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"Hypsas" di Valerio Mello.

 "Hypsas", Edizioni Ensemble, 2024, pagg. 55. "Incontro i morti sui margini dentati delle foglie, ospiti e pietrisco più brillanti - centellinando le veglie, perché i nomi vanno incontro a ciò che si ripete; e il sole di Eraclito è nuovo tutti i giorni. Quieta pulsione di ogni luogo, le acque sono tiepide e danno esile diadema, dolce fissità degli occhi ; morbide sculture sul bianco di parete accolgono corpi liberi"... Pensieri luminosi La raccolta di poesie di Valerio Mello è un percorso immersivo nella natura e del suo potere rigenerante, correlato però anche ad una visione particolare e aulica, quella delle antiche divinità che si trasformano  esse stesse in poesia. Un percorso di parole e immagini che come quadri astratti e simbolici accompagnano il lettore in una dimensione onirica. Ciò che mi ha maggiormente colpito è stato leggere della terra, di alberi, di erba, di pietre secolari che si intersecano nella millenaria conoscenza, con la civiltà del sapere. Una

"Ma tu guarda il mondo", trentatrè ritratti dal vero di Mirko Revoyera



 Casa editrice Futura Libri, 2022, pagg. 239.

 

Incipit

"Certo che Christian per esser bello era bello! Una stanga di un metro e novanta con due occhi che parevano laghi d'argento. L'intero istituto magistrale era innamorato di lui, comprese le trenta suore del convento che s'affacciavano apposta per ammirarlo dall'altra parte della piazza".

 

Pensieri luminosi

In questa raccolta di trentatrè racconti lo scrittore Mirko Revoyera ci conduce, come un moderno cantastorie, nelle schegge di esistenze dalle più svariate personalità, che hanno in qualche modo scavato un solco alla ricerca del proprio posto nel mondo. Un universo abitato che molto spesso li ha relegati ai margini della società, ma proprio per questo l'autore ne ha voluto raccontare la dimensione quasi onirica della loro esistenza. Ha sentito il desiderio di lasciare traccia in questo suo lavoro osservativo, sensibile, con l'orecchio teso ad ascoltare anche i sussurri di aliti di vita che potevano disperdersi fra mille altri suoni della città o in un fitto bosco. Con mano sicura li ha afferrati, presi al volo come un palloncino sfuggito da una mano bambina e li ha messi su carta, rendendoli più veri della verità che noi quotidianamente ri-cerchiamo. Un margine di consapevolezza dell'essere così come si è, senza sovrastrutture, senza "barriere architettoniche" e al contempo mentali che bloccano il fluire del pensiero. 
Con maestria e guizzo creativo, pungente, a volte sarcastico e riflessivo ha raccolto parole, gesti, espressioni, piccole manie, fissazioni che si annidano  nella "normalità" di ogni giorno. La nostra società del "mordi e fuggi" non riesce a trattenere l'attimo di un ultimo sguardo, quello è già passato. Tutti con occhi bassi camminiamo spediti sulle strade della vita e non ci poniamo con occhio osservativo. O meglio osserviamo un indefino al di là, ma non vediamo l'incompiutezza dolorosa dell'altro che infine è anche la nostra riflessa in loro. Ne abbiamo una sorta di timore perchè ci metterebbe in discussione e ci sentiamo perduti: le nostre certezze sembrano sgretolarsi in un tempo e uno spazio sfumato senza contorni a proteggerci. L'altro ha un significato che spesso non vogliamo cogliere, ma che lo scrittore ci pone davanti con coraggio e testardaggine. Ha raccolto per noi tasselli come un muro di un mosaico dalle più svariate sfumature, ne ha tratteggiato il dolore, il desidero di fare comunità, il bisogno di amare, il valore della solitudine, il persistere del concetto di onorabilità, l'onestà intellettuale, la maniacale e distorta voglia di accumulare cose, oggetti caduchi come caduca è la vita. In ogni racconto c'è una continua evoluzione in cui il nascere e il morire, sia essa un'idea piuttosto che un'anima che passa a miglior vita, viaggiano paralleli al desiderio struggente di comunicare, di dire, di svelare, di non dire. 
La narrazione, nella sua fluttuante armonicità, mi ha coinvolto anche a livello uditivo. Mentre la lettura si faceva strada, mi è sembrato di ascoltare in sottofondo una certa musicalità, accompagnata da una chitarra o una fisarmonica suonate dallo stesso autore, che creava quella suggestione di dolore o gioia, rassegnazione e sconfitta. Fili sottili di una grande matassa chiamata vita. Ognuno di quei personaggi aveva un filo in mano rosso, giallo, verde, più sottile o più spesso. Una specie di reticolo che messo insieme diventa teso o debole e in qualche maniera ci viene restituito a noi lettori, perchè in quel reticolo c'è anche il nostro filo; ciascuno fa parte della matassa-mondo.
Le vicende narrate sono originalissime, pervase in alcuni casi da quel tocco di  pazzia e divertente ironia, che lasciano sempre però un sottile struggimento, il sapore di vita vera.
Con una scrittura visiva e sentita, rafforzata anche da intercalari regionali, lo scrittore ci conduce in storie dal sapore antico e moderno. Una penna che racconta e al contempo si racconta; nelle vite degli altri getta dentro anche la sua vita. Un cantastorie che ha camminato e cammina dietro le quinte di un palcoscenico e narra di volti, di esperienze da cui trarre insegnamento. Ecco allora scorrere l'esistenza dell'uomo di strada che urla la sua voce in faccia alla gente, la quotidianità di Hans e Greta e la loro dignitosissima arte di vivere, le ossessioni del Tigre e di un caleidoscopico altro mondo che nella sua ora più sognante afferma e grida: "Ma tu guarda il mondo!"


