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"Case rosse" di Alberto Coco

  LuoghInteriori editore, 2023, pagg. 216. Incipit "Sono inginocchiato nel sedile posteriore della Fiat 1100 color verde oliva di papà. Mia sorella Olga si è sistemata al mio fianco nella stessa posizione. Attraverso il finestrino guardiamo l'ingresso del civico 9 di viale Monza. Mamma si è fermata a parlare con le cornacchie allineate davanti al portone d'ingresso. Stringe mani, abbraccia, si asciuga le lacrime. É un addio, il mio primo addio. Non so bene cosa sia.  Papà mi ha spiegato che è un saluto che fai quando poi non ti ti vedi più per tanto tempo. Mi farà male, ne sono sicuro. A me fa già male il ciao che dico a Dante la sera. Sembra far male anche a mia sorella: ha il labbro inferiore che tremola come un budino alla fragola. Se piange lei - lei che non piange mai - io piangerò almeno il doppio. L'addio mi riempie di vuoto, mi strige la gola con un nodo". Pensieri luminosi Vi è mai capitato di ascoltare una canzone e fra un ritmo e l'altro la mente ap

"Un letto troppo affollato, una pistola per tre" di Margherita Guglielmino

 

 


 GAEditori, 2021, pagg. 258.

 

Incipit

"Assorta nei suoi pensieri, osservava dal finestrino i profili delle città che oltrepassava, Marta, come sempre, aveva i piedi ben piantati per terra e la testa tra le nuvole. Erano stati giorni intensi, ricchi di emozioni. Da quando aveva superato il concorso di polizia, pochi mesi prima, aspettava con ansia quel giorno, il giorno in cui avrebbe preso servizio, ma quella mail con destinazione Novara, l'aveva in parte spiazzata".

 


