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"Case rosse" di Alberto Coco

  LuoghInteriori editore, 2023, pagg. 216. Incipit "Sono inginocchiato nel sedile posteriore della Fiat 1100 color verde oliva di papà. Mia sorella Olga si è sistemata al mio fianco nella stessa posizione. Attraverso il finestrino guardiamo l'ingresso del civico 9 di viale Monza. Mamma si è fermata a parlare con le cornacchie allineate davanti al portone d'ingresso. Stringe mani, abbraccia, si asciuga le lacrime. É un addio, il mio primo addio. Non so bene cosa sia.  Papà mi ha spiegato che è un saluto che fai quando poi non ti ti vedi più per tanto tempo. Mi farà male, ne sono sicuro. A me fa già male il ciao che dico a Dante la sera. Sembra far male anche a mia sorella: ha il labbro inferiore che tremola come un budino alla fragola. Se piange lei - lei che non piange mai - io piangerò almeno il doppio. L'addio mi riempie di vuoto, mi strige la gola con un nodo". Pensieri luminosi Vi è mai capitato di ascoltare una canzone e fra un ritmo e l'altro la mente ap

"Le storie degli altri" di Giuseppe Ruiz de Ballesteros

 


 Casa editrice Bertoni editore, 2021, pag. 304.

 

Incipit 

" Driiiin.
Pronto, è la dottoressa Hermann? 
Con chi parlo?
Sono Joseph Rojas, ho avuto il suo numero da...

Era cominciato tutto così.

Joseph se ne stava seduto su un piccolo rilievo di sabbia di fronte al mare.
Era un tardo pomeriggio di fine settembre, e il sole filtrava da una leggera foschia, di quelle che predispongono l'animo alla riflessione. Non tirava un filo di vento ed era facile rimanersene lì a pensare. O meglio, non è che stesse proprio lì a pensare. Era più che altro uno stare a osservare i propri pensieri muoversi autonomamente, emergere dal nulla grazie a chissà quali misteriose leggi che regolano le associazioni".


Pensieri luminosi
Joseph Rojas, psicologo umbro, vive nella solitudine di uomo separato con i figli che qualche volta fanno capolino. Questo suo vissuto esistenziale, povero di interazioni umane se non quelle di tipo professionali, lo spinge, attraverso la penna dell'autore, a raccontarsi inizialmente a noi lettori-testimoni, per scacciare quel dolore di fondo che il silenzio assordante sta ingigantendo. Sente dentro di sè un vuoto, una mancanza che lo rende in qualche modo incompleto. 
Il suo più grande desiderio come professionista è quello di far ri-avvicinare alla realtà i suoi pazienti, in un rapporto di cura che diventa interesse per la persona nelle sue infinite sfumature, nel non detto, in quel parlare per sottrazione che è il fulcro del loro dolore.
Anche lui si sente pronto ad essere ascoltato ed uscire dalla penombra per ritrovare e assaporare, come un piatto prelibato, parole per lui, gesti con lui, sguardi d'intesa che emozionano, osservazioni acute da condividere. Tutto questo inizia a realizzarlo con Miriam Hermann, anche lei professionista dell'inconscio, che lo accoglie come paziente e con la quale percepisce una particolare affinità elettiva, che potrebbe trasformarsi in un sentimento importante.
Ma la storia prenderà una piega diversa, più tortuosa, concentrica che al contempo li avvicinerà e allontanerà ponendo nel vortice delle emozioni altri personaggi con le loro vicende umane, che si affiancheranno a quella di Joseph e Miriam realizzando un puzzle di un quadro chiamato società, collettività.
In questo romanzo di straordinaria essenza introspettiva la psicanalisi irrompe in tutta la sua profondità. Ma al contrario di ciò che si potrebbe pensare, questa disciplina così vasta si fa strada nella vicenda in maniera discreta, senza fare troppo rumore, senza utilizzare una terminologia complessa, o meglio lo scrittore pone l'attenzione a concetti e pensieri rendendoli comprensibili ma non per questo semplicistici. Con la consapevolezza e la sensibilità di un moderno Virgilio che possiede la giusta conoscenza, ci accompagna fra le strade tortuose dei pensieri dei suoi protagonisti rendendoci comprensibile l'incomprensibile. Attraverso uno stile elegante e colto, velato da un certo mistero, così come risulterà misteriosa anche una certa vicenda dolorosa che unisce come un filo rosso molti personaggi, l'autore ci conduce dunque, evocando il titolo, in altre storie che hanno certamente la loro singolarità, individualità ma la contempo raccontano anche la storia dell'umanità con le sue paure, le sue insicurezze, i suoi segreti più tragici, le gioie, le speranze.
Nel romanzo Joseph, prima di essere uno psicologo, è un uomo che con umilità e sincerità racconta di sè, si "mette a nudo" in un viaggio emotivo che anche ciascuno di noi può attraversare sia che si tratti di una scelta amorosa, professionale o semplicemente prendere una decisione nel quotidiano. A tal proposito gli ambienti, i paesaggi nella vicenda plasmano i personaggi, diventano contenitori, cassa di risonanza di vissuti. Da una parte abbiamo la verde Umbria, qui tratteggiata nel periodo invernale durante una nevicata. Nello specifico ci troviamo vicino Assisi, fra i borghi del monte Subasio. Un luogo colmo di misticismo, in cui la figura famosa che ha attraversato tali luoghi è san Francesco. Una scelta potente la sua: ha lasciato andare il superfluo e si è concentrato solo sull'essenza della vita. Ed è proprio qui a contatto con un altro religioso, Padre Juan, che Joseph comprenderà che l'essenzialità dell'esistenza, l'indispensabile, permette finalmente di scegliere, di optare per un fare e un agire non più vano ma in qualche maniera con una sua progettualità, di cui non avere più timore.
Un altro ambiente descritto nel libro è il Sud America dal quale proviene Padre Juan; una figura particolare e affascinante, così come è misteriosa e turbante la foresta pluviale, con la sua fitta vegetazione. Il missionario, proveniente da un ambiente così esotico, suscita nella piccola comunità umbra una curiosità frizzante e progressivamente si unirà spiritualmente a lui dando vita ad un un gruppo. Così da una iniziale unicità solitaria si passa ad una solidarietà concreta, che diventa forza propulsiva al fare, all'agire. Altra tematica correlata è la capacità di andare oltre il pregiudizio e diventare popolo accogliente, gente ospitale. Avere l'animo predisposto a farsi attraversare da storie diverse e lontane dalle proprie consuetudini; una speciale capacità inclusiva che si concretizza proprio ad Assisi, città di pace.
Molto originale nel romanzo è l'uso del suono del telefono che squilla strappandolo alla poesia nel suo contenuto onomatopeico, quel "driiiin" messo su carta; più di una volta sembra risvegliare  dal "torpore emotivo" Joseph, perso nelle sue elucubrazioni per farlo agire, quasi un mezzo per spingerlo a prendere le sue decisioni.
"Le storie degli altri" pone al centro l'uomo nella sua incompiutezza, che ricerca con un misto di timore e fervore l'altro, che lo completa e risveglia la voglia di essere di nuovo protagonista dell'esistenza e ritrovare quelle idee, quelle esperienze, quei valori che possono farci ri-comprendere meglio il mondo che ci circonda.