La mia lampada ha illuminato questa frase:
"Le immagini depositate nel gran pozzo dei giorni andati, appena agitate da qualche battuta, avevano cominciato a ribollire, e perfino le loro viscere tornavano a provare pulsioni dimenticate che ora risuonavano nel petto come grida gettate nel vuoto di stanzoni abbandonati da troppi anni".
 
 
 
Gli oli essenziali da utilizzare durante la lettura:
tre gocce di mandarino e tre gocce di tea tree da sciogliere nel bruciatore di essenze con candela bianca neutra, per ritrovare quel senso di spensieratezza ma al contempo purificarsi da situazioni difficili.



Un po' di luce sull'autore

Mirko Revoyera (6 giugno 1965) è un autore teatrale e cantastorie. Scrive e porta in scena storie per ragazzi e adulti. Autore di novelle, ha pubblicato nove audiolibri musicali per ragazzi. Ha scritto e interpretato per il teatro, televisione, web numerosi testi originali e adattamenti della tradizione fiabistica internazionale.

 

Bibliografia essenziale

- "Parole sul fondale" (2005), audiolibro;
 - "Parole in scatola" (2011); 
- "Fotografite" (2016), racconti e fotografie in collaborazione con Andrea Cittadini; 
- "Il cercatore del tempo, trentatrè racconti di quotidiana magia" (2017); 
- "Frà Rafaè, overo l'abito fece lo monaco, storia di affarfanti e ciarlatani" (2018);
- " Due novelle di Emma Perodi" (2018), audiolibro;
- "Favole di Leonardo da Vinci" (2021), audiolibro;
- "Vittoria ride alla vita" (2021), illustr. di Francesca Greco;
- "Segesta e Tigullio" (2020), leggenda ligure;
- "La calzetta di Matteuccia" (2021). 


INTERVISTA ALL'AUTORE

Ciao Mirko e benvenuto nel mio spazio letterario. Vuoi parlarci un po' di te?
Da molti anni porto in teatro e nelle scuole favole per bambini. Scrivo anche per i grandi, in forme come quelle della fiaba, della novella, del racconto breve. Numerose sono divenute audiolibri musicali, una decina, per la casa discografica Egea Small; altre sono diventate cortometraggi televisivi per il Sistema Museale del Lago di Bolsena, altre stanno prendendo la forma di libro. Tengo corsi teatrali per insegnanti e ragazzi, mi occupo di audiolibri per non vedenti con "Il libro parlato" di Lions Club International - Italy. La mia formazione è iniziata con le arti grafiche e poi è proseguita in ambito pedagogico.
 
