LuoghInteriori editore, 2023, pagg. 216. Incipit "Sono inginocchiato nel sedile posteriore della Fiat 1100 color verde oliva di papà. Mia sorella Olga si è sistemata al mio fianco nella stessa posizione. Attraverso il finestrino guardiamo l'ingresso del civico 9 di viale Monza. Mamma si è fermata a parlare con le cornacchie allineate davanti al portone d'ingresso. Stringe mani, abbraccia, si asciuga le lacrime. É un addio, il mio primo addio. Non so bene cosa sia. Papà mi ha spiegato che è un saluto che fai quando poi non ti ti vedi più per tanto tempo. Mi farà male, ne sono sicuro. A me fa già male il ciao che dico a Dante la sera. Sembra far male anche a mia sorella: ha il labbro inferiore che tremola come un budino alla fragola. Se piange lei - lei che non piange mai - io piangerò almeno il doppio. L'addio mi riempie di vuoto, mi strige la gola con un nodo". Pensieri luminosi Vi è mai capitato di ascoltare una canzone e fra un ritmo e l'altro la mente ap
Robin Edizioni, 2023, pagg. 333.
Incipit
"Ma come comincia?"
"Sempre da un punto in apparenza sbagliato.
Comincia dove non lo diresti mai, eppure è così che succede, e il niente che vedevi si tramuta, diventa la vera strada, quella che salva, che cambia, che lascia crescere".
"Me la racconti ancora una volta?"
"Quale scegli? Quella delle monachine, del fiume, del cielo che non aspetta? O invece l'altra, con la luna, il bacio..."
"Impossibile decidere, le conosco tutte, ed è come se non ne sapessi nessuna".
"É questo l'incanto, così le vite si tramutano, diventano fiabe, e poi narrano e narrano, di ogni cosa accaduta, e cancellata".
"Ma allora sono vere?"
"Vere in quell'assoluto del tempo. Vere, purchè non si creda mai alla verità".
Pensieri luminosi
Il romanzo di Silvia Andreoli "Raccontami il mondo che vuoi" narra la vicenda della piccola Maria Sole, della sua evoluzione e crescita personale parallelamente al dispiegarsi di una vicenda dai contorni misteriosi e gotici.
La narrazione si sviluppa come una moderna fiaba e, come tutte le fiabe, porta con sè degli insegnamenti per la vita.
Il percorso della protagonista è stato complesso, difficilissimo, doloroso ma al contempo necessario per comprendere e definire con chiarezza vari aspetti dell'esistenza umana in generale come il bene contrapposto al male, la gioia e il dolore, il timore e l'amore, la fortuna o la cattiva sorte, la vita e, specularmente, la morte.
Maria Sole ha intrapreso un cammmino irto, impervio, in cui le emozioni interiori hanno gridato tutto il loro dolore e l'hanno portata, nonostante tutto, ad un nuovo inizio di consapevolezza.
Ed è stato attraverso uno degli aspetti più crudeli della vita che la bimba dallo sguardo angelico ha dovuto fare i conti: il rifiuto di lei da parte della madre, in quel vortice di mostri e deformanti pensieri che la rendevano instabile mentalmente.
Ha sperimentato così un tristissimo distacco che ha segnato i primi anni della sua vita.
Ma attraverso questo evento profondamente turbante la giovane protagonista inizierà lentamente a "problematizzare" la sua esistenza, a porsi al centro come essere umano nel mondo; si instilleranno in lei, quasi in maniera inconsapevole, valori che scenderanno nella sua anima dolente ma comunque disposta ad abbracciarli attraverso una speciale sensibilità ed empatia, che dovrà mettere alla prova quando entrerà nel misterioso e infernale Palazzo Artenghi presso le Sorelle della Consolazione.
Questo luogo, il posto delle streghe vestite da carità cristiana, ha qualcosa di aberrante e tiene legato a doppio filo Maria Sole e altre bambine come lei che qui sono costrette a vivere, o meglio a sopravvivere, in una sorta di ricatto esistenziale e compiere furti nelle abitazioni ricche della città sul fiume.