 

La mia lampada ha illuminato questa frase:
"Voi occidentali avete uno strano rapporto col tempo, un rapporto ansioso, a tal punto da considerare il riposo tempo perduto, o sprecato, come preferite dire di solito.
Quante volte Joseph aveva riflettuto su quelle parole. Era proprio così. Quante volte si era sentito in colpa per essere rimasto in casa rilassato sul divano, magari in una bella domenica primaverile, a leggere un libro sul quale si era pure addormentato! E allora poi, la sera, aveva dovuto tenere a bada, controbattere, tutte quelle voci interne, perverse, che gli suggerivano cosa avrebbe potuto fare durante quel tempo e cosa avrebbe dovuto fare in quel tempo ormai perso per sempre".
 
 
 
Gli oli essenziali da utilizzare durante la lettura:
tre gocce di geranio e tre gocce di mirra da sciogliere nel bruciatore di essenze con candela bianca neutra, per ritrovare la giusta motivazione e vedere le cose oltre le apparenze con occhi nuovi, attraversate da una certa spiritualità.
 
 
 
Un po' di luce sull'autore
Giuseppe Ruiz de Ballesteros (Napoli, 2 gennaio 1955) è uno scrittore italiano. La sua infanzia e adolescenza sono state segnate da numerosi cambi di città legati agli sviluppi della carriera del padre. A diciannove anni, stanco di questi trasferimenti, lasciò la famiglia paterna per trasferirsi in Umbria dove solitamente trascorreva le vacanze estive nella casa dei nonni paterni e che lui sente come casa propria. 
 
 

 INTERVISTA ALL'AUTORE

Ciao Giuseppe e benvenuto nel mio spazio letterario. Vuoi parlarci un po' di te?
Di me cosa posso dire... forse che i numerosi trasferimenti di residenza dovuti al lavoro di mio padre, ingegnere in una multinazionale americana, in quell'età in cui si formano il carattere, le amicizie, i primi amori, ecc... hanno certamente contribuito a fare di me quello che sono oggi. 
Quando cambi tanti luoghi, perdi inevitabilmente qualcosa che per gli altri è scontato: la stabilità, le radici, gli amici. E questo si riflette ovviamente sulla costruzione della propria identità. Però impari ad adattarti, a volte a prendere "la forma dell'acqua" come avrebbe detto Andrea Camilleri. E per fare questo devi imparare ad osservare, a riflettere. Forse per questo molto tempo dopo sono diventato uno Psicologo. Il piacere di scrivere è venuto dopo, insieme al desiderio di trasmettere queste "riflessioni" che, in forma romanzata, spero possano essere anche più fruibili per il lettore non psicologo.

