Capponi editore, 2024, pagg. 152. Incipit "Teresa Cortese era in piedi davanti al tavolino del suo salotto, vestita di tutto punto, come si fosse preparata per uscire da un momento all'altro. Aveva appena preso dalla madia antica, regalo di sua nonna, il vaso di cristallo che teneva sempre a portata di mano, il suo preferito, e lo aveva riempito di acqua fresca. All'interno vi sistemò un mazzo di calle bianche freschissime, ancora con il loro pistillo giallo racchiuso dentro il bocciolo. Quanta eleganza in quel fiore, così come elegante era lei". Pensieri luminosi Ricordate il detto "l'unione fa la forza?" Si dice che i proverbi e i detti popolari siano fonte di saggezza, perché nel tempo hanno trasportato insegnamenti degni di nota. Mi voglio soffermare appunto su sopracitato detto perché mi permette di riflettere sul nuovo libro scritto da Francesca Ziliotto "Tutto può succedere". Sì, perché "l'unione fa la forza" calza p...
CIERRE edizioni, 2022, pagg. 98.
Incipit
"Sorgo a metà collina, tra il verde dei cipressi e degli ulivi. Sono alta, robusta, non troppo bella, costruita per durare. Da quasi centoquarant'anni guardo il lago e non mi stanco mai. É una distesa azzurra scintillante nei giorni di sole, con piccoli arcobaleni baluginanti nel ventre delle onde se il cielo è grigio, mentre prima di una tempesta l'acqua è verde chiaro fluorescente, o color acciaio quando piove. Non basterebbero giorni a descrivere tutti i suoi mutamenti".
Pensieri luminosi
"La maestra mi ha detto che in autunno, quando torneremo dalle vacanze, realizzeremo una bellissima scatola. Per farlo dovrò ricordarmi di portare a casa dal mare tante cose che mi sono piaciute".
Così mi ha detto un bambino a fine giugno 2022, quando sono andata a trovare la sua mamma, mia amica.
Avete mai sentitito parlare di questa scatola misteriosa? Molti bambini della scuola dell'infanzia, al ritorno delle vacanze estive tornano nelle loro aule e preparano con fantasia e creatività la loro "scatola dei ricordi". Utilizzano una semplice scatola di scarpe di cartone, compreso di coperchio. Un oggetto all'apparenza insignificante ma che in realtà, se personalizzato e dunque unico, è uno strumento per conservare i bei momenti vissuti durante le vacanze estive.
I bambini, in aula, sono stimolati a decorarla con il materiale più svariato, ma soprattutto è nel contenuto che diventa davvero prezioso. Qualche giorno fa sono andata a trovare di nuovo la mia amica e il piccolo ometto mi ha portato tutto felice quella scatola che ormai è stata realizzata diversi mesi fa, ma che per lui è importantissima perchè trattiene, come una magia, ricordi ancora vividi nella memoria e può ancora assaporrarne la gioia e l'allegria.
L'ha appoggiata sulle mie ginocchia. Era tutta dipinta di blu come il mare e tutta la sua superficie era decorata con striscioline di carta crespa azzurra e bianca (le onde e la schiuma del mare) e pesciolini dalle scaglie argentate. Il coperchio era decorato con tante conchiglie incollate come un ventaglio. Un tuffo, scusate il gioco di parole, in quel mese di agosto in cui la felicità era alla sua massima potenza.
Poi l'ha aperta e dentro c'erano varie cose come alcune cartoline della riviera romagnola, la paletta con cui aveva scavato con tutte le sue forze per trovare il mare, spostando tanta sabbia un pomeriggio all'ombra del suo ombrellone, i braccioli sgonfi (se gonfi non ci stavano dentro la scatola) che ha utilizzato durante le sue nuotate nel mare Adriatico, altre conchiglie di forme e colore varie, e un sacchettino di sabbia che secondo lui aveva delle pietre preziose dentro.