Si fa strada così una storia nera, con zone d'ombra e qualche piccolo squarcio di luce, in cui i cattivi sono ormai persi nella loro inguaribile sete di vendetta e i buoni sono alla ricerca di giustizia, di coraggio per affrontare il domani, di spezzare le catene e sfuggire da un destino ormai segnato.
Con una penna acuta, sensibilissima, potica e al contempo realista la scrittrice ci conduce nella vita di altre vite che si intersecano a quella di Maria Sole che con quel suo secondo nome sembra avere in mano una lanterna, che desidera fortemente fare chiarezza nel buio della mente e così facendo rischiara il percorso di altri personaggi, in una sorta di salvataggio rappresentato dalla figura di un giornalista che vuole far luce su cosa è accaduto a Palazzo Artenghi in una notte apparentemente come tante altre e di un giovane ragazzo inamorato.
L'autrice ci conduce nella trama alternando il piano di realtà e il piano di fantasia, in cui gli echi delle fiabe decantano da lontano, dai secoli passati e fanno sentire la loro voce nel presente. Fantasia e realtà quindi in un connubio fertile che donano una conturbante frenesia durante la lettura.
Una modalità narrativa che mi ha coinvolto molto e che, riprendendo parte del titolo, ha il suo valore aggiunto nell'arte del raccontare.
Il "raccontami" del titolo è il piacevole dono dell'autrice stessa che racconta a me lettrice una storia originale, ma il suo non è solo raccontare ma è soprattutto comunicare, un fare memoria di qualcosa di antico che si immerge nella tradizione popolare e che mi ha fatto ripensare a tutta una serie di riti e spazi che mi appartenevano quando mia mamma mi leggeva una fiaba, mi raccontava appunto con un certo pathos storie fantastiche e bellissime, con la luce soffusa del mappamondo azzurro sul comodino della mia cameretta.
Ed è proprio qui che sta la magia del racconto di una fiaba e ricordando Calvino ne "Se una notte d'inverno un viaggiatore" occorre un momento tutto per noi per assaporare il valore importante di una storia raccontata o letta. Accomodarsi in un posto comodo, avere la giusta luce ad illuminare il libro da leggere o accocolati bene per sentirsi raccontare qualcosa.
L'autrice ha predisposto tempi e luoghi giusti e io mi sono messa in ascolto del racconto di una fiaba nella fiaba, fatta di ricerca, di studio delle fonti attraverso frasi ad effetto che fanno riferimento alle antiche tradizioni di un tempo lontano che è patrimonio di tutti e che si lega in un certo senso alle tradizioni del resto del mondo.
La fiaba come quella raccontata in questo libro è portatrice del dono del soccorso in situazioni estreme, dove il dolore è acuto e insostenibile.
Una storia ambientata nel 1984 che si concede di narrare di Dodici Biancanevi salvate nel ricordo da una altrettanto Biancaneve ormai donna. Una fiaba anch'essa ricca di particolari, indizi, ma soprattutto scomposta di verità da ricomporre; una speciale voce che necessita di crescere poco alla volta; un percorso che ogni personaggio buono ha compiuto nel proprio intimo per sconfiggere paure, di essere nel qui e ora. Un vento che porta con sè aiuto, solidarietà contro l'aridità dei sentimenti, dell'abbandono della violenza insita dall'altra parte, quella buia che viene sconfitta dall'ascolto della voce dell'altro e da un embrionale soffio d'amore.
Lascio a voi scoprire le intricate trame che si nascondono nel romanzo e scoprire un po' alla volta il talento di Maria Sole e della stessa Silvia di raccontare fiabe, di raccontare di un mondo altro, lontano dal dolore.
"Il giornalista avrebbe portato con sè per sempre la forza di quella rivelazione, che era stata il modo di ribellarsi dell'infanzia alla violenza dei grandi, quei grandi che sapevano solo rubare, sottrarre, arraffare.
La tredicesima Biancaneve esisteva.
Era fatta di una grana differente.
C'era in lei qualcosa che impediva di poterla catalogare.
Chiuse gli occhi, a bloccare il senso di commozione che quella storia aveva scavato dentro di lui negli anni, mutandolo una volta per sempre. Dopo s'era dedicato a temi e attenzioni che non avrebbe nemmeno immaginato.
