Il Timone editore, 2024, pagg. 188. Incipit "Se l'era cercata. Diana correva al buio pensando ai commenti sul suo necrologio. Non staccava gli occhi dall'unica luce davanti a sé. Aperti h24, un'insegna così anonima di giorno. Arrivarci, presto. Sentiva ancora addosso il fiato di alcol e sudore. Una voce roca era rigurgitata fuori da un angolo della strada. Un'ombra viva, arrabbiata o isterica si era sollevata da terra spalancando le braccia verso di lei. Un forte colpo a terra e una risata cavernosa. La stava rincorrendo? O era rimasto in quel cantuccio nero di marciapiede?". Pensieri luminosi Nel vocabolario la parola "troppo" è sia un avverbio che un aggettivo e in entrambi i casi la definiscono come una quantità eccessiva, qualcosa più del dovuto, più del giusto. In definitiva sia che lo si qualifichi come avverbio o aggettivo, "troppo" ha un connotazione negativa e lo si può affiancare allo spreco come quello alimentare; o...
Titolo originale: "Hugo and Rose".
Traduzione dall'inglese di Nello Giugliano.
Casa editrice e/o, 2015, pagg. 330.
Incipit
"Chiedetelo ai suoi ragazzi, e loro vi diranno che, per Rose, c'era stato sempre e solo Hugo.
Ma questo non è del tutto vero. Quando incontrò Hugo per la prima volta Rose aveva sei anni. Prima c'era stata una discesa desertica di sogni e incubi dimenticati, popolata dalle normali angosce dell'infanzia: mostri fatti di panni sporchi; principi, bei vestiti e piccoli pony rosa; i bambini del quartiere, sozzi e cattivi.
Prima che arrivasse Hugo, Rose sognava come qualsiasi altra bambina, le manine chiuse a pugno, il volto sereno a forma di cuore, il calmo salire e scendere dei piccoli polmoni sotto il groviglio delle lenzuola".
Pensieri luminosi
Questa vicenda, ambientata nella contemporaneità, mi ha risucchiato come un vortice nella tempesta, proiettandomi nel futuro, al contempo rispedendomi nel passato, vivendo un presente sospeso.
Rose, casalinga americana, moglie devota di un bravo chirurgo è anche madre di tre magnifici bambini. A volte, nella sua vita senza troppi avvenimenti degni di nota, si sente trascurata dal marito, e in qualche modo incompresa nel suo ruolo di madre da parte dei figli, che danno sempre per certa e scontata la sua presenza amorevole e piena di attenzioni.
La trama all'inizio sembra avere i connotati di un romanzo semplicistico, con quel sentimentalismo un po' pietoso per una donna frustrata alla "desperate housewives".
Lo scarto però netto avviene lentamente, mostrando un risvolto intimistico, simbolico, profondissimo.
C'è da ricordare che Rose, all'età di sei anni ha subito un trauma e da allora sogna ogni notte di essere su un'isola fantastica, con la sabbia rosa, che fa rimbalzare ad ogni piè sospinto, il cielo velato da qualche nuvola innocua, abitata da strane creature, ma soprattutto condivide la sua esperienza onirica con Hugo, quasi un suo coetaneo, bello, coraggioso, con gli occhi nocciola e il corpo che profuma di caramello.
Insieme per anni nei loro sogni cercheranno di varcare la Città Castello, un luogo inarrivabile che nasconde qualcosa che devono ancora scoprire.
L'esistenza di Rose prosegue sotto questo dualismo tra realtà e sogno e anzi ogni notte non vede l'ora di andare a dormire e sognare quella sè snella e non più sciatta, agile e non più imbonsita dai chili di troppo, con i capelli lisci e lucidi, non più grassi e sporchi.
Nel sogno c'è quindi la proiezione di un io bello, gradevole e questo a lei piace molto.
Un giorno qualunque, in un fast food con suo grande stupore e sconcerto le sembra di ravvisare, nel volto del cassiere, lo sguardo familiare di Hugo, ormai cresciuto.
Ecco che il piano di realtà e di sogno si sovrappongono, in un presente che destabilizza. Allora la trama si fa cupa, buia, gotica e grottesca. Nascono immagini, sensazioni intrise di terrore, fosche allucinazioni, ma anche rivelatrici di segreti inquetanti. L'isola color pastello diventa teatro di sfaldamento.
I sogni di Rose diventano ossessivi, dolorosi; la polvere sognante appare e scompare, si fa realtà per poi rintanarsi in angoli nascosti della mente.
Il materiale narrativo della scrittrice sembra ricordarci che i sogni a volte sono il desiderio di scappare dalla realtà, vivere nell'illusione sognante una vita che non fa crescere, progredire; piccoli Peter Pan con la sindrome medesima, impauriti, che rimandano scelte e decisioni.
In quell'isola Rose è solo Rose senza obblighi, responsabilità, figli, marito; il suo nome petaloso e profumato, femminile accanto al suo amico Hugo che conosce così bene, anzi troppo bene...
Ma qualcosa ad un certo punto si rompe; il linguaggio stesso e l'utilizzo delle parole per narrare i fatti dapprima carezzevoli e dolci, si fanno più gravi, violente, dure, intransigenti.
Le piccole delizie quotidiane, le manine paffute della tua bambina che ti accarezza la guancia, i disegni dei tuoi figli appesi al frigo, le preoccupazioni e i compiti, lo sguardo innamorato di tuo marito complice e amorevole, quella è la vita da sogno, la realtà felice di cui si ha bisogno; imparare ad apprezzarlo ci rende consapevoli.
E così anche una bicicletta nuova non fa più paura, ma è un nuovo modo di camminare nel mondo reale, nella vita vera.
"Nessuno le aveva chiesto se voleva un passaggio. Le avevano dato il tormento, sì. Insistendo perchè partecipasse...
Buon Dio, non voleva stare lì.
Non voleva essere la donna che quelle madri credevano fosse. Non voleva passare una serata intera cercando di pensare a cosa dire. Non voglio essere chi sono quando sono veramente me stessa".
L'autrice americana è cresciuta a Denver, in Colorado, e si è laureata in scrittura teatrale alla New York University.
Scrive sceneggiature per il teatro e la televisione. Hugo e Rose è il suo primo romanzo.
Bibliografia essenziale
- "Just get home" (2021), non ancora tradotto in italiano.
La scrittrice Bridget Foley
Per l'acquisto del libro
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