"Hypsas", Edizioni Ensemble, 2024, pagg. 55. "Incontro i morti sui margini dentati delle foglie, ospiti e pietrisco più brillanti - centellinando le veglie, perché i nomi vanno incontro a ciò che si ripete; e il sole di Eraclito è nuovo tutti i giorni. Quieta pulsione di ogni luogo, le acque sono tiepide e danno esile diadema, dolce fissità degli occhi ; morbide sculture sul bianco di parete accolgono corpi liberi"... Pensieri luminosi La raccolta di poesie di Valerio Mello è un percorso immersivo nella natura e del suo potere rigenerante, correlato però anche ad una visione particolare e aulica, quella delle antiche divinità che si trasformano esse stesse in poesia. Un percorso di parole e immagini che come quadri astratti e simbolici accompagnano il lettore in una dimensione onirica. Ciò che mi ha maggiormente colpito è stato leggere della terra, di alberi, di erba, di pietre secolari che si intersecano nella millenaria conoscenza, con la civiltà del sapere. Una
L'Orma editore, 2022, pagg. 162.
Incipit
"Gli occhi ancora appiccicati dal sonno, mi dici. Qualche pezzetto di sogno, dentro, che non avevi potuto raccontare a nessuno.
Ogni tanto tra i corpi delle mucche intravedevi quello striminzito di Elisabetta, con il suo caschetto identico al tuo, la gonna marrone a coprire quasi la punta degli zoccoli. Le mucche masticavano lente. Il calore della notte racchiuso ancora nei loro corpi buoni, e i cento occhi fissi su qualche punto acquoso oltre i fili dell'erba. Era croccante, l'erba, sotto i loro denti. E tu pensavi Che pace, e che buona dev'essere quell'erba, così verde,così brillante".
Pensieri luminosi
Provate a visualizzare una panchina posta in un giardino. Immaginate il silenzio avvolgente in una giornata di ottobre al tramonto, con la luce radente che illumina in maniera delicata gli spazi. Ora ascoltate, tendete l'orecchio. Sentirete così un specie di bisbiglio, voci sommesse, intime. Quelle voci appartengono a due donne sedute su quella panchina. Osservandole, potrete capire che tra loro c'è una grande affinità. Chiacchierano amabilmente, in modo familiare. Si percepisce un forte legame tra loro, lo si comprende dagli sguardi complici che si rivolgono tra una parola e l'altra. Sembra che nulla possa distrarle dal loro dialogo fitto. Una delle due donne, quella più giovane, tiene sulle ginocchia un album di fotografie e lo sfoglia piano, con delicatezza, accarezzando quasi ogni foto che l'altra donna, più avanti con l'età, osserva curiosa.
Quelle due donne sono una madre e una figlia e si stanno raccontando delle loro vite, o meglio è più spesso la più giovane a farlo, mentre la madre si limita da annuire con la testa, a sorridere, a socchiudere gli occhi, a fare grandi sospiri, a sfiorarsi la fronte con la mano, ad asciugare una lacrima.
Se siete riusciti a visualizzare tutto questo siete pronti ad aprire il libro della scrittrice Giuliana Zeppegno "La luce che pioveva".
É attraverso una suggestione di questo genere che ho potuto percepire un legame affettivo unico, che racchiude in sè, come in un caleidoscopio, una quantità infinita di emozioni e che variano di intensità nel loro svelarsi; diventano momenti preziosi che si snodano in un percorso individuale, personale e man mano si allarga abbracciando la collettività, si trasforma in ricordo nazionale, in cui anche noi, in parte, possiamo riconoscerci.
Il raccontarsi l'ho visualizzato nella metafora di un album di fotografie che la stessa scrittrice, Giuliana, sfoglia in modo lento, a trattenere l'emozione di un fotogramma, mentre Maria, sua madre, sembra intimidita da quegli scatti di un tempo, ne rimane un po' turbata. C'è troppo di lei in quell'album. Non è mai stata una persona che voleva apparire, in qualche modo defilata e al contempo interiormente viva.
Ma quell'oggetto dei ricordi è lì e chiede di raccontarsi.
Ecco allora che avviene un piccolo miracolo, in cui il tempo sembra cristallizzarsi: il tempo ruba del tempo a sè stesso, si riavvolge e ci conduce nella seconda parte del Novecento e vive, qui sta la magica narrazione, del ricordo nel ricordo. Giuliana fa sentire la sua voce e con il "Tu" restituisce alla propria madre Maria il baule di memoria che, come un tesoro prezioso nascosto da qualche pirata, ha trattenuto di lei e così inizia la storia.