Ma forse la chiave stava esattamente lì, nel potere dell'immaginazione".
tre gocce di tea tree e tre gocce di rosmarino da sciogliere nel bruciatore di essenze con candela bianca neutra, per purificare la mente da situazioni in cui non ci sentiamo adatti e avere pensieri chiari.
Un po' di luce sull'autrice
Silvia Andreoli (Verona, 1970) è una scrittrice e conduttrice radiofonica del programma Fabula rasa, tutto quello che credevate di sapere sulle fiabe e invece. Si è anche occupata di laboratori sul tema della fiaba per l'associazione culturale Labò. Nel 2022 ha realizzato per il gruppo Giotto-Fila il progetto e la scrittura delle "Fiabe a Colori".
Bibliografia essenziale
-"Malvina", romanzo (2004);
- "Busserò per prendere la notte", romanzo (2005);
- "Nera come una fiaba", romanzo (2018);
- "Lettere alla madre", partecipazione alla antotologia (2018);
- "Lettere al padre", partecipazione alla antologia (2019);
"Tra uomini e dei. Storie di rinascita e riscatto attraverso lo sport", partecipazione alla antologia (2019).
INTERVISTA ALL’AUTRICE
Ciao Silvia e benvenuta nel mio spazio letterario. Vuoi parlarci un po’ di te?
Grazie
Elisabetta di questo invito che accolgo con molto piacere. È bello trovare
spazi dove raccontare in filigrana un libro, una storia, e chi la scrive, anche
se io un po’ mi schiero con Proust contro Sainte-Beuve e sostengo che gli
autori non dovrebbero essere mai troppo presenti.
In fondo un libro è un patto segreto
che scatta tra chi scrive e chi legge, uno scambio reciproco che avviene dentro
la storia, certo, ma soprattutto in quegli spazi bianchi tra riga e riga, dove
il lettore può portare in segreto molto di sé. Per me le storie sono davvero la
forza di relazione, la scintilla che mi fa entrare in comunicazione con il
mondo. Così ho cominciato a scrivere, molti anni fa. Appena laureata in
Giurisprudenza, sul tema dell’adozione internazionale, dopo alcune esperienze
che mi hanno portato anche a Ginevra, nella Commissione sui diritti del bambino
dell’Onu, ho capito che quello che mi faceva restare incantata dagli esseri
umani era il punto di vista della narrazione, il modo della storia di mettere
insieme i vari tasselli e scendere nei meandri anche nascosti, impenetrabili.
La matrice più umana è in quest’indole narrativa.
Come è stata la genesi del tuo
romanzo?
La
storia è partita da un’immagine, quella della protagonista, Maria Sole,
tredicenne. Una sera, camminando in quella parte della città di Verona che
credo riconoscibile per chi ci vive, ho avuto l’esatta sensazione di cogliere
un movimento, il passaggio di una
gonnina frusciante, piedi rapidissimi. Da quell’istante la sua ombra mi ha
abitata. E l’ho seguita, io, senza sapere dove mi avrebbe condotta. Con lo
stupore e la paura anche, ma quell’inestricabile magnetismo che caratterizza la
prima stesura, per me ancora a mano, con la punta della stilografica usa e
getta che attraversa la carta e la certezza, mentre ci sono dentro, che quella
vicenda che accade lì, nell’inchiostro, sia più vera del vero.
Da quale idea è nato il titolo?
Le
storie ci salvano la vita. Lo ha dimostrato bene Sheherazade ne Le Mille e una
notte. Lei, figlia del gran visir, si offre volontaria per far fronte alla
smania omicida del sovrano che, tradito dalla moglie, per vendicarsi contro il
genere femminile, pretende di giacere ogni notte con una fanciulla e, consumato
l’atto, al mattino, la uccide. Ma Sheherazade che cosa fa? Inizia a raccontare
delle storie meravigliose al sultano, ma, non appena sta per arrivare l’alba,
le interrompe, lasciando in lui una tale curiosità che non si decide a
ucciderla. E questo meccanismo stregato durerà per mille e una notte, al
termine delle quali non solo il sovrano l’avrà risparmiata, ma la sposerà.
