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"Un cuore di smeraldo in eredità" di Melissa Bentivegna

    Historica Edizioni, 2023, pagg. 220.    Incipit   "Ester Mineo iniziava ogni giorno come un'ospite che entra nel mondo in punta di piedi. Non poteva sapere che quella mattina, un passo dopo l'altro, sarebbe andata incontro a qualcosa di impensabile. Che tutto stesse per finire, non poteva immaginarlo.  Quello era decisamente un giorno diverso". Pensieri luminosi   Si può lasciare un'eredità morale al prossimo? Si possono abbandonare briciole di un bagliore luminoso piuttosto che un gioiello, simbolo di unità, di completa fiducia nell'altro? Il romanzo della scrittrice Melissa Bentivegna risponde affermativamente a questi interrogativi, perchè tra le pagine della storia che racconta cresce, come un fiore nel deserto, il valore incommensurabile della vita e di come gli esseri umani possano farne uso, in maniera costruttiva o distruttiva, donandone in questo caso  un contorno qualitativo importante che ha i connotati della giustizia, del coraggio, della fidu

"Il secondo piano" di Ritanna Armeni.

 


 Casa editrice Ponte alle Grazie, 2023, pagg. 278.

 

Incipit

"Il campanello ruppe il silenzio e attraversò l'androne; deciso e prolungato, il suono superò la vetrata che dava sul giardino e arrivò a suor Lina.
La novizia, che stava raccogliendo le lenzuola stese ad asciugare sui fili tesi fra gli alberi, lo sentì bene ma decise di non precipitarsi al portone. Ci sarebbe andata qualche altra sorella, lei aveva cose più urgenti da fare. Doveva salvare la biancheria. L'aveva stesa subito dopo la preghiera del mattino sperando che il cielo già grigio si aprisse a qualche raggio di sole, così - aveva pensato - le lenzuola si sarebbero asciugate almeno quel tanto che bastava per passarle sotto il ferro da stiro. Invece il cielo era rimasto scuro e spesso, la nuvolaglia non lasciava alcuno spiraglio e continuava a cadere una pioggerella intermittente e fastidiosa. Il velo nero che le incorniciava il volto ne era già impregnato".
 

