Passa ai contenuti principali

"Prima che sia troppo amarti" di Annalisa Teggi

    Il Timone editore, 2024, pagg. 188.   Incipit "Se l'era cercata. Diana correva al buio pensando ai commenti sul suo necrologio. Non staccava gli occhi dall'unica luce davanti a sé. Aperti h24, un'insegna così anonima di giorno. Arrivarci, presto. Sentiva ancora addosso il fiato di alcol e sudore. Una voce roca era rigurgitata fuori da un angolo della strada. Un'ombra viva, arrabbiata o isterica si era sollevata da terra spalancando le braccia verso di lei. Un forte colpo a terra e una risata cavernosa. La stava rincorrendo?  O era rimasto in quel cantuccio nero di marciapiede?".   Pensieri luminosi Nel vocabolario   la parola "troppo" è sia un avverbio che un aggettivo e in entrambi i casi la definiscono come una quantità eccessiva, qualcosa più  del dovuto, più del giusto.  In definitiva sia che lo si qualifichi come avverbio o aggettivo, "troppo" ha un connotazione negativa e lo si può affiancare allo spreco come quello alimentare; o...

"Vera" di Elizabeth von Arnim

 
 
 
Titolo originale: "Vera".
 
Traduzione dall'inglese di Mia Peluso.
 
Casa editrice Tea, 2010, pagg. 242.
 
 
Incipit
 
"Quando il medico se ne fu andato e furono salite le due donne del villaggio ch'egli si era fermato ad aspettare perchè si prendessero cura del corpo di suo padre, Lucy uscì in giardino e si appoggiò al cancello per guardare il mare.
Suo padre era morto quel mattino alle nove in punto e adesso era mezzogiorno. Il sole le batteva sul capo nudo. L'erba bruciata in cima alla scogliera e la strada polverosa oltre il cancello e la distesa luccicante del mare e le scarse nuvole bianche sospese nel cielo, tutto divampava e splendeva in un eccesso di silenziosa, immota luce rovente".
 
 
Pensieri luminosi
 
In questo romanzo ci troviamo in Cornovaglia nel 1920. 
Lucy, ingenua ragazza ventenne, è colta nel suo profondo dolore per la morte del tanto amato padre, con il quale, da quando era nata, aveva condiviso la semplice quotidianità come il leggere o il conversare.
Avvolta così nella sua disarmante fragilità emotiva, incontra sulla scogliera un uomo del doppio dei suoi anni, un certo Everard Wemyss.
Per Lucy quella figura che si staglia all'orizzonte avvolta dalla luce del sole, appare come qualcosa di miracoloso; una benedizione del cielo che può alleviare il suo dolore. 
Si presenta come un uomo sicuro di sè, paziente, premuroso, sensibile e, con una scaltrezza sorprendente, si insinua nella vita di Lucy. Il matrimonio diventa quasi immediato.
La lettura di questo romanzo mi ha suscitato sin dalle prime pagine un senso di allarme, di pericolo imminente.
Con penna sicura e sguardo impietoso la scrittrice ha tracciato una storia d'amore che ha i connotati della passione perversa, dell'autoritarismo sentimentale, dell'egoismo affettivo, dell'imporre dell'esigere.
La coppia, dopo il matrimonio, si sposta in una residenza che trasmette un senso di angoscia, inquetudine. Le stanze, descritte in modo particolareggiato, trasmettono fame d'aria; sembra infatti che manchi l'ossigeno ogni volta che ci si muove in quell'interno.
Questo marito di cui Lucy sa così poco, lentamente e progressivamente acquista spessore nella personalità all'interno della vicenda stessa, mentre al contrario Lucy, che all'inizio della storia era il personaggio che più si conosceva, si fa sempre più piccolo, fino a quasi scomparire, spegnersi. Quell'uomo incombe su di lei con forza, con determinazione e sembra succhiarne la sua linfa vitale.
La scrittrice con un linguaggio semplice ma tagliente, non privo del senso del macabro e del sarcasmo, tratteggia una situazione al limite del sopportabile, descrivendo una mente disturbata e disturbante, ossessiva, possessiva; ci porta nei labirinti distorti della mente caratterizzata da potere, da violenza psicologica. 
Lucy, quasi senza accorgersene, diventa nei pensieri, nei modi di essere e di fare ciò che Everard desidera. Non sa più cosa è giusto o sbagliato, perchè è lui che detta il ritmo dei suoi pensieri e delle sue azioni.
Deve subire senza quasi fiatare di fronte a certi comportamenti strani del marito, ad alcuni vizi pericolosi quanto violenti, a patetici e vuoti rituali, manie sconclusionate, per compiacere la sua sete egoistica di amore; in un gioco al massacro innesca in lei dei sensi di colpa che la lasciano allibita e senza parole. 
Ma ancora più inquietante in questa storia è la presenza-assenza di Vera, prima moglie di Everard, morta proprio nella casa dove abita la coppia, in circostanze alquanto misteriose.
La sua presenza però è vibrante; sembra esserci anche lei nella stessa camera da letto, in quelle riviste lasciate su un tavolino, in un quadro del salotto in cui lei sembra sorridere beffardamente alla povera Lucy. Vera, un nome di donna che è anche un aggettivo che qualifica appunto qualcosa che vive, ossessivamente presente più che mai, seppur assente. Sta proprio in questo dualismo, in un gioco di sottigliezze magnifico che la scrittrice crea una suspense progressiva, uno stordimento, un senso di inadueguatezza con cui cerca di confrontarsi la zia di Lucy, amorevole presenza che comprende lentamente la vera natura di quell'uomo. Riuscirà a salvare il destino di Lucy?
Lascio a voi scoprirlo, non prima di ricordare che questa vicenda, fosca e crudele, si può drammmaticamente sovrapporre a vicende che accadono purtroppo di frequente ai giorni nostri, dove la violenza psicologica nei confronti dei più deboli non lascia, molto spesso, scampo.