Mi ha anche raccontato di una sua amichetta che aveva decorato la sua scatola in maniera del tutto diversa dalla sua perchè era stata in vacanza in montagna. La sua era tutta dipinta di verde scuro; con la colla aveva attaccato ciuffi di erba del prato in cui aveva fatto un pic-nic con mamma e papà. Dentro c'erano fiorellini di campo, dei sassolini che aveva trovato vicino a delle rocce della montagna che aveva scalato, tante foglie di forme e colore diverse che vedeva dalla finestra del suo appartamento montano, cartoline di Asiago, un cucchiano di plastica del gelato più buono che avesse mai mangiato.
Ricordi, avventure giocose, momenti felici che, magari a distanza di tanti anni, se vengono ritrovati in una mansarda sprigionano sensazioni vivide. Momenti magici che hanno il potere di riportarci in quel ieri così, all'improvviso e riattivare i cinque sensi. Memorie preziose che in quel tempo e in quello spazio sono diventati indimenticabili.
Ricordi che hanno dato un senso profondo anche nel racconto di Francesca Avanzini.
La scrittrice parmense mi ha metaforicamente permesso di aprire la sua personale "scatola dei ricordi", in quel suo desiderio di narrare della sua memoria emotiva e, come il mio piccolo amico, anche lei mi ha raccontato di cosa contiene la sua scatola, il suo scrigno prezioso che ha decorato con l'azzurro vivido del cielo e le acque argentate del lago quando il sole lo accarezza e dentro ci ha messo le sue amicizie, la felicità dei suoi sedici anni, l'allegria, la spensieratezza, i costumi da bagno e quel vestito che risaltava la sua abbronzatura, gli ulivi, tante fotografie e il monte Baldo. Insomma, Francesca ha raccontato di sè e del suo piccolo-grande mondo vacanziero che ritrovava ogni estate e con immenso piacere a Torri del Benaco sulla riva veronese del lago di Garda. Un raccontare che non segue sempre un flo cronologico, perchè è legato alla sfera delle emozioni e si mescola con essa. Slanci, schegge di memoria messe sul foglio; pezzi di storia personale, unica, densa di avvenimenti che più l'hanno colpita, in cui è la memoria stessa a raccontare, caricata di innumerevoli sfumature e suggestioni.
Tra le pagine del racconto l'autrice pone attenzione al sole estivo che illuminava la sua amata casa sulle colline gardesane. Un sole amichevole, caldo, di un tepore avvolgente che riscaldava l'anima.
Una casa immersa in una pregnate natura, lussureggiante, intatta che respirava attorno a lei; sembra quasi di sentire la sua voce tra gli ulivi e le rocce; nella sua abbacinante bellezza di quei prati verdi e di quella montagna, il Baldo, che assume quasi contorni fiabeschi, avventurosi.
La natura amica diventa un tutt'uno con la casa stessa che, costruita su un terrapieno, immerge le proprie fondamenta, che sembrano diventare radici; in quel potere immersivo che la caratterizza.
Quella casa dei ricordi sta bene dove si trova; essa racconta di sè, diventando personaggio anch'essa, con il suo proprio modo di pensare, di sentire, di raccontare.
La casa è ricordo per Francesca, la stessa Francesca diventa ricordo per la casa.
Un "nido vacanziero" testimone del tempo che passa, delle persone che l'hanno abitata, abbellita, trasformata, rendendola ogni volta più vera, concreta.
La scrittrice ha amato e ama ancora quel luogo, in cui i suoi sedici anni gardesani sono diventati mitici, così come sono stati gli incontri e le amicizie che ha coltivato che negli anni si sono trasformate e l'hanno trasformata.
Anche il lago stesso si è modificato, non tanto nella secolare struttura, quanto nel suo profilo urbano, diventando negli anni meno selvaggio.
Il tempo ha cambiato anche i pensieri della protagonista, che da adolescente frizzante, piena di brio e gioia di vivere si è ritrovata adulta con qualche rammarico in più.
Ma il lago è rimasto sempre la sua piacevole certezza, in quel suo modo gentile di porsi a lei, con quel suo fascino che l'ha sempre lasciata ebbra di piacevoli sensazioni; dettagli che hanno illuminato e illuminano ancora la sua anima.