Pensieri luminosi 
Marta Spanò, vice ispettrice siciliana sta per arrivare, dopo molte ore di treno, al commissariato di Bellinzago Novarese, nella Lomellina. 
Questa per lei è una grandissima opportunità professionale e spera con tutta sè stessa di lavorare con impegno nel team con il quale dovrà collaborare. Ha solo un dubbio: la sua carriera potrà veramente prendere una svolta importante in un luogo così anonimo, tranquillo e poco conosciuto, dove la parola crimine, per fortuna dei suoi cittadini, è sconosciuta? Forse, pensandoci bene, avrebbe trovato qualche metropoli italiana più congeniale alle sue attitudini investigative; ma il destino gioca a sparpagliare le carte. Infatti, non ha quasi il tempo materiale per pensare a tutte queste cose che poco dopo il suo arrivo, gli abitanti sono terrorizzati da una serie di efferati omicidi. 
Proprio "lavorando sul campo" alla ricerca di tracce, ascoltando testimoni, riflettendo, pensando a congetture e supposizioni Marta conosce un po' alla volta il team del commissariato. Infatti la scrittrice Margherita Guglielmino ci catapulta con ritmo incalzante e deciso in una trama che ha i contorni del giallo. Un passo alla volta Marta e i suoi colleghi ci accompagneranno alla risoluzione del caso, grazie soprattutto alla sua perspicacia e a quella delle sue colleghe, coraggiose e indomite.
La vicenda acquista tinte fosche e misteriose, ma ciò che ho trovato ancor più originale nella penna dell'autrice è quel profilo intimistico che ha donato alla sua protagonista e a molti dei personaggi femminili. Non c'è quindi solo una concatenazione di eventi che incalzano, alimentati da suspense, ma anche un percorso nei segreti dell'animo umano in cui vengono espresse le più svariate emozioni, attraverso la descrizione di ambienti e oggetti  di ogni giorno che svelano le innumerevoli sfumature di esseri umani fotografati attraverso un gesto, una parola, uno sguardo che completano quel quadro di solitudine che sembra svelarsi parallelamente allo sbrogliarsi dell'intricata matassa di cronaca.
Il romanzo, quindi, si sviluppa su due piani parallelamente: la scoperta dell'assassino e la scoperta profonda di sè stessi. Sì perchè molti dei personaggi (eccetto uno in realtà) che vivono, pensano, lottano, amano, patiscono, sono attraversati da una certa malinconia di fondo e dal desiderio di essere amati. Vivono di una mancanza, una sorta di perdita: di un luogo, di un paesaggio, di un abbraccio, di un valore. Le conseguenze di questo atteggiamento, accompagnate all'estremo dalla penna della scrittrice, porteranno Marta e alcune donne colleghe, o comunque sempre nell'orbita dell'investigazione, a cadere in una trappola amorosa crudele.
Le donne del romanzo, infatti, pur essendo profondamente coscienti e forti della loro professione e professionalità sentono che qualcosa, nella loro vita privata, non è completa e appagante. Hanno un vuoto, un disconnessione affettiva, in cui inciamperanno e si troveranno in un vicolo cieco come le stesse ricerche investigative.
Ad un certo punto però, tutto si farà più chiaro; le indagini riusciranno a portare a galla una realtà di soprusi e squallore umano e al contempo Marta, Eva ed Emma come sciolte da un'incantesimo amoroso, faranno i conti con i fantasmi del loro passato e passeranno oltre, senza più guardarsi indietro, anzi arrivando ad essere e sentire non solo di essere amate ma anche di amare, in un moto attivo e non più solo passivo e quindi libere.
Importante in questa narrazione sono anche i luoghi in cui si muovono i personaggi. La Lomellina al nord, con i suoi giorni freddi, invernali, cupi, in cui un bosco può celare segreti tremendi; ed è proprio qui, in un posto sonnolento, che le sorprese funeste hanno maggiormente il loro potere deflagrante e dall'altra il ricordo avvolgente e caloroso della Sicilia, con le tradizioni di un tempo, il folklore, i riti che ci raccontano delle nostre radici e che fanno compagnia come una coccola dolce quando la nostalgia prende il sopravvento.
Tra le pagine del libro si può anche percepire quell'esplosiva e sottile ironia che strappa più di un sorriso durante la lettura, condita da espressioni dialettali tipiche dell'una e dell'altra parte d'Italia, unendo in un unico abbraccio innumerevoli caratteristiche del nostro Paese.
Infine, non ultimo, vorrei sottolineare quanto l'amicizia femminile sia un valore in cui crede fermamente la scrittrice, che si percepisce molto tra le pagine del libro e che diventa, nell'evolversi della vicenda, qualcosa di protettivo, intenso, in una sorta di rispecchiamento che svela e genera una grande forza, una "sorellanza allargata" in cui c'è l'esigenza di raccontarsi, di svelarsi e proprio questo porterà loro all'uscita, alla luce della comprensione.
Interessanti, sparsi qua e là, alcuni indizi che collegano il romanzo  al precedente "Una bellissima storia sbagliata". 
Cogliete bene gli indizi e buona lettura!




La mia lampada ha illuminato questa frase: 
"Avrebbe voluto chiamarlo e dirgli - Angelo, ho pianto, ho pianto disperatamente come quel giorno.
Era dal funerale di suo padre che non lo faceva, aveva modellato il suo io sulla forza, sull'apparenza, aveva soffocato i sentimenti che provava, aveva indossato una corazza per preservare il suo cuore dal dolore". 
 

 

Gli oli essenziali da utilizzare durante la lettura:
tre gocce di limone e tre gocce di tea tree, da sciogliere nel bruciatore di essenze con candela bianca neutra, per ricordare le terre del Sud e per sviluppare l'acume intellettivo.

 

 

Un po' di luce sull'autrice 
Margherita Guglielmino (Catania, 22 luglio 1975) è una scrittrice italiana e un'insegnante di scuola primaria.

 

 

 

Bibliografia essenziale
- "Una bellissima storia sbagliata" (2020).
 


