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"Hypsas" di Valerio Mello.

 "Hypsas", Edizioni Ensemble, 2024, pagg. 55. "Incontro i morti sui margini dentati delle foglie, ospiti e pietrisco più brillanti - centellinando le veglie, perché i nomi vanno incontro a ciò che si ripete; e il sole di Eraclito è nuovo tutti i giorni. Quieta pulsione di ogni luogo, le acque sono tiepide e danno esile diadema, dolce fissità degli occhi ; morbide sculture sul bianco di parete accolgono corpi liberi"... Pensieri luminosi La raccolta di poesie di Valerio Mello è un percorso immersivo nella natura e del suo potere rigenerante, correlato però anche ad una visione particolare e aulica, quella delle antiche divinità che si trasformano  esse stesse in poesia. Un percorso di parole e immagini che come quadri astratti e simbolici accompagnano il lettore in una dimensione onirica. Ciò che mi ha maggiormente colpito è stato leggere della terra, di alberi, di erba, di pietre secolari che si intersecano nella millenaria conoscenza, con la civiltà del sapere. Una

"Il tempo di un respiro" di Pina Varriale.

 
 
 

 
Casa editrice AliRibelli, 2023, pagg. 328.
 
Incipit
 
"Oh, mamma mia bella...
Il grido sorto dall'insolito silenzio del vicolo si era librato nell'aria polverosa, sospesa tra quei palazzi antichi, mischiandosi al profumo dei panni stesi ad asciugare, all'odore del sugo di pomodoro che cuoceva nelle pignatte di creta, all'acre e persistente miasma dei tombini sempre aperti. Era poi rimbalzato da una finestra all'altra, facendone tintinnare i vetri e costringendo le comari ad aprire le  imposte e ad affacciarsi, poggiando i gomiti sui davanzali affollati di vasi di basilico".
 