Pensieri luminosi
 
Avete mai pensato a quanto è importante "abitare" la nostra casa? Le famose quattro mura in un certo senso raccontano di noi, delle nostre abitudini, delle ritualità che ci caratterizzano al suo interno.
Questo spazio fisico diventa nel tempo rifugio e nido dove ri-trovare l'eco delle nostre emozioni, in una dimensione profondamente intima. Vivere la casa è viversi in continuità con il nostro essere, specchiarsi in ogni angolo che racconta di noi e che si allunga fino magari ad abbracciare un giardino, piccolo o grande che sia, un orto, un posto fiorito, un roseto o semplicemente in quadrato di prato verde.
La casa è la nostra identità, quello che siamo, le cose in cui crediamo, la fedeltà a certi principi, idee, pensieri, in una miscela anche di arrendamenti funzionali al nostro modo di stare nel mondo, nel camminare nell'esistenza.
Una casa, o per meglio dire un convento, lo troviamo anche a Roma, esattamente nel 1944. Siamo nei pressi della via Salaria, nello specifico nel convento francescano di via Poggio Moiano. Qui vivono un piccolo gruppo di consorelle, la cui guida spirituale è suor Ignazia. Trascorrono la loro esistenza nella serenità di spazi che permettono soprattutto la riflessione e la preghiera, con la cappella, il parlatoio, le stanze delle consorelle situate al primo piano del convento. Il piano terra, un tempo adibito a scuola, era stato chiuso a causa della guerra, mentre il secondo piano è caratterizzato da grandi stanze dove spesso si stipavano cose che non servivano più. 
Inoltre le suore potevano camminare nel giardino che veniva curato con cura, il roseto e gli alberi da frutto, l'orto e le piante aromatiche.
Attorno al convento ancora prati e boscaglia, un luogo non ancora urbanizzato, avvolto dal silenzio e dalla tranquillità. Solo qualche volta, in lontananza si sentivano i boati ripetuti dei cannoni o dell'artiglieria che colpiva obbiettivi in una Roma non ancora città aperta, ma terreno di scontro tra l'esercito nazista, che si sentiva in qualche modo braccato, e gli alleati che facevano fatica a risalire lo stivale, rimanendo bloccati molti chilometri a sud della capitale.
Poi un giorno di ottobre, in concomitanza ai rastrellamenti nazisti del ghetto ebraico romano, la serenità di quella vita viene improvvisamente stravolta. 
Un campanello suona con insistenza e una certa premura al portone del convento. Una giovane suora osserva ammutolita un piccolo gruppo di ebrei, tra cui anche un bambino, che chiedono aiuto e protezione. Non sa bene cosa fare, non è lei che prende le decisioni solitamente. Ma da quell'impasse ecco apparire un'altra consorella che con fare sicuro li invita da entrare e in fretta. 
Da quel momento è stata fatta una scelta importante. Le suore hanno deciso da che parte stare; non si trattava più di dare un pasto caldo a qualche povero o vagabondo, ma offrire rifugio e protezione agli ebrei, che i nazisti schiacciavo come mosche o mandavano ai campi di concentramento, ma non solo. Chi copriva la loro fuga, o in qualche modo li aiutava, avrebbero subito conseguenze pericolose.
Quella decisione, abbracciata anche dalla superiora suor Ignazia, ha comportato da parte delle religiose un esporsi, un far entrare dentro le mura del convento, che non è solo attraversare un muro ma anche lasciarsi attraversare in  una certa intimità che ha creato, almeno all'inizio, turbamento. Gli ebrei diventano ospiti, pericolosi, che possono mettere a repentaglio la loro vita fino a quel momento cullata da una certa fissa ritualità.
Al di là di quel muro c'è la capitale, brutalizzata, vandalizzata, povera, terreno di guerra, impaurita e attraversata da moti partigiani che infiammano con la loro idea di libertà ma che innescano al contempo la rabbia e l'odio tedesco con rappresaglie dolorose e crudeli come le fosse Ardeatine dopo la strage di via Rasella. 
L'autrice ci immerge nella storia nazionale con stralci di corsivo tra le pagine, come ritagli di giornale, per ricordarci sempre, durante la lettura, che la guerra imperversava, e non c'era nulla di certo;  l'incertezza prevaleva. Tutto era in divenire, tragico soprattutto.
Ma attraverso lo studio dettagliato delle fonti storiche, Ritanna Armeni mi ha fatto conoscere una realtà ai più sconosciuta, come anche lei stessa si è sopresa durante la sua ricerca; di quanto i religiosi di conventi e monasteri abbiano salvato tantissime vite umane. Di come uomini, ma soprattutto donne, con coraggio si sono esposte, spinte da un sentimento caritatevole che il loro stesso credo suggeriva di fare, davanti anche ad un apparente silenzio assordante da parte del Vaticano.
Ed è proprio in questo squarcio coraggioso, in questa fessura accogliente che vorrei riflettere.
Tra le pagine di questo romanzo, c'è da parte delle consorelle e dalla loro madre spirtuale, una guerra interiore, un dilemma, un lacerante dubbio, una riflessione che fa rimbalzare la loro mente, un atteggiamento di ascolto fra il cuore e la ragione, un'altalena di sentimenti che oscillano fra la verità e la carità, tra la speranza e la fede.
Soprattutto dopo un altro scampanellio, stavolta perentorio che non ammetteva dinieghi. Una truppa tedesca aveva deciso di portare proprio al convento un'infermeria per soldati che dovevano trascorrere la convalescenza per ferite non troppo gravi.
Ancora una volta le suore hanno detto sì, in realtà non c'era tanto da scegliere, ma anzi hanno lasciato che i soldati nemici si appropriassero del piano terra, mentre gli ebrei erano stipati al sencondo piano. Loro erano nel mezzo, tra fare il bene e scendere a patti con il nemico, in una sorta di tregua blindata, omettendo dettagli, raccontando mezze verità, per proteggere, per operare il bene contro il male.
Mi è piaciuto molto il raccontare il travaglio interiore delle religiose che prima di tutto sono essere umani, con le loro debolezze, le loro paure, incertezze. Il travaglio interiore ad un certo punto si fa diario, in cui sia la superiore che una giovane suora raccontano a sè stesse e al contempo a noi lettori paure, piccole gioie, l'amore e l'affetto per i piccoli rifugiati, la collaborazione, i silenzi complici, gli sguadi d'intesa, le piccole bugie.
In questo romanzo le religiose combattono una guerra che non fa uso di armi ma si nutre di una grande virtù che è la fede, cioè in quello sforzo di ascoltare Dio, di agire secondo i suoi insegnamenti, con la volontà che le rende degne di essere sue figlie, praticando l'accoglienza in pienezza. Il convento diventa luogo intimo allargato; un rifugio, una luce fievole che salva chi è in difficoltà. Sono diventate testimoni, hanno compreso nel buio di quei giorni tragici, che una casa, il loro convento poteva diventare dimora di salvezza per vite in pericolo. A mano a mano che la loro decisione era stata presa, pur tra mille dubbi sul futuro incerto e pericoloso, hanno sentito dentro di loro che quella era la scelta giusta da perseguire e di continuare a farlo, nonostante i tedeschi al piano terra. La loro forza si è trasformata in speranza, fare del bene, il carburante che le ha fatte andare avanti. Sentivano che ogni sforzo, ogni piccola azione dava loro vigore; l'una con l'altra trovavano sostegno adeguato alla loro lotta.
Nella speranza hanno donato tutto e si è trasformata in carità che è sbocciata luminosa come una rosa del loro giardino.
Con questa nobilissima virtù hanno superato le zone d'ombra, gli sguardi ostili e sospettosi dei militari nazisti e quelli impauriti degli ebrei che tenevano nascosti. Si è impossessato di loro un coraggio da leonesse; il loro è stato amore per la libertà.
La scrittura chiara e pulita dell'autrice è avvolta da un sincero apprezzamento verso quelle sette consorelle che hanno accolto senza riserve, senza dubbi nè perplessità, hanno abbracciato un dolore e lo hanno saputo trasformare in gioia, la stessa gioia che hanno provato all'arrivo degli alleati, che dopo tanta paura liberavano finalmente dal terrore.


