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"Case rosse" di Alberto Coco

  LuoghInteriori editore, 2023, pagg. 216. Incipit "Sono inginocchiato nel sedile posteriore della Fiat 1100 color verde oliva di papà. Mia sorella Olga si è sistemata al mio fianco nella stessa posizione. Attraverso il finestrino guardiamo l'ingresso del civico 9 di viale Monza. Mamma si è fermata a parlare con le cornacchie allineate davanti al portone d'ingresso. Stringe mani, abbraccia, si asciuga le lacrime. É un addio, il mio primo addio. Non so bene cosa sia.  Papà mi ha spiegato che è un saluto che fai quando poi non ti ti vedi più per tanto tempo. Mi farà male, ne sono sicuro. A me fa già male il ciao che dico a Dante la sera. Sembra far male anche a mia sorella: ha il labbro inferiore che tremola come un budino alla fragola. Se piange lei - lei che non piange mai - io piangerò almeno il doppio. L'addio mi riempie di vuoto, mi strige la gola con un nodo". Pensieri luminosi Vi è mai capitato di ascoltare una canzone e fra un ritmo e l'altro la mente ap

"Non oggi" di Marzia Pongelli

 

 


 Casa editrice Albatros, 2021, pagg. 194.

 

Incipit

"Mentre la classe si preparava alla posizione dell'albero spostando leggermente il peso sulla sinistra e mantenendo la pianta del piede ben appoggiata a terra, Ettore maledisse per l'ennesima volta il suo menisco che lo faceva dannare ormai da mesi provocandogli un dolore insopportabile.
Destinatario del rancore, fedele compagno di tutta la sua vita, quel giorno non era solo il ginocchio ma anche il datore di lavoro che nell'ultima settimana gli aveva assegnato oltre alla gestione del reparto uomo anche di quello bambino/ragazzo costringendolo, quindi, a camminare di continuo e inoltre quei fastidiosi e ripetuti sei gradini che portavano ai camerini, erano stati gli artefici di un leggero gonfiore serale che aveva cercato di alleviare con numerosi impacchi di ghiaccio una volta rientrato e comunque dopo aver continuato l'immensa opera di pulizia in quel caos terribile che era diventata casa sua".
 