INTERVISTA ALL'AUTRICE

Ciao Margherita e ben ritrovata nel mio spazio letterario. Qualche mese fa ci siamo salutate con la promessa di risentirci con un tuo nuovo progetto dopo "Una bellissima storia sbagliata" (il tuo romanzo d'esordio), ed eccoci qui a raccontare del tuo secondo romanzo. Qual è il tuo stato d'animo dopo questi tuoi lavori?

Ciao cara Elisabetta e grazie per avermi nuovamente ospitata nella tua rubrica. Da quando nel giugno 2020 ho firmato il mio primo contratto con la GAEditori, il mio stato d'animo perenne è un misto di incredulità e gratitudine. Non avrei mai potuto immaginare che, nel giro di due anni, avrei pubblicato ben due romanzi, che erano chiusi nel cassetto segreto della mia mente. Come ti avevo già accennato nella scorsa intervista, sono una donna poliedrica, faccio  mille cose al minuto, forse per recuperare tutto il tempo che ho perso in quella ch amo definire "la mia vita precedente", ovvero da 0 a 40 anni. Con il  mio lavoro di insegnante (che è tutta la mia vita) pensavo di essere già appagata, invece come dentro un vaso c'è sempre spazio per le emozioni e vedere in libreria o tra le mani dei miei lettori i miei testi, o ricevere dei buoni riscontri è un'emozione indescrivibile a cui non mi abituerò mai. Mi sento "Alice nel paese delle meraviglie".

Come è stata la genesi di questo nuovo progetto a partire dal titolo e anche dalla copertina?
A dire il vero, ho iniziato a scrivere questo romanzo quando non avevo ancora messo a punto il finale a "Una bellissima storia sbagliata". La differenza sostanziale è che per il primo libro non sapevo fino all'ultima riga prima della parola FINE cosa avrei scritto; questo romanzo, invece, mi frullava nella testa già con i personaggi be delineati, una trama, un inizio e una fine. In "Una bellissima storia sbagliata" è stata la scrittura ad impossessarsi di me e a portarmi dove lei volesse, in "Un letto troppo affollato" sono stata io ad aspettare che la scrittura arrivasse; l'ho presa per mano e l'ho guidata. Questo romanzo, pur conservando il mio modo di narrare è meno istintivo dell'altro. C'è dietro molto studio, ero meno incosciente, sapevo che sarebbe stato pubblicato e non volevo deludere i miei editori Antonello e Gaetano, che hanno sempre creduto in me e i miei lettori.
Il titolo mi è venuto in mente subito, ti racconto un aneddoto. Mentre per tre anni "Una bellissima storia sbagliata" è stata salvata nel mio computer con la scritta "Il mio romanzo", "Un letto troppo affollato" fin da subito aveva il suo nome sul mio desktop. In seguito ho aggiunto il sottotitolo, dopo aver sviluppato la copertina con Gaetano, uno dei miei editori. Quando creo dei personaggi, io vedo la trasposizione cinematografica, immagino i volti, le azioni, i paesaggi e anche la copertina del libro. Solo che nel primo romanzo è stato più semplice, perchè in copertina c'era la foto di mia figlia in riva al mare, in questo avevo in mente questo letto e quelle sagome. Spiegare a parole quello che avevo in mente non è stato facile, ma alla fine il risultato è molto simile al mio immaginario. Il sottotitolo "una pistola per tre" mi è venuto perchè questo dovrebbe essere il primo di una serie di libri, dove a turno una delle mie poliziotte diventa la protagonista. Per intenderci, questo è un po' il  libro di Marta. Il prossimo, se il pubblico gradirà e mi permetterà di andare avanti, sarà il libro di Eva. Ho già scritto l'inizio...
 