Non voglio svelare altro di questo libro, ma voglio soffermarmi su quanto ho apprezzato questo memoir. Sì, perchè nelle parole, nei pensieri di Francesca, dei suoi ricordi così personali e unici che appartengono solo a lei, ha in un certo senso svelato anche qualcosa che appartiene anche a me, dei miei ricordi vacanzieri certamente diversi e altrettanto unici, ma che sono legati a momenti densi di significato. Ripercorrendo i suoi ricordi, le sue memorie estive, ho ritrovato in maniera totale pezzetti di me, di quell'appartamento al mare che sapeva di buono, di passeggiate sul bagnasciuga a cercare conchiglie con mio fratello, di fette di pizza che mia nonna mi comprava sulla spiaggia e di passeggiate fino alla diga, dove i gabbiani (che da piccola mi sembravano enormi) mangiavano pezzetti di pane fra il profumo di mare che mi invadeva.
Buona lettura!
La mia lampada ha illuminato questa frase:
"É strano, io sono una che scalpita, se resto in città per più di quindici giorni di seguito smanio, mi stufo a morte a percorrere le stesse strade, devo scappare e cambiare il panorama intorno sennò mi deprimo, qui faccio le stesse cose da cinquant'anni e non mi annoio. Cioè, un po' sì, ma è una noia lieve, benefica. Dicono che non si è veramente riposati finché non ci si annoia un po'".
tre gocce di limone e tre gocce di cannella da sciogliere nel bruciatore di essenze con candela bianca neutra, per assaporare il micro clima temperato del lago e riappropriarsi del calore dei sentimenti.
Francesca Avanzini (Parma, 8 aprile 1954) è una scrittrice, traduttrice e critica letteraria italiana.
Bibliografia essenziale
- "Ha ballato una sola estate", (2015);
- "Quel che di buono", racconto, (2020)
INTERVISTA ALL'AUTRICE
Ciao Francesca e benvenuta nel mio spazio letterario. Vuoi parlarci un po' di te?
Mi è sempre piaciuto scrivere e ho scritto fin da piccola. Ho collaborato per più di vent'anni con la Gazzetta di Parma, città in cui vivo, dove mi alternavo con altri a una rubrica chiamata "Letti per voi". Oltre a questo, articoli di viaggi, di costume, ecc...
Sono laureata in Lingue, inglese e tedesco. Il francese l'ho imparato alle medie da un professore molto bravo e non l'ho più dimenticato. L'ho praticato anche in occasione di viaggi e altro. Ho perlopiù insegnato inglese agli adulti in corsi serali, mentre durante la giornata traducevo romanzi dall'inglese o scrivevo. Ora sono in pensione forzata.
Mi piacciono i gatti e gli animali in genere. Oltre alla scrittura e alla lettura, mi piace il cinema, cucinare, camminare. Un tempo dipingevo, ora ho perduto un po' l'estro.
Come è stata la genesi del tuo racconto?
Durante il secondo lockdown dovuto al Covid, per la prima volta ho avuto a disposizione un lungo periodo senza impegni e non ho dovuto incastrare la scrittura tra un'incombenza e l'altra. Come tanti, mi sono guardata indietro e ho cominciato a ricordare. Aprivo il computer, per dire, dopo pranzo, e andavo avanti a scrivere fino a sera, così in una quindicina di giorni ho finito il libro. In realtà c'era un precedente. Una delle ultime estati che ho passato nella casa che descrivo nel libro, avevo buttato giù poche pagine con quello che mi ricordavo della casa da quando l'avevamo comprata. Ho chiesto poi agli altri proprietari di aggiungere episodi, se li ricordavano, e qualcosa hanno aggiunto, soprattutto per quanto riguarda un episodio del libro, la trasformazione della stalla in discoteca.
La copertina del libro è un particolare di un quadro del pittore veronese Renzo Marinelli "Skyline di Albisano". Come mai hai scelto proprio questa immagine per il tuo libro?
In realtà non l'ho scelta io ma la casa editrice, però mi è sembrata un'ottima scelta e l'ho subito approvata. Sarebbe stato molto più banale mettere una foto del lago tutta azzurro, verde, ulivi e montagne.