Pensieri luminosi 
 
Qualche tempo fa ho seguito un documentario molto interessante sulla capacità olfattiva. Lo sapete che il senso dell'olfatto è un importantissimo mezzo, un determinante strumento di esplorazione e di apprendimento che l'essere umano possiede?
Sta di fatto però che è sempre il senso della vista che influenza maggiormente le nostre percezioni e da essa in qualche modo siamo legati a doppio filo e sovrasta tutti gli altri sensi.
In realtà il documentario sottolineava che è l'olfatto che ci permette di "esplorare", che ci conduce per mano, come una specie di "radar" e se viene esercitato, se si fa pratica come un tirocinio può davvero diventare una speciale guida che ci permette di percepire stimoli quotidiani e lo fa in maniera incisiva.
Se la realtà è una interpretazione che diamo di essa attraverso i sensi, allora l'olfatto sembra avere una comunicazione diretta con il nostro cervello, tanto da essere un conduttore emotivo di scelte.
In quell'ora di apprendimento televisivo ho potuto davvero comprendere quanto educare l'olfatto voglia dire soprattutto intercettare un profumo, un'essenza che viene caricata, a livello emotivo, di ricordi e pensieri suscitando delle suggestioni particolari.
É come se si vedesse con il naso, in un più ampio sentire ricco di sfumature.
Leggendo il giallo storico "Il tempo di un respiro" di Pina Varriale, il mio cervello ha sbloccato questo ricordo perchè si lega moltissimo alla tematica olfattiva.
Già dalle prime pagine di questo libro, infatti, sono rintracciabili una serie di profumi e odori che caratterizzano i luoghi della vicenda, una Napoli popolare nel 1935, durante il ventennio fascista. 
Siamo subito pervasi dal profumo di sapone dei panni messi ad  asciugare sui fili che attraversano balconi fatiscenti, mischiato all'odore del sugo di pomodoro per la pasta che sta per essere gustata, fino a quello del miasma acre che si solleva dai tombini aperti.
Questa prima immagine suggestiva ci proietta in un sentire con il naso, un fiutare l'odore della città partenopea che spande il suo aroma, la sua verace, istintuale, viscerale bellezza profumata che dà alla testa. La scrittrice ci regala una commistione di fragranze, profumi che si intrecciano e che a volte sono in netta contraddizione perchè è la stessa Napoli che è un miscuglio di profumi e olezzo. Possiamo tutti immaginare il suo consueto "skyline" con il Vesuvio che si staglia all'orizzonte e attorno un mare azzurro che il sole illumina, come fosse una lastra argentata, punteggiata da pini marittimi verde smeraldo e in lontananza scorgere Capri. E poi vedere di nuovo tutto questo mentre scende la sera e allora le luci come piccole stelle sulla terra illuminano i porticcioli e il mare è placido, dormiente. Un profumo inebriante di limoni e cedri sembra sollevarsi nell'aria, soprattutto d'estate e il tepore avvolgente abbraccia e illumina con la sua bellezza struggente il paesaggio e le persone.
Ma c'è anche l'odore di una Napoli completamente diversa che si rivela nei suoi vicoli stretti, tra le stradine sporche, nelle case povere, dai muri scrostati, animali abbandonati che girovagano, bambini vestiti di stracci che giocano in mezzo a strade maleodoranti, di un odore acuto di cipolla e cavolo, gente che schiamazza, donne che urlano e la repressione che è nascosta o violentemente presente degli squadroni fascisti. 
Anche lì c'è però il profumo della bellezza che si può scorgere tra gli stucchi di antiche dimore, di pizzi antichi ai vetri, dell'aroma di tisane sorseggiate in porcellane preziose. 
Tra la bellezza e la decandenza, tra l'ombra e il sole accecante, tra i vicoli popolari in un torrido pomeriggio estivo, o meglio in un piazzetta di un piccolo palazzo, viene ritrovato il corpo esanime di una bimba, Paola Marotta, precipitata, sembra, dalla sua cameretta. Le indagini vengono affidate dal questore al commissario Francesco Ambrosino che dovrà indagare anche su di un altro bambino, sparito in circostanze misteriose, figlio di Aniello Bellucci, segretario fascista.
La scrittrice traccia con intensità la figura di Ambrosino in cui si riflette, nel suo sguardo, nei suoi intimi pensieri, tutta la napoletanità che vive ancora una volta di contraddizioni.
Ambrosino intraprende un percorso nella verità dei due casi affidatigli, ma al contempo percorre anche la sua verità dell'esistenza: il meditare sul destino, sulla caducità dei giorni, sul senso di una vita, su determinate scelte piuttosto che altre.
I casi sono molto complessi, come una matassa ingarbugliata, e anche il suo animo lo è così come lo sono gli altri co-protagonisti. Vivono tutti di chiaroscuri, per metà illuminati dal sole e per l'altra metà nascosti dall'oscurità dei sentimenti e del buio della mente. Uomini e donne con cui il commissario dovrà confrontarsi, soprattutto con la madre di "Paoletta" che rappresenta il suo passato,  lo viene a scovare e chiede risposte. 
Ambrosino, come le agghiaccianti scoperte sui quei due bambini, sente che la verità ha una scia lunga, e deve percorrerla, seguirne l'odore. Egli ha quel che si dice "fiuto" e ancora una volta ecco entrare in scena il senso dell'olfatto. La verità ha un suo profumo, delicato, quasi inesistente; occorre affinare bene il naso per sentirla, coperta com'è dall'odore nauseabondo della menzogna, della forzata macchinazione dei fatti. La verità sta nell'anima del commissario; ha quel suo particolare odore, simile ad una illuminazione; una luce che gli produce un brivido, che si trasforma in una scheggia, un frammento chiaro, intenso, come quando scopri in mezzo al bosco il sentore forte delle margheritine selvatiche.
Egli nel suo taccuino annota informazioni, memorizza luoghi, parole, il non detto e non si lascia inebriare da fragranze femminili che ad altri potrebbero dare alla testa. 
Ma il processo di scoperta, di svelamento della verità non è completamente nelle mani del commissario, ma affidato nell'ultima pagina, nell'ultima riga, nell'ultima parola a noi lettori che scopriamo un finale terribile e angosciante.
L'autrice ha costruito una trama ben congegnata, un percorso ad ostacoli in cui tutto può essere il contrario di tutto, ma sicuramente le cose non sono come appaiono. I lupi hanno profili di agnelli e cercano di scombinare le carte e qualche "povero diavolo" diventa capro espiatorio; qualcun'altro, sconvolto da incubi è attanagliato dal senso di colpa, ma è soprattutto nella mente disturbata che si annida un tarlo che continua a lavorare, assiduamente.
Ad un certo punto del romanzo lo scampolo di umanità, o di disumanità affiora in tutta la sua brutale essenza e il commissario ne tira le fila; sbugiarda i colpevoli al termine di un viaggio nella loro pochezza, in quella infamante colpa di spegnere la vita di qualcuno che si era appena affacciato alla vita.
La lettura è stata fluida, sostenuta da estro creativo vivace come la figura di Assuntina, la madre adottiva del commissario, che lega il passato e il presente del giovane, che in un certo senso offre, come una fragranza vitale, la verità nel suo "lavoro" di leggere le carte, al contrario del commissario che esplora la verità nel suo multiforme profilo di degrado e struggente bellezza che è anche quella di una città  in cui il detto "Vedi Napoli e poi muori" ha la brezza leggera di un sentire, un insieme di bellezza che odora di malinconico desiderio.
 