Il romanzo è caratterizzato, quasi esclusivamente, da figure femminili. Perchè hai optato per questa scelta?
Viviamo in un periodo in cui i "femminicidi" sono all'ordine del giorno; spesso il carnefice, l'orco è l'uomo che ci mettiamo in casa e che dice di amarci. Come prima riflessione, mi sono chiesta come possono delle donne intelligenti, colte, realizzate professionalmente, cadere nella trappola di un amore malato. In secondo luogo, sai bene, perchè me lo hai chiesto nell'altra intervista, quanto per me sia importante l'amicizia. Io riesco a perdonare il tradimento di un uomo, ma non quello di un'amica. Ho pensato: cosa potrebbe mettere in pericolo un'amicizia solida e consolidata? Si può restare amiche dopo aver condiviso, inconsapevolmente, lo stesso uomo? Leggendo il libro scoprirete come hanno reagito le mie protagoniste a tale evento.
 
Nel libro aleggia, a più riprese, il desiderio delle protagoniste del prendersi del tempo per sè stesse. Quanto è importante, secondo te, ritagliarsi degli spazi, dei momenti propri?
Credo sia fondamentale! Una relazione che funziona è quella in cui entrambi hanno i loro spazi, in cui si sta bene in primis con sè stessi. Si sta insieme per il piacere di stare insieme, per il piacere di tornare, non per un obbligo sancito da un contratto. Vedi, ho riscoperto la mia libertà dopo la mia separazione e il trasferimento a Ravenna. Adesso non potrei più farne a meno.
 
Nel testo sono utilizzati con accuratezza termini medici (in particolare di medicina legale) e un interesse per la grafologia. Sono argomenti che ti hanno sempre incuriosita e come è stata la ricerca in funzione del libro?
Adoro la grafologia; sognavo di laurearmi in grafologia criminale ad Urbino e ho passato la mia passione a Marta. Come ti dicevo prima, c'è molta ricerca nel libro. Se faccio parlare Vittoria Amodeo, l'anatomopatologa (uno dei mie personaggi preferiti insieme a Serena Nardi la P.M.) devo avere cognizione di causa di ciò che sto scrivendo, per cui ho letto vari testi, fatto ricerche su internet e chiesto aiuto a due miei amici, un tenente dei carabinieri e l'altro agente di polizia. Spero di aver fatto un buon lavoro. Amo rendere reali i miei personaggi, come se potessero lasciare le pagine dei miei libri e mescolarsi tra di noi; l'ho fatto anche con Luisa e company in "Una bellissima storia sbagliata", ho continuato con le mie polizziotte di Bellinzago Novarese, posto in cui non sono mai stata, ma che ho studiato: le vie, la piazza; sono luoghi reali.
 
Anche  in questo tuo lavoro la lettura e l'oggetto libro diventa "un buon compagno contro la solitudine". Cosa ne pensi di questa affermazione?
Pienamente d'accordo. Amo molto una frase di Umberto Eco che dice: "Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l'infinito... perchè la lettura è un'immortalità all'indietro". Cos'altro aggiungere? I libri sono stati i miei primi compagni di viaggio, ho imparato a leggere a 5 anni, mi rintanavo nella soffitta di casa, aprivo un libro e vivevo mille avventure, non potrei mai immaginare la mia vita senza libri. I libri non mi hanno mai fatta sentire sola. Tutti i giorni, ripeto ai miei alunni che i libri sono cibo per la mente e cerco di instaurare in loro la passione per la lettura.