Pensieri luminosi
Poco dopo l'alba, in un mattino carico di nubi, mentre la pioggia scroscia violenta e fa scivolare grosse gocce sui vetri delle finestre e paurosi lampi sono il preludio di un imminente temporale, inizia in perfetto orario una lezione di yoga per alcuni assidui partecipanti e la loro insegnante.
Bastano pochi dettagli per capire che la scrittrice Marzia Pongelli ci introduce in un nuovo modo di vivere e vedere le cose; una filosofia orientale nata in India molto tempo fa che ha l'obbiettivo di aiutare a ritrovare il giusto equilibrio, quella musicale armonia tra corpo, mente e spirito.
Ed è proprio nell'oscillare tra queste tre dimensioni che i personaggi si muovono all'interno delle loro vicende umane e sociali, incamminandosi, pur non conoscendosi, verso una trasformazione, una sublimazione del loro dolore attraverso una seduta di yoga.
Ma per arrivare un quel luogo, che ha il sapore della rivincita, hanno dovuto trovare le forze fin nelle più microscopiche cellule del loro corpo, affrontando innumerevoli paure, pregiudizi; hanno visto il buio baratro, ci sono caduti rovinosamente dentro, si sono fatti molto male. La loro anima non ha subìto solo piccole escoriazioni, ma profonde e dolorose ferite che col tempo, forse, si rimargineranno piano piano. 
Ciò che è importante però nelle vicende di  questi sette protagonisti, donne e uomini, è che ad un certo punto hanno compreso, sollevato il capo e i loro occhi non si sono più rivolti all'indietro, nel passato inconcludente e fatiscente, vuoto di amore, freddo di egoismo, povero di parole porose e amabili, ma in un futuro che non li avrebbe più traditi, perchè a partire da loro stessi hanno deciso di non tradirsi, non tradire il proprio pensiero, la loro voce interiore. Hanno liberato sè stessi come farfalle; hanno aperto le loro mani non più a pugno e poggiato ben i piedi per terra, pronti a ripartire con un nuovo ritmo.
La scrittrice ci apre le porte con pudore e ci accompagna dentro dimore di sconosciuti; quelle case che diventano nido per molti e soffocante prigione per loro. Ma proprio osservando, come dietro una tenda la loro vita, ho imparato a conoscerli, a provare un certo empatico trasporto. Con le loro imperfezioni, difetti, disarmonie, fragilità ad un certo punto si sono rotti. Ho visto i loro cocci sparsi sul pavimento, alcuni più vicini, altri più lontani, qualcuno ridotto in polvere. La fragilità in loro si è dimostrata in tutto il suo effetto disintegrante. La rinuncia ha fatto sentire la sua voce potente. Si sono isolati dal mondo, ma ad un certo punto hanno iniziato a riprendersi i propri cocci, come nel Kintsugi, l'arte giapponese di ripare le cose rotte e trasformarle in bellezza. 
Come qualunque oggetto rotto, spezzato, sbeccato ha una seconda possibilità di essere ricomposto e  riutilizzato attraverso una polvere d'oro o d'argento, acquistando un valore aggiunto di preziosità, così le cicatrici di Ettore, Agata, Margherita e di tutti gli altri protagonisti diventano la testimonianza di quell'unicità che fa di loro esseri umani coraggiosi; hanno riparato loro stessi, non gettando nella spazzatura ciò che erano, ma con quel bagaglio di dolore hanno iniziato un percorso illuminante, resiliente. 
In questo nuovo cammino e con lo sguardo rivolto verso l'orizzonte hanno cercato di resistere con nuova forza alle avversità della vita.
Con un linguaggio raffinato, contemplativo e sensibile la scrittrice ci conduce nei pensieri nuovi di questi piccoli grandi eroi del quotidiano. I loro modi di essere e di agire lentamente ma progressivamente mutano, acquistano una marcia in più, si fanno musica contemplativa per il corpo che l'asseconda. I loro movimenti, man mano che la seduta di yoga prosegue, diventano più fluidi, meno rigidi perchè è il loro modo nuovo di pensare che si è fatto esso stesso plastico, acquista sfumature nuove, non è solo bianco o nero. 
Ecco allora che le loro voci diventano un grido liberatorio: "Non oggi!", e a partire da qui, all'indecisione che blocca, no all'apparenza, no alla sofferenza ingustificabile, sì invece ad una brezza leggera che entra nelle narici in quel gesto di inspirare di questa disciplina che ascolta i silenzi più che le parole, e nell'espirare in cui si butta fuori quell'aria ormai viziata e che non serve più. Dicono sì al ricordare di esistere, di sentire, semplicemente di vivere e così anche il temporale iniziale, si trasformerà poeticamente in una nuova giornata sgombra di nuvole.
Molto interessanti, da parte dell'autrice, le introduzioni di ciascun personaggio che si rifanno ai chackra: punti di intersezione tra i vari canali energetici del nostro corpo. Ogni personaggio ha uno suo specifico chakra che lo caratterizza e proprio a partire da lì iniziamo a conoscerlo.
Lascio a voi scoprire questo modo originalissimo e profondo di narrare e per riscoprire insieme il significato vero dell'esistenza.

 

 
La mia lampada ha illuminato questa frase:
"La sua rivoluzione personale la portò ad affinare, inoltre, la virtù dell'empatia arrivando a comprendere nel profondo le emozioni altrui e, con grande difficoltà e dopo parecchio esercizio, raggiunse il difficile equilibrio tra il provare una stretta connessione con l'altro e l'impedire che le sensazioni di quest'ultimo riuscissero a travolgerla: doveva identificarsi con chi stava davanti a lei ma non confondersi, sovrapponendosi".
 
 
 
Gli oli essenziali consigliati durante la lettura:
tre gocce di lavanda e tre gocce di pompelmo da sciogliere nel bruciatore di essenze con candela neutra bianca, per vivere le suggestioni rilassanti dello yoga e al contempo ritrovare ciò che conta veramente, così come fanno i protagonisti del romanzo.
 