Raccontami,
dunque. Che raccontare salva dal buio, dal dolore, dalla rabbia, anche.
Raccontami perché il meccanismo di immedesimazione in una storia che non è la
nostra ci permette di uscire da situazioni che ci appartengono e sono
soffocanti, strazianti.
Raccontami
il mondo che vuoi è un invito a mettere la narrazione dentro i dialoghi e
insieme andare via. Via dal dolore. Verso altri universi.
Una delle protagoniste della vicenda
raccontata, Maria Sole, ha un talento particolare nel raccontare le fiabe, in
una sorta di ancestrale conoscenza, di cui le fiabe in generale sono intrise,
poiché provengono dalla tradizione popolare. Come è nato l’interesse per questo
tipo di narrazione? Qual è la tua fiaba preferita?
Le
fiabe mi accompagnano da sempre. Sono parte della mia infanzia, come gli
alberi, il vento, le ferite. E le ho portate subito con me, fin dai primi
scritti. Ma è cosa di cui mi sono accorta con il tempo, rileggendo i testi. In
ciascuno, più o meno esplicitamente, c’è questo legame. A un certo punto mi
sono messa a studiarle, non più solo a leggerle, ad ascoltarle. Le differenti
versioni delle fiabe, certo, ma anche i testi meravigliosi dedicati a questo
universo che ha un’identità molto precisa, ma al contempo ne interseca
moltissimi altri, parte della nostra cultura, della nostra evoluzione. Le fiabe
sono nate per gli adulti, hanno conosciuto vicende incredibili. C’è proprio una
storia dentro la storia e quando si comincia a svelarla, se ne resta
letteralmente intrappolati.
Quanto
alla mia fiaba preferita, difficile sempre scegliere, ne amo moltissime, ma
d’istinto ti dico: Cappuccetto Rosso. Però quella nella versione di Charles
Perrault, inserita ne I racconti di mamma Oca, Les contes de ma mère l’Oye. Cappuccetto Rosso che viene
inghiottita e resta nella pancia del lupo. Perché lei è la Bambina Assoluta,
che non può avere pensieri di sospetto. Incontra il lupo e gli parla.
L’infanzia più che un’età, per me, è una disposizione verso il mondo, uno
slancio, una curiosità. E solo se ci aggrappiamo a questo, a questa fiducia
immediata, non filtrata dal pensiero, razionalizzata, possiamo restare lì, in
quello stato di stupore e meraviglia. Che è quello del fiabesco per eccellenza.
Un altro protagonista del romanzo è il giornalista Fabio Sottile che con il suo lavoro è alla ricerca della verità, in particolare su un caso di cronaca che lo coinvolge molto. Ma la verità che cos’è secondo te?
La
Verità, quella maiuscola, se esiste, appartiene forse al sovrannaturale, al
divino. Ma spesso le storie si muovono in un terreno più minuto, più esile
anche, e quotidiano. E qui, allora, credo che vera sia quella “versione delle
cose” che, pur rispettosa e trasparente rispetto agli accadimenti, ci permetta
di continuare ad avere aspettative e fiducia, e andare avanti.
Una verità non più oggettiva, assoluta, piuttosto mossa da
una scelta, sovente inconsapevole, che è quella che ci fa privilegiare alcuni
elementi rispetto ad altri. E se lo facciamo, non è in malafede, per mentire.
Spesso se lo facciamo, è per salvare la fede stessa nell’esistenza.
Perché la verità asettica, nuda e cruda, può persino
condurre all’ossessione che distrugge. A volte, è necessario fermarsi un attimo
prima. Prima di avere svelato ogni macchinazione.
Ti faccio un esempio. Se io ti dicessi che il corpo umano è
un ammasso di carne e ossa che diverranno polvere, non è forse “Verità”? E
tuttavia nello scegliere, tra le varie versioni delle cose proprio questa, sto
privilegiando un punto di vista.
La narrazione fa riferimento anche a
studi particolari di una scellerata dottoressa e alla sua “Terapia del mondo
che vuoi” che oscilla fra memoria ed oblio e alla capacità manipolatoria della
mente attraverso anche l’uso di particolari farmaci. C’è stato uno studio delle
fonti da parte tua per raccontare di questa “terapia”?