Il titolo porta con sè la parola "memoria" che è la funzione di riprodurre l'esperienza passata attraverso immagini e sensazioni, di darle una specificazione nello spazio e nel tempo ed è proprio quello che hai fatto tu con il tuo lavoro. La memoria, secondo te, può dare valore al nostro presente? E poi, secondo il tuo parere, è sempre bene ricordare?
Domanda da mille punti! Non so se sia sempre bene ricordare. Indulgere sui torti o presunti tali che ci sono stati fatti certo no, perferisco portare a galla il buono che c'è stato nel passato. Anche la nostalgia non fa buona letteratura, credo che il meglio sia riportare dal passato lo spirito di estati di tanto tempo fa, di modo che tanti potessero identificarcisi, che anche chi, per dire, aveva passato le estati al mare o in montagna, non necessariamente al lago, potesse cogliere un certo modo di divertirsi. Penso che, come fa Annie Ernaux, il passato vada riletto e reinterpretato, descrivendo, attraverso le proprie memorie personali, una società e un modo di vivere. Se ci si limita a guardarsi l'ombelico non serve a nessuno.
Nel titolo è presente anche la parola casa che per ogni persona è quello spazio vissuto interno , le cosidette "quattro mura" che in qualche modo ci proteggono e nelle quali possiamo sentirci sicuri. Nel tuo scritto la "casa" con queste caratteristiche è quella della villeggiatura sul lago di Garda e non la residenza abituale. Se dovessi ripensare per un momento a quella casa sul lago (caratterizzata ovviamente dal paesaggio che si poteva ammirare) cosa aveva straordinariamente di più rispetto al tuo domicilio consueto?
É una casa che un po' ho creato io. Come spiego nel libro, ci ho costruito attorno un piccolo mito. Ci ho passato molte estati a tradurre, col lago davanti, lì si sono accumulati tanti ricordi. Da giovane, anche, credo che si voglia appartenere a un posto diverso da quello in cui si è nati e in cui si vive. Conosco molti giovani, anche adesso, che sono andati ad abitare e lavorare nel posto e nella casa dove trascorrevano le vacanze. Cognetti docet. Il di più credo che sia proprio costituito dal fatto che si tratta in genere di case di famiglia dove hai ricordi dei tuoi e della tua infanzia, ma dove ti costruisci un'indipendenza nuova.
Ho trovato molto originale lo stile narrativo che alterna le tue parole che ricordano il passato a quelle della stessa casa sul lago, che come te ha memoria di chi l'ha abitata, di chi l'ha trasformata, diventando personaggio essa stessa con un suo sentire e il suo osservare. Perchè hai optato per questa scelta?
Credo che far parlare solo la protagonista sarebbe stato molto più piatto. E tramite la casa riesco a raccontare anche il modo di vivere di generazioni precedenti.
Cosa ti manca del lago di Garda di un tempo e di cosa faresti a meno di quello di oggi?
Certo farei a meno della cementificazione, anche se rispetto ad altre zone, per esempio la Liguria, non è stata così selvaggia. Del lago di un tempo mi manca una certa selvatichezza. Ah, be', e poi la mia giovinezza!
Fra i tanti e suggestivi luoghi che caratterizzano il paesaggio lacustre del Garda, quale secondo te lo rappresenta al meglio?
Mah, credo che proprio Torri del Benaco, col suo starsene a metà della riva orientale, col suo porticciolo e il suo castello, sia perfetta.
Cosa significa per te scrivere?
Altra domanda da mille punti! Un tempo era una necessità. Da bambina pensavo che le cose, la natura, i paesaggi, non sarebbero esistiti se non li avessi descritti. E un po', a ben pensarci, è vero. Ora la scrittura è anche mestiere. "Memoria della casa" però è venuto del tutto spontaneamente, si è fatto da solo.
Hai altri progetti in cantiere?
Ho un romanzo già completato che però non mi convince e ha qualche problema di struttura. Sono più adatta a scrivere memoir che non romanzi, ma in un certo senso è anche una sfida, vediamo se riesco a portarla a termine.
Grazie per aver condiviso le tue riflessioni.
Grazie a te.
La scrittrice Francesca Avanzini
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