Maria è nata nelle campagne piemontesi negli anni Cinquanta, in un contesto povero, in cui la prima cosa importante da fare era lavorare, sodo. Non c'era tempo per altro. Era necessario portare a casa l'indispensabile per vivere. La sua esistenza e quella della sua numerosa famiglia era impregnata di essenzialità e il superfluo (la lettura, lo svago, il divertimento) non era contemplato.
Un borgo rurale arretrato, in cui la morale era rappresentata dallo sguardo severo del parroco, sempre pronto con il suo indice inquisitore a redarguire chi, secondo lui, aveva bisogno di essere ricondotto sulla giusta via.
Guiliana con quelle foto che ritraggono i momenti topici dell'esistenza di sua madre, ne racconta le difficoltà, gli ostacoli, i momenti gioiosi. Ma quella storia materna diventa, come ho sottolineato prima, la storia del nostro Paese, di un'altra madre chiamata Italia che parallelamente alle protagoniste è stata terreno delle contestazioni giovanili, dei turbolenti momenti degli scontri sindacali, della fine della seconda repubblica con quel significativo lancio di monetine al politico Craxi, alla discesa in campo dell'imprenditore Berlusconi e ad altri eventi globali come l'improvvisa tragica morte del cantante John Lennon e il maledetto 11 settembre 2001 con la caduta delle torri gemelle di New York.
Giuliana però non racconta e basta. Dona a quella narrazione un respiro di umanità, quello di sua madre. Sì, perchè la sua non è stata una narrazione di una sequenza temporale di avvenimenti, come quella che si impara a scuola nella famosa linea del tempo.
In quella linea del tempo lei ci ha lasciato pezzetti del suo sentire, del suo percepire, modi di essere e pensare, riflessioni, emozioni e sensazioni personali che l'hanno portata ad essere ciò che è adesso, una donna che vive in un presente da occupare qui e ora.
Quel tempo metaforico in immagini Giuliana l'ha trattenuto da sempre nella mente e nel cuore. Una modalità questa che diventa dono, si trasforma in gratitudine, significativo gesto d'amore di una figlia nei confronti della propria madre. Una speciale connessione che diventa proiezione di un gesto, di un pensiero, di un momento.
Osservare quella vita "in foto" disvela a Giuliana un concetto inossidabile e che ho compreso anch'io lettrice: sua madre è stata, seppur vissuta in un luogo arretrato, rurale, sempre fedele a sè stessa, dotata quindi di un pensiero proprio, riflessivo e per questo a quel tempo controcorrente, deciso a suo modo, forte nel perseguire i suoi obbiettivi, discostandosi da ciò che era stata sua madre, seguendo una naturale indole dell'anima.
La penna dell'autrice è riuscita a restituirci un vissuto materno di ciò che lei, figlia, ricorda dei ricordi di mamma Maria, raccontando nell'ordinario dei giorni una straordinarietà quotidiana. Momenti come dono, in quel narrare senza giudicare, di un incalzante interloquire con lei in seconda persona, appunto per impastare così la vita di Giuliana con quella di Maria, che tra le righe si svela anche ironica, perspicace; quella modalità che l'ha salvata, in alcuni casi, anche da sè stessa; l'ha resa forte in maniera inconsapevole, coraggiosa e con la mente aperta al cambiamento, nonostante ancora una volta, le radici severe, autoritarie.
L'autrice, con una scrittura molto evocativa ci regala immagini di vita rurale che vanno dalla fatica del vivere contadino all'anelare momenti in cui la parola bellezza assumeva significati ampi e che aveva i contorni dolci della cioccolata o di un bel vestito alla moda.
Ho apprezzato molto anche il "fotogramma" di un particolare rito religioso, una tradizione folkloristica piemontese che ancora una volta ci catapulta in un contesto non solo regionale, ma anche nazionale dove tutti ci possiamo riconoscere e ritrovare nelle nostre antiche radici italiane.
Il tempo di Maria e Giuliana è stato degno di significato perchè come famiglia ha aprezzato le cose piccole della vita, essenziali dell'esistere come quel viaggio in Francia che li ha trovati uniti, ma anche le incomprensioni del gap generazionale tra genitori, nati negli anni Cinquanta e figli nati negli anni Ottanta.