Partiamo subito dal titolo "Ma tu guarda il mondo". Come mai hai scelto proprio queste parole?
"Ma tu guarda il mondo" esprime la sorpresa davanti ai casi della vita. Può significare lo stupore entusiasta oppure può intendersi come velata protesta con cui si lamenta l'inaffidabilità della vita, mai definitivamente intelleggibile e spesso beffarda. Dipende dalla disposizione d'animo di ciacuno e dai suoi trascorsi. Io propendo per lo stupore ammirato. M'è sembrato, dunque, un titolo chiaro che racconta lo spirito con cui raccolgo e scrivo gli accadimenti incontrati lungo i miei giorni. É anche il titolo del ventottesimo racconto contenuto nel libro, che racconta di due vecchi rimasti nel paesello spopolato, abbarbicato sulla montagna. 
Mentre guardano verso il mare sono raggiunti da una di quelle novità insospettabili che sorprendono e fanno esclamare: "ma tu guarda il mondo!"
 
Addentrandomi tra le prime pagine della tua raccolta di racconti ho letto la dedica. La tua è donata alla tua amata Lucia "che coltiva la vita dentro il cuore degli altri e per questo ha già vinto". Ho avuto già modo un po' di conoscere Lucia attraverso la recensione del suo diario di lettura libroterapico, in quanto psicologa. Mi piacciono molto le parole che hai usato per descriverla. Che significato ha per te la vita?
Lucia, nel suo lavoro di psicoterapeuta, mostra un'attenzione instancabile ai moti di spirito meno facili da interpretare, spesso contorti e ancor più mascherati, dei suoi pazienti. La vedo avventurarsi nelle intricate vicende umane che tratta con passione e incessante ricerca di una presa di coscienza e di strade da percorrere, di questi labirinti a me concede sotanto vaghi accenni a causa del suo sacrosanto giuramento di segretezza - ci mancherebbe - ma in tutto ciò mi è evidente la sua ferrea volontà di cura e il tentativo di propiziare il riscatto dei suoi assistiti. 
Per me la Vita, vengo dunque a risponderti, signfica in buona parte questo sbilanciarsi verso  l'altro per comprenderne la bellezza, le miserie, avvertire così le nostre somiglianze, le nostre diversità: attenzione costante verso l'altro perchè dagli altri imparo tutto, dal mio ombelico nulla.
 
Anche la copertina mi incuriosisce molto. Un viso di uomo e nella quarta un muso di cane. Come mai questa scelta? 
Il volto che vedi in prima di copertina è quello di Andrea Cittadini, amico e fotografo raffinatissimo. Un impiccione curioso pure lui, non a caso fotografo ritrattista, paesaggista e cultore di tecniche fotografiche ottocentesche. Da lui, dai suoi ritratti c'è da imparare moltissimo; insieme abbiamo prodotto "Fotografite", una mostra (in Progress)  congiunta di fotografia B/N e racconti scritti a margine delle stampe fotografiche. Questa in copertina è l'espressione più consona al titolo: la gioiosa sorpresa di trovarsi al mondo e nel mondo. Poi, c'è il ritratto in quarta di copertina: la splendida Bacon, modella d'eccezione che scorrazza nello studio di Andrea e che non può stare senza coccole, baci e grattatine. É una creatura eletta, tenerissima, sempre pronta al gioco. Anche lei è una testimonianza di bellezza.
 