Sono molto incuriosita dall'immagine di copertina, in cui è rappresentato un cubo che ricorda il famosissimo rompicapo dello scultore ungherese Rubik. Come mai hai optato per questa scelta? Molto suggestivo anche il titolo...
La copertina è stata una scelta dell'editore che io ho comunque subito approvato perchè metaforizza, a mio avviso, gli incontri fortuiti, le "sincronicità" direbbe Jung, di cui siamo spettatori e protagonisti durante tutto l'arco della nostra esistenza. Il titolo invece è una mia scelta che rappresenta un po' l'aspetto preponderante del mio lavoro e che sottolinea anche quello che io ritengo il provilegio di questa professione. La possibilità di poter vivere intensamente, grazie ai nostri pazienti e alle loro storie non solo la propria vita ma anche appunto la vita degli altri.
 
Nella prefazione poni l'accento sul concetto di fantasia che deve possedere uno scrittore nel suo "mestiere" di inventare storie. Quanto la fantasia ti ha accompagnato nella stesura del tuo scritto e quanto invece c'è di razionale?
Come ho critto nella prefazione la fantasia prende in prestito il materiale tratto dalla realtà. Ma la fantasia ci permette di modificarlo, manipolarlo, modellarlo come creta per costruire una storia se possibile migliore della realtà. Nel mio scritto la fantasia è servita soprattutto per costruire la storia, la trama attraverso la quale, in forma ovviamente mascherata, posso raccontare tanti episodi reali della mia vita e degli incontri che in essa si sono avvicendati. Poi c'è anche un po' di tecnica che serve al lettore per capire il perchè di certi pensieri, di alcune riflessioni, di certe decisioni dei protagonisti.
 
Addentrandomi nel romanzo si fa subito conoscenza con il professionista Joseph Rojas, psicologo. Quanto di Joseph c'è in te e quanto invece si discosta?
Sì, c'è molto di me in Joseph Rojas. Soprattutto il carattere riflessivo e solitario, spesso irisolto di un uomo che potremmo definire anche tormentato a volte dai suoi stessi pensieri, dai suoi numerosi dubbi esistenziali.
 
Un'altra figura importante è quella di Padre Juan che rappresenta la fede, il credere in Qualcuno. Come mai hai sentito l'esigenza di dar vita a questo personaggio nella tua storia?
Da un punto di vita squisitamente tecnico credere in qualcosa più grande di noi, che può essere un essere superiore o un grande ideale, terreno o spirituale che sia, è un antidoto al nostro personale narcisismo così dilagante nella nostra epoca. Padre Juan rappresenta questo per me: un incontro con l'anima. Una fede e una spiritualità spendibile nella realtà. Assolutamente non dogmatica fatta di grande umanità, di comprensione per le nostre debolezze, ma allo stesso tempo un faro di riferimento per non perdere la rotta nei momenti difficili della vita. In fondo, uno strumento in più per sopravvivere. 

Il romanzo è attraversato da una importante tematica, molto discussa, lo "staccare la spina" ai malati terminali o che comunque sono in condizioni alquanto gravi su un letto di ospedale o seguiti a casa dai familiari. Che considerazioni ti senti di fare come cittadino davanti a questa scelta così dolorosa?
É molto difficile e doloroso rispondere a questa domanda. Ma credo che ognuno di noi dovrebbe poter scegliere davanti a questo dramma. Ed è stata anche l'idea embrionale del romanzo.

Cosa significa per te "vivere altre vite oltre la mia" (cit. pag. 6) nella tua arte di scrittore?
Non è molto diverso dal privilegio del lavoro dello psicologo per quel che riguarda l'empatia e l'immedesimazione che ci consente di sospendere il giudizio e provare le emozioni piacevoli o spiacevoli di un paziente. Ma da scrittore è molto più semplice, proprio per quella possibilità che ci offre la fantasia di modellare la realtà a nostro piacere e costruire la storia come ce la siamo immaginata. La realtà è diversa.
 
Nel romanzo sono presenti figure di medici e infermieri, psicologi e psichiatri; in sostanza figure professionali che mettono in atto gesti di cura. Che valore ha per te la parola cura nella tua vita lavorativa e umana?
La cura, il prendersi cura dell'altro è la prima funzione umana con cui veniamo in contatto al momento della nostra traumatica venuta nel mondo.
L'imprinting delle prime cure lascia una traccia profonda nella nostra psiche. Le emozioni che si generano quando qualcuno si prende cura di noi o quando noi curiamo qualcuno ne sono la conferma. Se c'è stata una mancanza di questa funzione la ferita non rimarginerà più e quasi sempre è anticamera della psicopatologia, della quale si può discuterne in altre sedi.
Credo però che sia qualcosa di universale il desiderio di avere qualcuno che si prenda cura di noi.

Hai altri progetti in cantiere?
Sì, ma è un lavoro più complesso, un po' il seguito di questo, dove entra in gioco ache un'altra figura importante che ha il compito di supervisionare il lavoro di Joseph... ma siamo solo all'inizio.

Grazie di aver condiviso le tue riflessioni.
Grazie a te.


 
Lo scrittore Giuseppe Ruiz de Ballesteros

 





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