Una riflessione la vorrei formulare anche nei confronti di Giuliana Zeppegno scrittrice.
Il suo è stato anche un viaggio nella scoperta di uno stile narrativo originale per raccontare la sua storia, una modalità più congeniale di svelare la sua luce, il suo umano comprendere e comprendersi in modo onesto, umile e ancora una volta intimo, in quelli intercalari dialettali che fanno di una storia qualunque la propria personale storia.
Un esordio narrativo, il suo, significativo che accarezza le parole, così come immagino al contempo accarezzi la guancia delicata della propria madre.
"Davanti, gli angeli spargevano in terra i petali dei fiori. Erano bambine vestite di giallo, di rosa o di celeste, con un diadema di carta in fronte e le ali fissate al vestito. Da dietro, le vedevi affondare le mani nei cesti stracolmi di petali - rose, dalie, begonie e tutti i fiori che gli abitanti delle cascine avevano raccolto la mattina nei loro giardini - e lanciare intorno quelle nuvole di colore, meravigliosamente impacciate, alla ricerca costante dello sguardo degli altri".
tre gocce di limone e tre gocce di rosmarino da sciogliere nel bruciatore di essenze con candela bianca neutra, per entrare in un'ottica comunicativa costruttiva e stimolare la mente ad avere pensieri chiari.
Un po' di luce sull'autrice:
Giuliana Zeppegno (1980), nata vicino Torino è una scrittrice italiana. É laureata in Lettere. Ha un dottorato in Letterature comparate e Studi Linguistici.
INTERVISTA ALL’AUTRICE
Ciao Giuliana e
benvenuta nel mio spazio letterario. Vuoi parlarci un po’ di te?
Ciao,
grazie a te per l'invito. Ho 42 anni. Sono originaria della provincia di
Torino, ma da tredici anni abito a Madrid, dove mi sono trasferita in piena
crisi economica grazie a un contratto postdoc presso l'Universidad Complutense,
e dove sono poi rimasta per vari motivi che sarebbe complesso ricostruire. Da
circa dieci anni sono autrice di testi scolastici (grammatica e letteratura,
scuola secondaria di primo e secondo grado) per case editrici italiane; per
molto tempo sono stata anche insegnante di italiano L2, e occasionalmente
realizzo traduzioni dallo spagnolo.
Come è stata la genesi del tuo
libro?
Avevo
deciso di provare a dare forma ai racconti che mia madre faceva e tuttora fa a
me e alla famiglia, sulla sua infanzia in campagna, sulla sua giovinezza e
sulle nostre vicende familiari. Mi sembrava un materiale narrativo ricco,
potenzialmente interessante, vicino a me ma non del tutto
"biografico" (non volevo una narrazione che dicesse "io"),
stimolante nella misura in cui mi permetteva di sperimentare a livello di
scrittura: la frammentarietà del ricordo; l'assenza di una trama forte; il
gusto del dettaglio; l'accelerazione vertiginosa subita da una generazione
(quella delle persone nate negli anni 50) che è passata nell'arco di pochissimi
anni dalle case senza bagno a google maps, dalla sudditanza alla Chiesa alla
complessità del mondo globalizzato; infine la resa di ciò che di stupefacente
può racchiudere, nel bene e nel male, la cosiddetta normalità. La sfida era
soprattutto quella di riuscire a rendere ricordi reali con tutta l'esattezza e
la vividezza possibile, andando a scovare la "parola giusta".
Questo era il progetto,
che però ho abbandonato dopo una trentina di pagine insoddisfatta del
risultato. Solo alcuni mesi dopo, in un momento per me un po' confuso e molto
doloroso, l'ho ripreso in mano e ho scritto il libro in pochissimo tempo (salvo
poi limarlo infinitamente nei mesi successivi).
La copertina, con raffigurati in
primo piano foglie dai colori arancio e marroni, ricorda il periodo autunnale.
Come mai questa scelta?
La
copertina è stata realizzata da Elena Vozzi, caporedattrice de L'Orma. Mi
sembra molto bella e appropriata, perché evoca l'autunno, dell'anno e della
vita; gli alberi della mia infanzia; e soprattutto la luce inclinata, mai
diretta, tipica di questa stagione, in linea con il mio tentativo di illuminare
le cose che narro in modo "obliquo", sfumato, non netto o definitivo.