Nell'introduzione affermi che nel passato il tuo desiderio di narrare era stato vinto dall'inerzia; ma in questa raccolta hai "tenuto con te" e hai raccontato. Nella vita, secondo te, è importante fare memoria narrante, "tener conto" di ciò che colpisce, afferrare un attimo che diventa significativo?
Il racconto è una necessità umana vitale, da sempre, lo sappiamo. Questo vale tanto per la narrazione autobiografica, orientata a fissare di sè l'esistenza, le esperienze, i moti dello spirito, le riflessioni, quanto per il racconto orientato a narrare l'altro da noi, l'altro che ci affascina e sentiamo meritevole di essere celebrato con le parole perchè resti; si può dire che la narrazione è parte costitutiva del nostro essere umani, anzi, l'umano senza narrazione è meno umano. Come ho scritto nell'introduzione, confesso di aver lasciato affondare nell'oblio numerosi accadimenti che avrebbero meritato parole scritte, parole scelte.
Questa è stata una mia colpa nei confronti della mia stessa esistenza. Le occasioni di racconto perdute bruciano nel rimpianto, di quanti momenti lasciati andare ci accorgiamo sarebbe stato importante fissare l'atmosfera, gli odori, gli scambi di parole, gli intendimenti muti, le occhiate, i suoni, le verità rivelate da un gesto; oppure, pensa ai felici ritrovamenti nel fondo di un cassetto: un appunto fugace e frammentario capace, però, di ravvivare il ricordo di un momento cruciale, di un insegnamento ricevuto. Testimoniare l'esistenza e la bellezza è anche un po' un dovere. Certo, va detto che poi l'ipertrofia della testimonianza è qualcosa di patologico. Oggi non c'è un momento collettivo o privato che non faccia sfoderare il cellulare in modalità video. Sembra che non sia vissuto se non si è riportata una traccia audiovisiva dell'accaduto nei social. É il secolo degli short video, questo. Ma qui noi intendiamo altro: immergersi da osservatore partecipante e raccontare poi, da parolaio, con le parole  migliori. É lo scarto di tempo tra quanto si vive e il momento della ricostruzione narrata che impone di vivere intensamente, affinchè il vivere scolpisca a fondo il ricordo nell'animo, per farsi narrazione soltanto più avanti; la tecnologia audiovisiva-mediatica, invece, ci esenta dal vivere il qui e ora: compulsivamente strappiamo un documento del momento in vista della riproduzione e della diffusione social rinunciando all'abbandono dentro il tempo del vivere. Crediamo d'aver vissuto senza accorgerci che, invece, eravamo lì soltanto per reggere un telefonino, per puntare un obbiettivo, più attenti all'inquadratura che alla vita inquadrata. Si scopre poi di non avere parole adeguate a raccontare. Manca la pazienza della ricostruzione meditata e della ricerca della parola adeguata per costruire nella mente dell'interlocutore l'immagine. Per me che mi occupo di teatro di narrazione per bambini è cosa naturale dedicarmi alla creazione di locuzioni immaginifiche. L'ho imparato da loro: le parole che non creano immagini non servono, e se non hai parole per costruire immagini, devi trovarle. Il narratore è costretto a fare questa gustosa fatica di ricostruzione immaginifica dell'accadimento. E è un piacere raro.
 
Ancora nelle pagine introduttive affermi che le novelle raccontate sono legate dal tema del rituale: un legame magico e salvifico, ma nel contempo discriminatorio. Ce ne vuoi parlare un po'? Cosa significa per te raccontare?
Il rituale pervade ogni forma di relazione umana, lo constatiamo personalemente ogni giorno. Un "semplice" buongiorno è già un rituale; comunica rispetto umano e considerazione se pronunciato con tono adeguato, può invece significare disprezzo se il tono sarà astioso e aggressivo. Il rifiuto di un buongiorno è un affronto, è la mancata celebrazione di un rito. Basta questo esempio minimale per dire che nella infinita varietà di interazioni umane la ritualizzazione è inalienabile. Qualche cenno al mondo del lavoro: la riutilizzazione dell'accesso dei nuovi assunti. Parliamo di momenti cruciali per una persona, in pochi minuti e in pochi istanti questa imposta il rapporto con i pari, con i superiori, e da questo dipende la serenità del suo ambiente di lavoro. Uno dei racconti di questo libro ("Scianèlle numero cinque") contiene la descrizione di un rituale di iniziazione alla gang; un altro racconto ("Il compleanno di Pericle") narra della iniziazione sessuale di un minatore tredicenne, tra le braccia di una "fata"; il racconto "Conto disparo" riporta un'usanza marinara molto antica che accomuna le maestranze fino oltre la morte. 
Sono affascinato dai rituali anche per la loro doppia natura. Sono indispensabili per costruire il mondo relazionale; rassicurano, ma divengono dannati quando incatenano gli individui, basti pensare alle ossessioni di rituali ripetitivi in cui è incarcerata la mente di alcuni sofferenti. Caduti in certi rituali maniacali non si riesce a sfuggire. Il limite è davvero labile. Il grande Vasco canta: "è tutto un equilibrio sopra la follia".

