell'evento luttuoso è stato uno tsunami emotivo, del di dentro, giù nelle viscere stritolate da un rammarico opprimente. Ma come è possibile trovare uno scampolo di vita?
C'è sempre il lavoro che copre, almeno in parte, la sensazione nausenate di giorni tutti uguali, deprimenti. Una assuefazione lavorativa che gli permette pure una carriera di prestigio in quella decantata City londinese che lo porta ad avere un controllo quasi maniacale dei suoi compiti. Così facendo si sente apparentemente al sicuro, ma è solo un abbaglio, come uno scherzo macabro.
La luce della finestra del suo ufficio non penetra l'anima che rimane sempre al buio, impietrita.
Sigarette, tante, troppe, sempre, a coprire con il loro fumo una voragine d'amore che forse l'eterna fidanzata potrebbe colmare. Carlotta sì, forse è il matrimonio la soluzione. Un tempo però l'aveva lasciata proprio per la capitale britannica, senza troppi convenevoli e lei allora traumatizzata da quel gesto arido era caduta come da una scarpata, facendo rotolare anche la sua di anima nell'involucro della depressione.
Si erano sposati Giulio e Carlotta forse per lenire le loro ferite e cercare di accarezzarle l'uno con la mano dell'altra. Forse la nascita di un figlio avrebbe potuto offrire valore ai giorni. Ma tutto è dannatamente difficile...
In "Fantasmi" le anime di Giulio e Carlotta sbattono violentemente sugli scogli e si frantumano in piccoli respiri e faticano a ricomporsi nei loro involucri corporei, che utilizzano solamente come mero strumento per provare piaceri fatui.
Lo scrittore ha la grande sensibilità di narrare il dolore, lo smarrimento di chi si è perso tra le lacrime, ma rimane muto a quel dolore. Giulio trattiene, non urla. Rompe i bicchieri contro il muro, usa frasi taglienti, ma non si guarda dentro, ne ha paura perchè potrebbe morirne o è già morto e non lo sa.
Ma arriva un giorno, o meglio un giorno crepuscolare in cui un'altra insignificante quotitidianità sembra destinata a morire come il sole dietro un orizzonte, che nella vita di Giulio si affacia un'altra anima, quella di Greta.
Forse è lei il suo riscatto, forse è con lei che il cielo diventerà meno grigio, forse è per lei che griderà il suo dolore, come un assurdo regalo. Anche lei però non è solo un'anima, ma un'anima dolente.
L'autore ci racconta di una storia amara, con un sentito pieno, corposo, vibrante. I pensieri scritti nel diario come lacrime lasciate sul foglio, lì in mostra senza barriere. Affonda la lama in una narrazione che non cerca scuse, fa affrontare con spietata realtà l'esistenza di Giulio. Un sopravvissuto che non avrebbe voluto sopravvivere al suo amico Mario, che paradossalmente sembra essere presente più con la sua disturbante corporeità che con la sua essenza-anima.
Forse però non tutto è completamente perduto. 
Può quell'atroce perdita trasformarsi, evolversi, assumeri i contorni della reciprocità'? 
Squilla il telefono. Giulio ascolta quel suono e sembra quasi dargli un nome. Risponderà a quella chiamata?
Lascio a voi scoprire quale scelta farà il protagonista.
 
 
 
La mia lampada ha illuminato questa frase:
"Non si sa mai come finiscono certe cose, ma si sa sempre come hanno principio. L'inizio di tutto è molto semplice, il principio è sempre figlio della leggerezza, dei momenti spensierati, dei piccoli capricci, a volte di qualche miseria. Il finale, invece, è quasi sempre ignoto. Possiamo immaginare come vorremmo finisse, ma il desiderio non sempre si trasforma in realtà e non si è mai davvero pronti a un finale che non somigli nemmeno lontanamente a quello che ci siamo immaginati".
 
 
Gli oli essenziali da utilizzare durante la lettura:
tre gocce di arancio e tre gocce di cannella da sciogliere nel bruciatore di essenze con candela bianca neutra, per allentare la tensione nervosa e  riscoprire il calore dei sentimenti.
 
 


Un po' di luce sull'autore 
Paolo Panzacchi (Sassuolo, Modena  26 settembre 1984) è uno scrittore italiano, fotografo e blogger. Vive a Ferrara.