La mia lampada ha illuminato questa frase: 
"Lucy scoprì che il matrimonio era diverso da come l'aveva immaginato. Anche Everard era diverso. Tutto era diverso". 
 
 
 
Un po' di luce sull'autrice
Elizabeth von Arnim, pseudonimo di Mary Annette Beauchamp (Kiribilli Point, 31 agosto 1866 - Charleston, 9 febbraio 1941) è stata una romanziera inglese nata in Australia. Nacque da una famiglia della borghesia coloniale inglese di Sidney. La sua carriera di scrittrice iniziò nel 1899 con la pubblicazione de "Il giardino di Elizabeth". Il romanzo ebbe un immediato successo e fu ristampato più volte. Trascorse gli ultimi anni della sua vita in europa tra la Svizzera e la Costa Azzurra. Nel 1936 pubblicò la sua autobiografia e, allo scoppio della seconda guerra mondiale si trasferì definitivamente negli Stati Uniti.


Biografia essenziale
- "Il giardino di Elizabeth" (1899);
- "La storia di Christine" (1917);
- "Uno chalet tutto per me" (1920);
- "Un incantevole aprile" (1923);
- "La fattoria dei gelsomini" (1934);
- "Mr Skeffington" (1940) da cui è stato tratto un film del 1944 di Vincent Sherman.


 
La scrittrice Elizabeth von Arnim


Per l'acquisto del libro
 
 
 


 

 
 
 
 
 
 
 
 

Commenti

Post popolari in questo blog

"Il giardino dei gelsomini" di Nadia Mari

  IP Independently published, 2024, pagg. 353   Incipit "Nel tranquillo villaggio di Ca' di Verdalba, adagiato su morbide colline, Nadine, una donna non più giovanissima ma con un fascino non ancora sfiorito, si svegliava ogni mattina con un senso di vuoto interiore. Le cicatrici del passato, invisibili agli occhi ma ben radicate nel suo essere, tingevano la sua esistenza di una sottile malinconia. Nonostante vivesse in un ambiente idilliaco, sentiva che la sua vita si stava consumando in una sorta di routine priva di colore e di passione. Le giornate si susseguivano in un perpetuo rincorrersi di gesti, imprigionandola in un mondo grigio e monocromatico, in cui ogni momento sembrava la replica del precedente. Eppure, nel profondo del cuore, avvertiva un richiamo, un'eco lontana che le sussurrava dell'esistenza di qualcosa di più grande, oltre i confini della sua routine quotidiana".   Pensieri luminosi   Avete mai intrapreso un viaggio dentro a voi stessi in alcun...

"Prima che sia troppo amarti" di Annalisa Teggi

    Il Timone editore, 2024, pagg. 188.   Incipit "Se l'era cercata. Diana correva al buio pensando ai commenti sul suo necrologio. Non staccava gli occhi dall'unica luce davanti a sé. Aperti h24, un'insegna così anonima di giorno. Arrivarci, presto. Sentiva ancora addosso il fiato di alcol e sudore. Una voce roca era rigurgitata fuori da un angolo della strada. Un'ombra viva, arrabbiata o isterica si era sollevata da terra spalancando le braccia verso di lei. Un forte colpo a terra e una risata cavernosa. La stava rincorrendo?  O era rimasto in quel cantuccio nero di marciapiede?".   Pensieri luminosi Nel vocabolario   la parola "troppo" è sia un avverbio che un aggettivo e in entrambi i casi la definiscono come una quantità eccessiva, qualcosa più  del dovuto, più del giusto.  In definitiva sia che lo si qualifichi come avverbio o aggettivo, "troppo" ha un connotazione negativa e lo si può affiancare allo spreco come quello alimentare; o...

"Tutto può succedere" di Francesca Ziliotto

  Capponi editore, 2024, pagg. 152.   Incipit "Teresa Cortese era in piedi davanti al tavolino del suo salotto, vestita di tutto punto, come si fosse preparata per uscire da un momento all'altro. Aveva appena preso dalla madia antica, regalo di sua nonna, il vaso di cristallo che teneva sempre a portata di mano, il suo preferito, e lo aveva riempito di acqua fresca. All'interno vi sistemò un mazzo di calle bianche freschissime, ancora con il loro pistillo giallo racchiuso dentro il bocciolo. Quanta eleganza in quel fiore, così come elegante era lei". Pensieri luminosi Ricordate il detto "l'unione fa la forza?" Si dice che i proverbi e i detti popolari siano fonte di saggezza, perché nel tempo hanno trasportato insegnamenti degni di nota. Mi voglio soffermare appunto su sopracitato detto perché mi permette di riflettere sul nuovo libro scritto da Francesca  Ziliotto "Tutto può  succedere".  Sì, perché "l'unione fa la forza" calza p...