Prima dei racconti scrivi anche dei sogni, che in un aneddoto in bocca ad una bambina "non si devono prendere, ma solo inseguire". Che significato ha per te sognare?
La quasi totalità dei miei racconti è nata sognando, ovvero nelle ore in cui, libero da rumori, dalla luce negli occhi, disteso sul letto, ritrovo l'abbandono. Ho imparato a svegliarmi, prendere appunti e ricominciare i sogni da dove li ho troncati. Credo sia una facoltà questa che ciascuno dovrebbe esercitare. Il sogno è un piacevolissimo, vorticoso cantiere di immagini e di sequenze narrate. Ma va detto che certi sogni non possono essere fissati e verbalizzati, non so perchè ma così è: vanno lasciati andar via. La piccola Federica ebbe ragione quando mi disse che i sogni si devono solo inseguire. Va detto che è proprio l'inseguimento di quegli inafferabili sogni che dà la possibilità di creare altre immagini, maneggiabili, raccontabili, perciò quel che conta è gettarsi all'insegumento dei sogni, poi qualcosa accadrà.

I racconti che si susseguono nel libro sono legati dal quotidiano vivere che oscilla tra felicità e tristezza, stupore e grigiore. Si può trovare un equilibrio fra tante sfumature esistenziali?
Si deve trovare. O meglio, si deve accettare la compresenza di tante condizioni, dei passaggi graduali o repentini da uno stato di euforia a uno di sgomento, e così via. Le hai chiamate giustamente sfumature. Invece scopriamo di essere stati educati, o meglio mal-educati a ragionare in maniera dicotomica. Laddove c'è un sentimento non ce n'è un altro. Dove sta scritto? La condizione di spensieratezza euforica di certi momenti sfuma necessariamente lasciando spazio ad altre condizioni, poi ritorna mescolata ad altre sensazioni; spesso la gioia è venata di malinconia ma non per questo non è intensa e veritiera; il dolore per una perdita non cancella la bellezza del Creato, nella quale ogni animo dolente può rifugiarsi e curarsi. Proprio al riconoscimento delle sfumature dovremmo educarci, con molta attenzione, fin da piccini. Dovremmo imparare a raccontare i sentimenti, le loro sfumature, e la compresenza di sensazioni. In questo il racconto scritto e orale è un'arma affilatissima perchè, alla conta dei fatti, appartiene molto alle pratiche di auto-coltivazione e perfino ha funzione consolatoria. Mi vengono in mente le memorie di congedo (ed eccoti un altro rituale antichissimo che esce fuori), quei racconti che si condividono nelle ore di veglia presso il defunto. Ciascuno racconta il suo legame con lui, i momenti gioiosi, di condivisione avuta, perfino gli accadimenti ridicoli vissuti insieme che strappano un sorriso ai presenti (in quei frangenti si ricerca il sorriso per contrastare il trionfo della morte nei cuori). Lo sforzo di memoria e di narrazione che fanno i presenti diviene omaggio alla memoria, un fiore in più da deporre sul sepolcro.
Perciò anche in quel caso le sfumature di speranza, di ilarità s'insinuano nell'affrangimento, i sorrisi illuminano i lamenti. La cultura delle sfumature va promossa, per imparare ad accogliere ogni sentimento, convengo totalmente con te.

Hai dei nuovi progetti in cantiere?
Certamente. Per quanto riguarda le collezioni di racconti brevi sto procedendo col terzo libro della collezione, con altri trentatrè racconti. Non so dirti quando sarà pronto nè quale titolo avrà, ma non mancherò di bussarti alla porta del blog.
Per Natale uscirà un libro di fiabe per bambini che tratterà dell'indispensabilità della Pace e della stupidità della guerra, attraverso racconti buffi di re capoccioni, di cavalieri poco credibili e altri personaggi. Uno dei racconti, "Il tappeto del re", è già divenuto cartone animato e uscirà anche come albo illustrato.

Grazie per le tue riflessioni e a risentirci allora con altri tuoi nuovi lavori!
Grazie a te.




Lo scrittore Mirko Revoyera

 
 
 


 
 
 
 
 


 

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