 
 
Un po' di luce sull'autrice    
Marzia Pongelli (30 gennaio 1981) è una scrittrice italiana. Ha studiato Giurisprudenza presso la Sapienza di Roma. Vive nella capitale con il marito, due figli e il suo cane.
 
 

 

INTERVISTA ALL'AUTRICE

Ciao Marzia e benvenuta nel mio spazio letterario. Vuoi parlarci un po' di te? 
Buongiorno Elisabetta e buongiorno a tutti i lettori. Sono una persona che ama profondamente la Natura ritenendola Madre dell'Universo e con essa ho un rapporto viscerale tanto che ho bisogno di viverla profondamente camminando scalza sui prati, respirando l'odore dei fiori piuttosto che riscaldarmi dai raggi del sole e osservare la magnificenza di piante e alberi.
Sono laureata in Giurisprudenza alla Sapienza di Roma ma è una strada che ho percorso per poco tempo non sentendola affatto mia e sono felice di averlo capito presto e di aver avuto il coraggio di non insistere. Poi, quando sono diventata madre, realizzando due volte un grandissimo desiderio e sogno, mi sono dedicata totalmente ai miei figli perchè credo fermamente che ogni bambino abbia il diritto e la necessità di essere amato dai propri genitori e che essi siano presenti nella loro vita.
Amo leggere e scrivere. Scrivo da sempre perchè attraverso la penna, che scorre sul foglio, non solo le parole prendono forma ma anche i miei pensieri e le emozioni ed essendo una persona che vive intensamente ogni sensazione, dando loro un nome e definendole, riesco a gestirle con maggiore facilità e lucidità. Scrivere è un atto catartico.
Pratico yoga da sei anni inizialmente conosciuto come sport, insieme alla mia passione per il nuoto; poi imparando i suoi tanti insegnamenti, cerco di adottarlo anche come stile di vita.
Sono orgogliosa, lunatica, generosa e una gran chiacchierona. Quando amo lo faccio totalmente, ritenendo che laddove c'è amore non esista sacrificio.

Come è stata la genesi del tuo romanzo?
"Non oggi" nasce dal bisogno, diventato poi urgenza, di esprimermi e farmi ascoltare. Definisco questo libro un paniere nel quale ho messo tutti i frutti raccolti durante un percorso su me stessa intrapreso ormai otto anni fa. Ho dato inizialmente al mio intimo senza giudizio; ho quindi attraversato una fase di comprensione nel senso stretto del termine e cioè di "prendere con" e quindi mi sono presa con i miei fallimenti e i miei traguardi, con i difetti e i miei pregi, con le mie debolezze e i miei talenti... Per arrivare, infine, con non poca fatica, all'accettazione di me stessa. E tutto questo è dentro "Non oggi".
 
Nella tua dedica molto sentita si sente il trasporto colmo d'affetto per tuo marito e per i tuoi figli. Cosa rappresenta per te la famiglia?
Mio marito Dario e i miei figli; Carlo e Lorenzo, sono la mia casa, intendendo per "casa" non un luogo fisico ma una sensazione. Quando sto con loro provo una meravigliosa sensazione di completezza e sicurezza. Qualsiasi cosa possa essere successo durante la giornata, nel momento in cui ci ritroviamo tutti e quattro (anzi direi tutti e cinque, considerando anche il nostro adorato cane Miki) a casa magicamente le paure, la rabbia e la stanchezza scompaiono.
La famiglia per me è un porto sicuro dove approdare ogni qual volta se ne abbia voglia e quindi sia dopo una bella navigazione che dopo una tempesta violenta.
Loro sono la parte più bella di me.
 
Nella prefazione autorevole della scrittrice e giornalista Barbara Alberti c'è una vera e propria dichiarazione d'amore all'oggetto libro e alla sua compagnia amichevole. Vale anche per te questa riflessione?
Assolutamente sì. Mi definisco una "divoratrice" di libri di cui tengo un diario con scritto il titolo, l'autore, il numero delle pagine e un personale voto. Nel 2021 ho letto 78 libri. Adoro i classici, in particolar modo quelli dell'Ottocento, ma anche i thriller, soprattutto psicologici.
I libri sono amici fidati a cui puoi rivolgerti in ogni momento e per tutto il tempo che desideri.
Essi ti prendono per mano conducendoti in mondi meravigliosi e alla fine di questi viaggi ti lasciano sempre un insegnamento prezioso.
 
