Titolo originale: "Mishalà ahat yemina".
Casa editrice Neri Pozza BEAT, 2010, pagg. 351.
Traduzione dall'ebraico di Ofra Bannet e Raffaella Scardi.
Incipit
" É stata un'idea di Amichai. Aveva sempre idee del genere, anche se ufficialmente fra noi il creativo era Ofir. Ofir però sprecava tutta la sua inventiva nelle agenzie di pubblicità, per vendere banche e patatine, perciò quando la compagnia si riuniva ne approfittava per essere banale; spesso taceva, parlava poco, con le parole semplici che ancora si usano a Haifa. Ogni tanto, se aveva alzato un po' il gomito, ci abbracciava tutti e diceva: che fortuna esserci l'uno per l'altro, non vi rendete conto di che fortuna abbiamo. Amichai, invece, vendeva abbonamenti per Buon Cuore, un servizio medico speciale per cardiopatici, e malgrado di tanto in tanto riuscisse a carpire una storia straordinaria da un cliente, di solito un superstite della Shoah, certo non si poteva dire che il lavoro gli riservasse grandi emozioni".
Pensieri luminosi
In questo romanzo ci troviamo a Tel Aviv, in Israele nel 1998, all'interno di una abitazione. Quattro amici (Amichai, Ofir, Yoav e Yuval detto Churcill) sono davanti ad un televisore in trepidante attesa del fischio d'inizio della finale dei Mondiali di calcio tra Francia e Brasile.
Questa scena d'apertura è stata molto evocativa per me, perchè mi ha permesso di fare memoria, ricordare quel giorno e quell'anno correlato alla mia vita, a quanti anni avevo, dov'ero. In questo modo la memoria individuale diventa anche memoria collettiva, perchè probalmente molti altri lettori oltre a me avranno fatto la stessa associazione di idee leggendo il libro. Così, grazie ad un incontro calcistico, scorrono alcuni eventi della propria vita e ci si ritrova a riflettere sulle scelte fatte, sulle decisioni prese. I ricordi affiorano dal nostro passato; ciò che siamo stati e non dimentiamo e ciò che saremo e vogliamo essere, i nostri progetti e i bilanci di ieri.
In un contesto progettuale cercano di discutere anche gli amici di questo romanzo. Infatti prendono la solenne decisione di fare un gesto simbolico e importante: scrivere su un foglio tre desideri che vorrebbe realizzati nel proprio futuro. Questi documenti segreti vengono poi custoditi in una scatola e solennemente giurano di aprirla quattro anni più tardi, ai mondiali del 2002.
Da quella promessa si dipanano le storie personali che diventano corali e che coinvolgono le loro dinamiche sentimentali, relazionali, lavorative e affettive.
Leggendo questo romanzo ho sentito l'esigenza di pensare al popolo di noi lettori; un insieme eterogeneo di persone che, seppur non legate da una conoscenza profonda hanno in comune l'amico libro e, più in generale, apprezzano la lettura. Leggere un romanzo ad esempio, ci pone in una condizione favorevole di realizzare un proprio, piccolo grande sogno: entrare nelle pagine, assaporare la trama, visualizzare la storia, essere coinvolti dal carattere dei personaggi di quella vicenda che avevamo desiderio di conoscere e magari lasciare qualche commento o riflessione su qualche gruppo di lettura o come sto facendo io sul mio blog, per dare l'opportunità a qualche altro lettore di affrontare la stessa lettura, perchè sente che quel libro può fare al caso suo, ne ha bisogno in quel particolare momento della sua vita. Una storia magicamente diventa desiderio simmetrico per qualcuno, che lo diventa anche per qualcun altro e così via.
Questo romanzo infatti racchiude una miriade di sensazioni che vanno dalla gioia alla tristezza, è giocoso e dolente al contempo, intenso e semplice, profondo e leggero.
Nevo ha scavato nella profondità dell'animo umano e ne ha raccolto frutti meravigliosi, rapporti amicali basati sul rispetto, la fiducia, la disponibilità, la conciliazione, un essere, rubando la frase a Dumas e ai suoi moschettieri, "tutti per uno e uno per tutti".
La favolosa amicizia di questi quattro amici è un legame che, seppur in qualche occasione è scalfito, non viene distrutto; si piega ma non si spezza, nonostante la rabbia e il risentimento.
Un legame indistruttibile perchè questo legame si proietta anche in un luogo, Israele, difficile, pericoloso in cui loro sono immersi e hanno partecipato ad un pezzetto della sua storia. L'Intifada è lì che bussa nei loro ricordi, ma non diventa sfondo politico; al contrario si trasforma in emotività, doloroso sentire.
Tra questo dramma e i luoghi del cuore si innalza nuovamente la loro granitica amicizia, forte più dell'incertezza, dell'instabilità, della guerra. Essi affrontano il quotidiano con la purezza dei sentimenti, non chiedendo nulla in cambio l'uno dell'altro se non di essere presente quando c'è bisogno e non c'è spazio o tempo in cui ognuno non possa rasserenare le turbolenze del cuore.
Lascio a voi scoprire quali.
La mia lampada ha illuminato questa frase: "C'era rimasta solo una linea da tracciare. Da disegnare. Solo una linea separava noi quattro da una situazione meravigliosamente simmetrica, quasi Bahà'ì, in cui nessuno di noi aveva realizzato il proprio desiderio degli scorsi Mondiali, ma ciascuno si era spostato a realizzare il desiderio più a destra, il desiderio del suo amico".
Un po' di luce sull'autore Eshkol Nevo (Gerusalemme, 28 febbraio 1971) è un autore israeliano, sposato e padre di tre figlie. Figlio di due docenti universitari, riceve un'educazione laica, in cui l'ebraismo è un "non problema". Lavora come docente di scrittura creativa all'Università di Tel Aviv e partecipa a vari incontri e festival letterari in Europa.
Bibliografia essenziale
- "Nostalgia" (2004);
- "Neuland" (2011);
- "Soli e perduti" (2013);
- Tre piani" (2015) da cui Nanni Moretti ha realizzato un film presentato al Festival di Cannes nel 2021.
Lo scrittore Eshkol Nevo
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