La mia lampada ha illuminato questa frase:
"Sono confusa, cerco una chiarezza che non riesco a trovare. Forse il sacrificio che mi viene rischiesto è proprio questo: agire con prudenza, preservare il convento, difendere i persegutati, assumendomene tutta la resposnsabilità, senza chiedere, senza pretendere certezze e protezioni. Mi devo accontentare delle poche notizie che mi sono state date e non volere di più. 
Se il Signore mi ha dato questo carico significa che sono in grado di portarlo". 
 
 
Gli oli essenziali da utilizzare durante la lettura:
tre gocce di arancio e tre gocce di rosa da sciogliere nel bruciatore di essenze con candela bianca neutra, per trovare la pace dentro di sè e riconoscere il coraggio femminile.
 


Un po' di luce sull'autrice
Ritanna Armeni (Brindisi, 12 luglio 1947) è una giornalista, saggista e scrittrice italiana. Divenne giornalista nel 1976 e poi collaborò con il quotidiano Il Manifesto per poi approdare ad un altro quotidiano, L'Unità dal 1990 al 1998. Nello stesso anno divenne portavoce dell'allora segretario di Rifondazione Comunista Fausto Bertinotti.  Collabora con il Corriere della Sera Magazine e con Liberazione. Dal settembre 2004 al febbraio 2008 ha condotto con Giuliano Ferrara Otto e mezzo.
 
Bibliografia essenziale
- "Noi vivremo del lavoro. Viaggio al tramonto di un mito", (1980);
- "Gli extraconfederali. Cobas e autonomi: chi sono, cosa pensano, cosa vogliono", (1988);
- "La colpa delle donne. Dal referendum sull'aborto alla fecondazione assistita: storie, battaglie e riflessioni", (2006);
- "Due pacifisti e un generale. A colloquio con Vincenzo Camporini", (2010);
 - "Parola di donna. Le 100 parole che hanno cambiato il mondo raccontate da 100 protagoniste", (2011);
- "Di questo amore non si deve sapere. La storia di Inessa e Lenin", (2016);
- "Una donna può tutto. 1941: volano le Streghe della notte", (2018);
- "Marina", (2018);
- "Mara. Una donna del Novecento", (2020);
- "Per strada è la felicità", (2021).



La scrittrice Ritanna Armeni

 
 

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