Il tuo scritto ha come filo conduttore il saper rialzarsi, in quella sorta di resilienza che oggi più che mai sentiamo tutti, in qualche modo, di avere. Come ti poni di fronte a questa parola così pregna di significato?
"Resilienza" è la capacità di far fronte in maniera positiva ad eventi traumatici riorganizzandosi, quindi, senza però alienarsi e questo è esattamente il messaggio di "Non oggi".
Ovviamente sposo totalmente questa filosofia e nel tentativo di spiegarlo ai miei figli quando erano piccoli, raccontavo loro la storia di una madre che davanti alle lamentele della figlia sulle difficoltà della vita, la porta in cucina dove riempie tre pentole di acqua ponendole sul fuoco. Quando l'acqua delle tre pentole finalmente bolle, in una mette le carote, in un'altra mette le uova e nell'ultima alcuni chicchi di caffè. Lascia bollire l'acqua senza dire parola. Alla fine prendendo i tre cibi, le spiega che nonostante i tre elementi abbiano affrontato tutti la stessa avversità, cioè l'acqua bollente, essi hanno reagito in maniera completamente diversa: la carota che sembra forte è diventata debole, l'uovo che inizialmente possiede un cuore malleabile e buono di spirito, dopo essere stato nell'acqua bollente, diventa invece duro e rigido, mentre solo il caffè riesce a cambiare l'acqua, l'elemento che gli causa dolore. Ed è proprio quando questa arriva al punto di ebollizione, al massimo della sofferenza inferta, che il caffè raggiunge il suo miglior sapore.
Ecco io credo fermamente che tutti abbiamo dovuto più volte nella vita affrontare l'acqua bollente ma che solo quando si trova il coraggio e la forza di trasformarla si diventa un ottimo caffè.

Come è stato il tuo approccio alla disciplina orientale dello yoga? Quanto è importante nella tua vita e se dovessi definirlo con una parola quale sceglieresti?
Ho approcciato allo yoga per curiosità e dopo poco tempo è diventato presenza necessaria della mia vita. Pratico yoga ogni giorno e sto imparando a portare le sue linee guida anche al di fuori del tappetino. Mi ha insegnato due cose in particolare: l'importanza del perdono non perchè gli altri se lo meritino, quanto perchè chi perdona merita la pace e poi mi ha insegnato il lasciar andare le cose e quanto coraggio e forza si nascondono dietro a questo gesto.
Lo yoga in una sola parola lo definirei "rifugio": per me è un luogo infatti dove poter accedervi ogni qual volta senta la necessità di serenità, di silenzio, di equilibrio e sempre in assenza del peso del giudizio e del senso di colpa.

I personaggi che animano il tuo scritto vivono il proprio dolore profondamente ed interamente sia nel corpo che nello spirito. Può però un dolore trasformarsi in qualcosa d'altro?
Certo! Credo che il dolore abbia esattamente questo scopo.
I personaggi del libro emettono il grido "Non oggi" al dolore che viole schiacciarli costringendoli a fermarsi, ma invece loro riescono a trasformare quello stesso dolore nell'opportunità di raggiungere la loro migliore versione di sè stessi.
Il dolore può aiutarci a migliorare noi stessi.

Le pagine del romanzo rimandano all'idea del coraggio di affrontare l'esistenza. Che significato puoi dare a questo atteggiamento?
Affrontare l'esistenza è esattamente "vivere". Altrimenti ci limiteremo a sopravvivere lasciandoci trasportare inermi dalla corrente della vita senza essere padroni delle nostre scelte.
Vivere intensamente ed affrontare l'esistenza!