Ho
dovuto approfondire con molta attenzione questa materia per arrivare a dettagli
che la rendessero credibile. Se è evidente che si tratti di un’invenzione, mi
premeva la verosimiglianza, soprattutto considerando che il romanzo, nella
prima parte, è ambientato nel 1984 e le conoscenze in materia di neuroscienze
erano molto distanti da oggi. I testi che si trovano oggi sugli effetti delle
sostanze psicotrope, sullo stato di coma e coma farmacologico si presentano
estremante puntuali anche per un non esperto. È una materia che immette in un
territorio affascinante, dove le tematiche più antiche del confine, della
soglia, si spalancano in tutta la loro potenza.
Il luogo della vicenda non viene mai
nominato in maniera esplicita. Viene definita “la città sul fiume” ed è
tratteggiata in alcune sue caratteristiche. Come mai la scelta di non nominare
la città, nonostante alcuni indizi fanno in realtà capire di quale città si
tratta?
Ci
sono luoghi che restano dentro di noi, quando ce ne allontaniamo e lì si
trasformano, germinano, si fanno teatro della nostra immaginazione e si
radicano così in profondità da non corrispondere più a ciò che sono nel reale.
La loro “vita” interiore è più forte della loro fisicità.
Verona
è così, per me. La città in cui sono nata. Da cui me ne sono andata per
moltissimi anni e poi l’ho scelta davvero, per tornarci. Ma in quel tempo,
della distanza, s’è fatta spazio privato, scenario dove accadono le storie. È
quella Verona dei miei anni d’infanzia che sta tra queste righe. E darle un
nome, invece, sarebbe stato riportarla a una concretezza differente.
Su
questa doppia esistenza dei luoghi, quando entrano a far parte dell’immaginario
della creatività, c’è una frase che mi piace moltissimo. L’ha pronunciata lo
scrittore Kazuo Ishiguro durante il discorso per la cerimonia di conferimento
del premio Nobel per la Letteratura nel 2017.
Ishiguro, che viveva da molti anni in Inghilterra,
ricordava la modalità in cui il Giappone che poi diventa scenografia delle sue
storie, esistesse dentro di lui. Dice: «Il Giappone esistente nella mia
testa poteva essere da sempre una costruzione emotiva elaborata dai ricordi,
dalle fantasie e dai pensieri di un bambino. […] Era mio desiderio ricostruire
nel racconto il mio Giappone, metterlo al sicuro così da potere in seguito
indicare un libro e dire: Sì, c’è il mio Giappone qui dentro».
Ecco, qualcosa di simile.
Fare memoria è un tassello
importantissimo nella vita di Maria Sole. Secondo te la memoria, ricordare
sempre chi siamo e da dove veniamo da un senso più concreto all’esistenza?
La
memoria tratteggia la nostra appartenenza, le radici. E ci permette di andare,
affrontare il nuovo, crescere. Quello che le fiabe ci insegnano, ma le storie,
tutte le storie nel loro incanto, è che questa memoria può evolvere, che
possiamo scegliere in un qualche senso da che cosa discendiamo. Una sorta di
famiglia di carta e immaginazione che ripari le ferite dell’esperienza reale.
Ed è esattamente il percorso di Maria Sole, e in questo modo si salva, e salva
anche tutte le Biancanevi.
Cosa
significa per te scrivere?
Scrivere è attraversare il vento,
bussare alla notte, ribellarsi al parlamento della luna. Scrivere è stare
attaccati al niente e vederlo affacciarsi su un’immensità stregata, sul bosco
dove s’inerpicano suoni e ombre. Dove ci s’incontra. Con gli altri e con se
stessi.
Hai altri progetti in cantiere?
C’è un lavoro sulle fiabe, sulla loro
potenza sovversiva, ma di sovversione pacifica, che dovrebbe uscire a inizio
2024. E poi una storia d’amore, di un amore che è, come solo l’amore sa essere,
fine e infinito, racconto e silenzio. Insomma, ancora e sempre, fiaba.
Grazie!
Grazie
di aver condiviso le tue riflessioni.
Grazie a te.
La scrittrice Silvia Andreoli
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