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"Prima che sia troppo amarti" di Annalisa Teggi

    Il Timone editore, 2024, pagg. 188.   Incipit "Se l'era cercata. Diana correva al buio pensando ai commenti sul suo necrologio. Non staccava gli occhi dall'unica luce davanti a sé. Aperti h24, un'insegna così anonima di giorno. Arrivarci, presto. Sentiva ancora addosso il fiato di alcol e sudore. Una voce roca era rigurgitata fuori da un angolo della strada. Un'ombra viva, arrabbiata o isterica si era sollevata da terra spalancando le braccia verso di lei. Un forte colpo a terra e una risata cavernosa. La stava rincorrendo?  O era rimasto in quel cantuccio nero di marciapiede?".   Pensieri luminosi Nel vocabolario   la parola "troppo" è sia un avverbio che un aggettivo e in entrambi i casi la definiscono come una quantità eccessiva, qualcosa più  del dovuto, più del giusto.  In definitiva sia che lo si qualifichi come avverbio o aggettivo, "troppo" ha un connotazione negativa e lo si può affiancare allo spreco come quello alimentare; o...

"Jane Eyre" di Charlotte Bronte

 
 
Titolo originale "Jane Eyre".

Traduzione dall'inglese di Luisa Reali.

Casa editrice Mondadori 1996, pagg. 543.

Traduzione dall'inglese di Lia Spaventa Filippi.
Newton Compton editore, su licenza per Storie senza tempo 2020, pagg. 403. 


Incipit

" Impossibile fare una passeggiata quel giorno. La mattina avevamo vagabondato per un'ora nel boschetto spoglio, ma dopo pranzo (la signora Reed, quando non aveva ospiti, pranzava presto) il freddo vento invernale aveva ammassato nuvole così cupe, e cadeva una pioggia così intensa, che di uscire non era neppure il caso di parlare.
A me faceva piacere. Non ho mai amato le passeggiate lunghe, specialmente nei pomeriggi rigidi. Era terribile per me tornare a casa nel crepuscolo grigio, con le dita delle mani e dei piedi gelate, il cuore rattristato dai rimproveri di Bessie, la bambinaia, avvilito dalla consapevolezza della mia inferiorità fisica di fronte a Eliza, John e Georgiana Reed".
 