L'insegnante di yoga, Margherita, raccoglie più i silenzi e gli sguardi dei suoi partecipanti alla seduta che le loro parole, quasi quelle fossero disturbanti e non necessarie. Quando e quanto secondo te il silenzio è più significativo di tante parole?
Ho imparato che non serve gridare per avere attenzione: le stelle stanno in silenzio eppure c'è chi le guarda per ore.
Credo che il silenzio sia sempre più espressivo delle parole e sicuramente più sincero. Chi è bravo a parlare può fingere e manipolare l'ascoltatore mentre nel silenzio, nello sguardo che due persone si scambiano, lì c'è tutto ciò che si deve dire.
Personalmente ho molti più ricordi legati al silenzio che alle parole, soprattutto con la mia famiglia... come dimenticarmi della bellezza e di tutto quello che rappresentava, lo sguardo silenzioso che io e i miei figli ci siamo scambiati appena sono venuti al mondo? E lo sguardo rivolto a mio marito lungo tutta la navata della chiesa il giorno del mio matrimonio?

I partecipanti alla lezione di yoga, per la maggior parte, hanno avuto un' infanzia difficile e turbolenta. Che ricordi ne hai tu?
Ricordi lucidi della mia infanzia iniziano quando avevo circa otto anni. Ricordo la domenica mattina quando mi svegliavo con mia sorella e le mille storie che inventavamo con le Barbie mentre i nostri genitori riposavano; ricordo le canzoni stonate cantate con mia madre e le sue lunghe e curate mani. Ricordo le battute con mio padre che ancora oggi ripetiamo.
Ricordo però anche un profondo senso di disagio e di rabbia per non riuscire, ma ancora di più, per non poter esprimere chi veramente fossi nascosta dietro al mostro del formalismo. Ricordo la solitudine e l'abbandono; ricordo il dolore di cose viste ma non comprese, la sofferenza di frasi ricevute e, ora lo so, non meritate.
Ricordo il peso della responsabilità.

Essenza ed apparenza nel tuo lavoro oscillano nel brodo di sentimenti complessi. Solitudine e aridità aleggiano nell'aria come coltelli. Amarezza e disillusione procedono spediti ogni giorno. Le tue parole sembrano fotografare, purtroppo, la triste realtà dell'oggi, incapace di ascoltare, empatizzare con l'altro, in una sorta di incoerenza che si ripete all'infinito. C'è un modo, secondo te, di invertire la rotta?
Purtroppo noto accanto a me sempre più aridità. Le persone credono di avere un'esclusività al dolore e che loro sofferenze siano sempre più strazianti. Sì ed egoisti anche nel patimento. Non ci si mette mai dall'altra parte, non si tenta mai di comprendere l'altro sempre pronti invece al giudizio e alla critica.
Lo yoga mi ha insegnato a stare bene com me stessa raggiungendo così l'armonia con l'Universo intero. Se si sta sereni non c'è bisogno di giudicare ed invidiare l'altro; quando ci si sente realizzati non importano i titoli professionali, i vestiti firmati e i gioielli...
Forse si potrebbe cambiare rotta raggiungendo proprio questa pace interna che ci permetterebbe di guardare l'altro come un essere dal quale imparare e comunque sempre come un qualcosa che faccia parte di quel Tutto a cui noi stessi apparteniamo.
Sono convinta che se si raggiungesse un'accettazione personale e uno stato quindi di serenità, diventeremo persone migliori e riusciremo a contagiare con il nostro cuore sorridente chiunque incontreremmo nel nostro cammino.

Hai altri progetti in cantiere?
Sì tanti! La vita deve essere un continuo avere progetti in cantiere dando però spazio anche alle pause; è importante fermarsi e trovare la gioia nello stare. Poter godere appieno del precedente lavoro e saziarsi con i risultati raggiunti e poter al contempo ritrovare le energie per affrontare il successivo progetto.
Nell'ambito della scrittura ho già buttato le basi per un secondo romanzo, anch'esso psicologico.
 

Grazie Marzia di cuore per aver condiviso le tue sensazioni  ed emozioni e a risentirci magari con i tuoi prossimi progetti!
 
 
 
 
 
La scrittrice Marzia Pongelli

 
 Per l'acquisto del libro
 
 

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