 
 
La mia lampada ha illuminato questa frase:
"Quando camminava per le strade di Napoli, Francesco Ambrosino non sapeva trattenersi dal cercare, in ogni facciata, i segni nascosti delle esistenze passate e presenti e, puntualmente, finiva col sentirsi stordito. Le pietre di tufo, i vetri delle finestre, i vasi, gli odori, gli ampi atri bui e perfino i basoli parlavano, raccontandogli di miserie quotidiane, di piccoli affanni ma pure di antichi delitti e di recenti tragedie: dalla donna sfregiata dall'amante geloso all'uomo assassinato sotto casa da uno sconosciuto".

 

Gli oli essenziali da utilizzare durante la lettura: 
tre gocce di limone e tre gocce di rosmarino da sciogliere nel bruciatore di essenze con candela bianca neutra, per accendere il cervello nelle situazioni complicate, ritrovare i profumi del sud e stimolare la mente ad avere pensieri chiari.

 

Un po' di luce sull'autrice
Pina Varriale (Napoli,15 marzo 1957)  è una scrittrice italiana. Appassionata sin da piccola della scrittura, crescendo pubblica per vari quotidiani tra cui "Napolisera", "La Voce", "Il Notiziario", "Lievito", "Arte più Arte". Ha collaborato con alcuni emittenti televisive, curando servizi d'arte, cultura e attualità. É anche autrice di testi teatrali, si cimenta nelle traduzioni e come artista ha esposto le sue opere in diverse mostre. Ha svolto la professione di insegnante, giornalista, speaker alla radio. Scrive e pubblica testi musicali e anche saggi, oltre a romanzi e racconti.
 
Bibliografia essenziale 
- "Il viaggio di Elsa", (1992);
- "La banda dei cherubini", (2003);
- "Non ditelo a Cialì, (2004);
- "Leo punto e a capo", (2006);
- "Quando la luna divenne saracena", (2006);
- "Schegge di buio", (2007);
- "Ragazzi di camorra", (2007); 
- "I bambini invisibili", (2008);
- "Zero e lode", (2010);
- "Schegge di buio", (2011),
- "Ragazze cattive", (2015);
- "La contessa assassina ", (2017);
- "L'infiltrato", (2018);
- "Ricordati di me", (2019);
- "Non ditelo a Cialì", (2020);
- "Tutti tranne uno", (2021);
- "Salvador Dalì, alchimie di un genio", scritto con Serena Montesarchio (2018) saggio;
- "Frida Kalo, l'amore che brucia", scritto con Serena Montesarchio (2020), saggio;
- "Amabili streghe, arte e magie di Leonora Carrington e Remedios Varo, scritto con Serena Montesarchio (2021), saggio;
- "Leonor Fini, il coraggio di restare differenti", scritto con Serena Montesarchio (2022), saggio.
 

INTERVISTA ALL'AUTRICE

Ciao Pina e benvenuta nel mio spazio lettarario. Vuoi parlarci un po' di te?  
Ciao, grazie per avermi invitato qui. Mi piacciono gli spazi letterari, anche perché adoro leggere. E proprio perché ho sempre letto tanto (e di tutto) che già da bambina ho cominciato a scrivere. Volevo raccontare delle storie mie, diverse da tutte le altre. A nove anni avevo già scritto tre romanzi e moltissime poesie. Il vizio di scrivere non mi ha mai abbandonato, portandomi negli anni a collaborare con riviste e quotidiani e a scrivere romanzi sia per ragazzi che per adulti, nonché saggistica.
 