 
Pensieri luminosi
 
In questo romanzo (di cui ho due edizioni) ci troviamo in Gran Bretagna, in particolare nello Yorkshire, a metà Ottocento. 
La vicenda prende inizio in una dimora in cui dentro si vive un dramma infantile. Jane Eyre, rimasta senza padre e madre, viene continuamente derisa pesantemente dai suoi cuginetti crudeli e freddamente educata da sua zia, che vede in questa nipote qualcosa di diabolico, cattivo. Jane è una bambina odiosa, maleducata che solo attraverso regole ferree può cambiare la sua natura. Così la piccola è mandata in orfanotrofio; un luogo tetro, gelido, povero, malato che odora di morte e dove l'educazione delle bambine è  sottoposta ad imposizioni severe e la disobbedienza  perseguita con punizioni micidiali e dolorose.
Ma ad un certo punto della vicenda per Jane inizia un nuovo capitolo della sua vita. Lascia quel luogo malsano ed intraprende quello che potremmo chiamare il suo primo viaggio, quello nel mondo.
Arriva in un castello antico, immerso nella verde campagna inglese per svolgere il ruolo di istitutrice ad una bambina, figlia del possidente misterioso di quella tenuta.
Ecco allora che subito si affacciano le atmosfere gotiche che plasmano il romanzo: il castello è tetro, uccelli neri simili a corvi e cornacchie gracchiano sinistramente tra le torri merlate e nella notte si sentono rumori sinistri tra le stanze, porte che cigolano, sussurri e grida agghiaccianti nel buio della notte, presenze simili a fantasmi.
In questo luogo dal profilo pauroso Jane scopre un po' alla volta il sentimento amoroso, un legame che come un laccio tiene stretto lei e Mr Rochester.
Ma accade qualcosa di tremendo, destinato a cambiare drasticamente il corso gli eventi.
Allora Jane intraprende un secondo viaggio, quello in sè stessa.
Vaga senza meta nella brughiera ventosa, fredda, desolata e solitaria per diverso tempo e in quei giorni, febbricitante, ha strane visioni, sente delle voci, subisce delle allucinazioni, ma per fortuna qualcuno accorre in suo aiuto e scoprirà qualcosa di stupefacente.
Trascorsi alcuni mesi ripensa al suo passato; è come una sirena che la chiama.
Per la terza volta intraprende un cammino, quello dell'amore.
Questo romanzo senza tempo, si può intrepretare su diversi piani di lettura. 
C'è in primo piano la storia d'amore tra Jane e Mr Rochester, che ha già nel suo primo incontro qualcosa di magico, come un incantesimo fatato che li ipnotizza entrambi e il "fallen in love", letteralmente cadere in amore in inglese (innamorarsi in italiano), calza quanto mai a pennello in questo caso. 
Mr Rochester rimane stordito, folgorato da questa giovane ragazza minuta, apparentemente insignificante, ma avvolta da un fascino luminoso che si irradia dai suoi occhi espressivi e dal suo carattere indomito, maledettamente sincero e così sensibile. 
Lei apprezza in lui l'averla trattata come una sua pari; mai nessuno l'aveva fatto prima: chiede a lei consigli, opinioni, ascolta le sue considerazioni, definendola come essere umano pensante. 
I suoi viaggi sono come simboli di purificazione, che le permettono di ripartire con nuove prerogative e obbiettivi.
Jane Eyre è ricca di sfumature, profonda come il mare, leggera come una piuma nell'aria; è una donna di vibranti emozioni, desiderosa di indipendenza; un primo esempio di donna femminista che lotta per la sua dignità, per la sua autonomia, ma che sa comprendere l'amore puro, costruttivo, tra due persone.
Lei è come la natura selvaggia e prorompente descritta nel romanzo; lei e la brughiera sembrano diventare un tutt'uno: Jane è la brughiera, la brughiera è lei. Ma è anche come la vita serena trascorsa fra le finestre di un grande salone silenzioso e tranquillo.
Jane è l'insieme di fuoco, che diventa veramente rivelatore, e di pioggia leggera.
Charlotte Bronte ha fatto di Jane (suo alter ego), un personaggio vibrante, insolito e ha incastonato in lei la sua anima, impavida e indimenticabile.


La mia lampada ha illuminato questa frase:
"Non posso vedere, ma bisogna che senta, altrimenti il mio cuore cesserà di battere, la testa mi scoppierà. Chiunque tu sia, lascia che ti tocchi, o morrò!"
 
 
 
Un po' di luce sull'autrice
Charlotte Bronte (Thorton, Regno Unito, 21 aprile 1816 - Haworth, Regno Unito 31 marzo 1855) è stata una scrittrice britannica. Figlia di un pastore protestante, divenne istitutrice presso alcune famiglie benestanti, senza mai trovare una posizione soddisfacente. Con il fratello Branwell, le sorelle Emily e Anne, iniziò un gioco letterario, creando avventure fantastiche e trascritte da loro stessi su minuscoli pezzetti di carta cuciti a mano, realizzando così dei piccoli libri. Nel 1842 con la sorella Emily si recò a Bruxelles per studiare il francese e si innamorò del suo professore, ma il sentimento non fu corrisposto.
Tornata in Inghilterra, nel 1855 cullò il progetto di scrivere.
Una serie di lutti segnarono la sua breve vita, con la dipartita del fratello e successivamente delle due sorelle Emily e poi Anne.
 
 
Bibliografia essenziale 
- "Shirley" (1849);
- "Villette" (1853);
- "Il professore" (1857) postumo. 


 
La scrittrice Charlotte Bronte
 

 Per l'acquisto del libro


 

Commenti

  1. Bellissima recensione , ho letto questo libro qualche anno fa senza grandi aspettative . Al di là della storia d’amore ho pensato che pur essendo stato scritto a metà 800 , fosse un libro molto moderno , avanti nel tempo . Incredibile che una donna abbia potuto esprimersi in quel modo affermando la propria identità e affermando il desiderio di gestire la propria vita .
    Uno dei miei libri preferiti

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