 

 
 
Bibliografia essenziale
- "L'ultima intervista" (2015)
- "Drammi quotidiani"  (2018);
- "Il pranzo della domenica" (2018);
- "Dove nasce l'odio" (2021)

  
INTERVISTA ALL'AUTORE
Ciao Paolo e benvenuto nel mio spazio letteraio. Vuoi parlarci un po' di te?
Parto con il ringraziarti per l'ospitalità in questo tuo spazio. Ho cominciato a scrivere da bambino, quasi  per caso, da quel giorno non ho mai smesso. Nonostante gli studi mi abbiano portato verso aspetti differenti rispetto alla parola scritta, durante gli anni dell'università ho iniziato a partecipare a concorsi letterari per racconti di genere, sia giallo che noir. Quel periodo lo considero molto importante perchè scrivere quei racconti è stata una palestra insostituibile e fondamentale per approcciarmi alla stesura del primo libro. Nel 2015 è uscito per Maglio Editore il mio primo romanzo "L'ultima intervista". Negli anni seguenti mi sono dedicato alla stesura della trama del primo lavoro che mi ha portato alla letteratura noir, "Il pranzo della domenica" uscito nel 2018 per Laurana Editore, collana Calibro 9 Gialli & Noir; lo stesso anno, per Pendragon è uscito "Drammi quotidiani", un romanzo breve dalle tinte tragicomiche. Tutto questo per dire che non sono uno che ama le cose statiche e, anzi, tendo ad assecondare una natura poliedrica.

La copertina del tuo romanzo è fatta di chiaroscuri ed è molto poetica. Come è nata l'idea di questa immagine?
Ho sempre amato il mondo delle illustrazioni. Nel periodo in cui ho iniziato la stesura di "Fantasmi" seguivo alcuni profili interessanti, poi ho trovato Giulia Neri e lì c'è stata la svolta: sono stato rapito dalla sua capacità di rendere indimenticabile un'immagine. Nella sua galleria ho trovato l'illustrazione che oggi è la copertina del mio ultimo lavoro e, lo dico sinceramente, non avrei voluto altra immagine se non quella. L'idea era di consegnare al lettore la forza del momento in cui il protagonsita del romanzo fosse davanti allo specchio e trovasse davanti a sè non il proprio volto, ma quello di chi si stava per lasciare alle spalle.

Iniziando a sfogliare il libro nelle prime pagine c'è una citazione di Bulgakov tratta da "Il Maestro e Margherita". Come mai la scelta di questo autore?
Ho scelto la citazione di Bulgakov in apertura perchè questo suo romanzo tratta, in alcuni aspetti, temi simili a quelli di "Fantasmi", ovvero la colpa, la verità, i rapporti tra bene e male. "Il Maestro e Margherita", inoltre è stato uno dei primi classici che ho letto in età adolescenziale e ha lasciato in me un segno importante.

Anche la dedica ha un significato particolare che riporto: "A Luca, Romano e Stefania che, in momenti diversi, mi hanno insegnato la musica". Leggendo queste parole si comprende come anche la musica sia protagonista di questo tuo scritto, come le parole che esprime e che spesso vengono riportate fra le pagine, con le suggestioni che vuole trasmettere. Che significato ha per te la musica e in quale modo ti accompagna nella tua esistenza? E, citando appunto le tue parole, cosa ti ha insegnato questa disciplina e le persone che l'hanno "donata" a te?
La musica ha avuto ed è, per fortuna, tornata ad avere un ruolo fondamentale nella mia vita; non solo quando scrivo, ma anche nella quotidianità. Accompagna costantemente i miei passi quando cammino per la città, o i miei viaggi in treno o in auto. Per un periodo non sono riuscito ad ascoltarla perchè faceva ciò che doveva fare, ovvero mi riportava a ricordi o a stati d'animo che non ero in grado di gestire; appena sono stato in grado di affrontarli, ho ricominciato. A Luca, mio compagno delle scuole medie e superiori debbo molto, perchè tramite musicassette, che prendeva a prestito dal fratello maggiore e che condivideva con me, mi ha introdotto alla musica rock e heavy metal, oltre che alla scena degli anni '90 della musica indipendente italiana. A Romano Trevisani, mio insegnante di chitarra durante l'adolescenza, debbo la passione per la ricerca di sonorità particolari e alternative, ho voluto dedicare anche a lui questo romanzo dopo la sua tragica scomparsa nel 2017. A Stefania debbo la riscoperta di grandi classici della musica anni sessanta e settanta che mi ostinavo a non rispolverare e la scoperta di una parte della nuova scena indie italiana, il tutto avvenuto nel classico momento giusto.