Da cosa ti sei lasciata ispirare
per il titolo?
Il
titolo originale del libro era Gli anni opachi, che però è stato scartato
perché troppo simile a Gli anni di Annie Ernaux, pubblicato dalla stessa casa
editrice. La luce che pioveva, titolo propostomi dagli editori, è un frammento
di una frase del libro, e mi ha subito convinta per il suo carattere un po'
enigmatico ma al contempo quotidiano, "materiale", e per quel
richiamo alla luce a cui tenevo molto.
Nelle prime pagine si
legge una citazione del cantautore e scrittore Vasco Brondi:
“E hai visto
all’improvviso è arrivato il futuro E adesso sono qui È un superpotere essere
vulnerabili”. Come mai hai scelto le parole di questo autore?
Trovo
che quel pezzo di Brondi abbia un ritmo e un testo assolutamente maestosi.
Credo che la vulnerabilità sia una caratteristica umana fondamentale, più
definitoria di quel che siamo rispetto ad altre, spesso fonte di ricchezza
interiore e di capacità di comprensione delle altre persone. Con questo non
intendo dire che il dolore insegni necessariamente qualcosa, né intendo fare un
elogio della fragilità (come sembra diventato molto di moda ultimamente). Il
dolore è dolore, e quando è troppo annichila. Ma ho l'impressione che una vita
senza intoppi, senza paure, senza smarrimenti difficilmente permetta alle
persone di sviluppare intelligenza e sensibilità nei confronti de* altr*.
Nel tuo scritto la
protagonista principale è tua mamma Maria. Se dovessi definirla con una parola
quale sceglieresti e perché?
Userei
la parola vitale. A contraddistinguerla oggi più che mai è un'inesauribile
voglia di fare, che si tratti di una chiacchierata, di un giro in montagna, di
lavori nell'orto, di un progetto apparentemente strampalato per risolvere un
problema apparentemente insormontabile. Non conosce indifferenza, apatia,
mancanza di passione. È vitale anche nella tristezza.
Fra i tanti ricordi che hai di lei
qual è quello che porti nel cuore?
Mi
è impossibile rispondere a questa domanda. Ma il romanzo è proprio questo: i
suoi ricordi di sé, messi in bocca a lei in un ideale dialogo ma filtrati da
una me che la ascolta e li narra alla 2ª persona singolare.
Cosa significa per te
scrivere?
La
letteratura e il linguaggio mi appassionano fin da bambina. Dopo aver svolto
lavoretti e lavori di tutti i tipi, finalmente sono riuscita a vivere
(sopravvivere, diciamo) con la scrittura (di testi scolastici, come dicevo).
Vivo questa condizione come un piacere continuo, al punto di scegliere la
precarietà piuttosto che dovermi adattare a un lavoro diverso. Per quanto
riguarda la scrittura narrativa, erano molti anni che non mi ci cimentavo. La
ricerca accademica in campo letterario aveva forse un po' seccato la mia
capacità di creazione, non saprei, e certamente il fatto di vivere in Spagna,
parlando e pensando in spagnolo, mi aveva allontanato dalla mia lingua. Ho
recuperato questo contatto anche grazie al fatto che da alcuni anni ho un
compagno di vita italiano. Due anni fa ho cominciato a scrivere romanzi, quasi
per caso, e adesso mi chiedo come io abbia fatto a vivere senza finora. La
scrittura letteraria è diventata, in questi due anni, una parte fondamentale di
ciò che sono e che voglio essere.
Hai altri progetti in cantiere?
Dopo
La luce che pioveva ho scritto altri due romanzi, entrambi di fiction e mossi
da intenti più esplicitamente "politici" del mio romanzo d'esordio.
Il primo narra una storia d'invenzione sullo sfondo delle proteste sociali che
hanno caratterizzato la Spagna tra il 2011 e il 2015 e che ho vissuto in prima
persona.
Il secondo, ambientato
in Italia, è una storia "individuale" (per quanto nessuna storia lo
sia mai veramente) ricca di azione e colpi di scena, che tocca temi per me
capitali quali l'alienazione, l'obbedienza, la rivolta interiore, e il doloroso
problema del carcere.
Grazie di aver
condiviso le tue riflessioni.
Grazie
a te!
La scrittrice Giuliana Zeppegno
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