Come è stata la genesi del tuo libro?  
Non saprei dire in quale maniera nasce un libro, per lo meno per quanto mi riguarda. Diciamo che è una sorta di esigenza, un insopprimibile desiderio a raccontare ma soprattutto a trasmettere emozioni. Nel caso specifico di questo romanzo, volevo narrare una storia calata in una realtà ben precisa e documentata, senza altri effetti speciali che quelli che ti riserva l’animo umano quando hai la pazienza di ascoltare e la necessaria empatia per comprendere le emozioni del tuo interlocutore.
 
La copertina del romanzo mi trasmette una visione da fotogramma cinematografico, molto suggestiva. Come è nata l'idea di questa immagine?  
L’idea è frutto del lavoro grafico della casa editrice che mi ha proposto diverse immagini, tutte valide ma questa in particolare era, a parere di noi tutti, senz’altro la migliore.
 
Il titolo è molto particolare. Come mai hai optato per questa decisione?
Il titolo nasce da un triste dato di fatto: un tempo la mortalità infantile era molto alta, per questo nascevano tanti bambini perché davvero in pochi superavano l’infanzia. Vivevano appena “il tempo di un respiro” come fa notare il medico legale al commissario Ambrosino.
 
Il tuo scritto è ambientato durante il ventennio fascista. Perchè hai scelto questo periodo piuttosto che un altro? 
Mio padre ha vissuto quel periodo e mi ha raccontato, con ricchezza di particolari, fatti, aneddoti, episodi. Orfano di entrambi i genitori, ha vissuto in un collegio dove ha visto morire di fame e di stenti molti suoi compagni. Ho narrato di lui, di cosa significava essere bambini in quel periodo, nel primo libro pubblicato con Mondadori e sono ritornata sull’argomento in altre occasioni “narrative”. Mio padre era capace, raccontando dei fascisti, della Napoli di quei tempi, degli scugnizzi, dei capi-palazzo, dei ricchi e dei poveri disgraziati di farmi “vedere” cose che puoi conoscere solo se le hai vissute.
 
La città che fa da sfondo alla narrazione è Napoli. C'è un luogo della tua città che ami in particolare e dove torni ogni volta che ne senti bisogno?
La risposta è facile: il mare. Non c’è nulla che mi piaccia di più: quell’infinita distesa d’acqua, con tutti i suoi segreti mi affascina e mi consola, soprattutto quando ho dimenticato, anche se per un solo momento, che dietro le nuvole ci sta sempre il sole.
 
Il personaggio principale del tuo romanzo è il commissario Ambrosino. Se dovessi descriverlo con un’immagine quale sarebbe e perché? 
Ambrosino è una persona normale, uno come tanti. Non ha poteri speciali, non è un super eroe. Né brutto né bello, non ha un particolare successo con le donne né amici di cui fidarsi a occhi chiusi. Indeciso, dubbioso, è però attento ai particolari, a cominciare dall’atmosfera che si respira nelle case in cui entra, un’atmosfera che può rivelare molto più di quanto si possa immaginare.
 
Nel romanzo si ricerca la verità e il commissario la persegue con tutte le sue forze. Che significato personale puoi dare a questa parola? 
Personalmente ho sempre preferito la verità, per quanto amara o sconvolgente potesse essere, alla menzogna. Le bugie (e i bugiardi) mi provocano un fastidio quasi fisico, una sorta di “orticaria”, proprio come accade ad Ambrosino.
 
Cosa significa per te scrivere? 
Scrivere per me è respirare e se non respiri come puoi vivere?
 
Hai altri progetti in cantiere? 
Sì, sto scrivendo un saggio a quattro mani su una grande artista surrealista, sconosciuta al grande pubblico. Anche questo testo fa parte del progetto-desiderio di dare spazio e visibilità alle donne di talento, ingiustamente ignorate dalla critica e, in alcuni casi, perfino dalla Storia.
 
Grazie per aver condiviso le tue riflessioni.  
Grazie a te e… buone letture!
 
 

 La scrittrice Pina Varriale

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