Il romanzo è intessuto di relazioni interpersonali che faticano a trovare un equilibrio, un modo costruttivo per andare avanti e sembrano destinate a naufragare in un mare di dolore, paura e rassegnazione. Quanto la società di oggi, secondo te, rispecchia queste contraddizioni?
La società di oggi ritengo sia intrisa di tutte queste contraddizioni. Non cè capacità, da parte di nessuno, di rallentare e decidere di fermarsi a parlare o, soprattutto, ascoltare. Ritengo questo accada perchè nessuno di noi alla classica e, per certi aspetti, banale domanda che si fa ad amici o conoscenti "Come stai?" non sia davvero pronto ad acoltare una risposta che non sia "bene". É difficile accettare la difficoltà degli altri nel vivere, ma ancor di più è dover fare i conti con la propria.

L'amicizia profonda tra Giulio il protagonista e Mario, il suo più caro amico, è un tema fortissimo del romanzo e condiziona l'evolversi degli eventi. Se dovessi darne una definizione in generale che parole useresti?
Il rapporto tra Mario e Giulio è quello che, a mio modo di vedere, dovrebbe essere quello fra due fratelli: un reciproco supporto. La grande differenza tra i due è il grado di consapevolezza che deriva dal fatto di non averlo ascoltato a fondo e di non aver mai capito cosa volesse dirgli. Ho condensato il rapporto tra Giulio e Mario in poche pagine del romanzo proprio per dare  l'idea della forza del legame tra loro due, un'unione che non ha bisogno di spiegazioni, ma che traspare dai loro confronti, sempre diretti e mai banali.

Il romanzo è attraversato anche da quella capacità o meno di cogliere al volo occasioni preziose; circostanze per le quali è necessario  e fondamentale rispondere in quel preciso momento, altrimenti saranno solo occasioni drammaticamente perse. Ma la vita è anche costellata di una (scusa il gioco di parole) seconda chance. Quanto, secondo te, darsi un'ulteriore possibilità è importante nell'esistenza? E che valore può avere questa nuova ri-partenza?
Darsi una seconda possibilità è fondamentale, la cosa più complessa è accettare di meritarsela. Tropo spesso chi si trova all'improvviso con nulla tra le mani non si rende conto di avere in realtà un'occasione unica per ripartire. In quei frangenti si è troppo impegnanti a pensare a ciò che lasciamo e non si riesce a cogliere la vera immagine di ciò che si ha davanti in quel momento, ovvero una nostra nuova versione, pronta a ricominciare da capo, a scrivere una nuova storia. Il valore di questa ripartenza sta tutto nella capacità, sempre che si sia stato in grado di coglierla, di mettere a frutto gli errori del passato e di far rendere al meglio questa nuova opportunità di vita.

Tra i tanti ringraziamenti citi Bologna: "La mia città e la mia città per sempre". Cosa la rende tua per sempre?
Bologna è la città che mi ha visto crescere, nella quale ho vissuto e dove, appena posso, torno. Decido di tornare a Bologna quando voglio riposare, quando cerco una storia da scrivere e quando ho voglia di vedere i luoghi che hanno contribuito a fare di me ciò che sono. Ciò che la rende mia per sempre è ciò che mi fa sempre tornare sotto i suoi portici: ha la capacità di rimettermi in pace con le cose e di regalarmi sempre angoli nuovi dai quali guardare la vita e cercare di raccontarla.
 
Cosa significa per te scrivere?
Scrivere per me significa mettere ordine in tutto ciò che vedo e mi lascia un segno. Le cose che non dimentico, le sensazioni vissute, le immagini raccolte camminando nelle strade, tutto finisce in un taccuino e da lì parto per raccontare in modo da condividere ciò che, magari anche solo per un breve attimo e che ritengo possa essere possibile patrimonio comune, sia arrivato a i miei occhi.

Hai altri progetti in cantiere?
In questo  momento sto lavorando a due progetti distinti. Il primo è un noir ambientato a Ferrara con una protagonista particolare che penso possa avere anche una dimensione seriale. Il secondo è un romanzo che ha qualche somiglianza, come stile di scrittura, con "Fantasmi"; una storia che si dipana in quarantotto ore ambientata tra Bologna e Torino.

Grazie di aver condiviso le tue riflessioni.
Grazie a te.
 

 
Lo scrittore Paolo Panzacchi

 

 

 

 

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