Tra le pagine sono presenti delle forti caratterizzazioni di luoghi e ambienti. La maggior parte della vicenda si svolge nella Lomellina, osservata in giornate nebbiose, umide, fredde. Bellinzago Novarese diventa il luogo del "qui e ora". Si sente però, come un lontano eco, il richiamo del Sud, in particolare della Sicilia con i suoi profumi agrumati, il sole luminoso, i tramonti infuocati che diventa il luogo del "ricordo", della nostalgia. Vorresti parlarci un po' di questa dicotomia e di come è importante per te fare memoria?
Io amo definirmi "sicignola", metà siciliana e metà romagnola. In realtà vivo in Romagna da soli cinque anni. Sto benissimo qui, Ravenna per me è stato il biglietto vincente della lotteria, mi ha dato delle opportunità che a Catania non avrei potuto avere. Non tornerei a vivere in Sicilia, eppure il fuoco dell'Etna lo sento scorrere nelle vene. In tutto ciò che faccio, nel mio modo di essere esuberante, espansiva, generosa, viene fuori la mia terra. Quando sono andata via, non riuscivo a tornare, avevo troppe cicatrici che non si erano ancora rimarginate. Ricordo il primo Natale; avevo fatto il biglietto per tornare a "casa", l'avevo comprato ad agosto, per me e mia figlia Giulia. Il 23 dicembre andai all'aeroporto di Bologna e non riuscii a salire su quel volo. Mentre mia figlia decollava verso Catania, io tornavo a Ravenna in macchina, con in tasca il biglietto e le lacrime che mi solcavano il viso. Passai il Natale da sola (un po' come Marta, per fortuna io non incontrai Pietro!). Ho perso i genitori molto presto, a 26 anni ero già orfana. Mi sento un po' senza radici, nonostante in Sicilia viva mia figlia Valeria, che adoro. Pian piano con il tempo, le cicatrici si sono chiuse e ho fatto pace con la mia terra. Paradossalmente mi ha aiutata la scrittura, ho dato i miei dolori alle mei protagoniste, ho condiviso con loro la mia pesante valigia. A Luisa, nel primo libro ho dato la consapevolezza di vivere senza l'affetto materno, la scrittura è stata catartica, ha funzionato e così in questo nuovo romanzo ho affidato a Marta il dolore per la perdita del padre. Marta e Luisa mi hanno aiutata a perdonare e a trasformare il dolore in nostalgia. Così ho scritto di luoghi, colori e sapori a me cari, che si celavano nel baule dei ricordi.
 
Correlato a questa tematica, sono molte le occasioni in cui citi cibi, riti, tradizioni, folklore mediterraneo. Se dovessi tornare ad un ricordo della tua infanzia a quale occasione ripensi con più affetto?
Il Natale a casa di mia nonna materna. Il rito della preparazione! Mia nonna abitava nel mio stesso palazzo e dopo la nascita di mio fratello, complice una brutta depressione post partum di mia madre, ho vissuto dai sei agli otto anni a casa sua. Il giorno dell'Immacolata, l'8 dicembre, andavamo a recuperare dalla soffitta gli scatoloni con l'albero e il presepe. Adoravo sistemare quegli addobbi di vetro che erano molto più vecchi di me; risalivano ai primi anni di matrimonio dei miei nonni: le statuine del presepe, la pecorella zoppa che mettevo accanto al pozzo per farla reggere su tre zampe e il mio personaggi preferito, l'angelo con le ali dorate da posizionare sulla grotta della natività. Poi la cucina di mia nonna, quei gesti antichi e silenti che cercavo di copiare, il ragù alla siciliana, fatto con l'estratto di pomodoro e piselli e il falsomagro da condire. Stendevamo la carne e la riempivamo di formaggio, prosciutto e uova sode. Mi piaceva legarlo con lo spago prima di immergerlo nella pentola con il ragù. Dovevo salire su uno sgabello per riuscire in questa operazione, perchè i fornelli erano più alti di me. Quando tutto era pronto indossavo il mio vestito di velluto verde e le scarpe di vernice, scioglievo le lunghe trecce, mia nonna mi pettinava con cura, poi posizionava un bel fiocco sui miei lunghissimi capelli. Quando tutti i parenti arrivavano, prima di pranzo, mio padre trovava la letterina sotto il piatto del servizio buono, fintamente sopreso la leggeva e mi regalava 10.000 lire, poi mio nonno prendeva la solita sedia di paglia. Io con le calze bianche che mi rigavano le gambe e le scarpe di vernice, salivo su e recitavo la mia poesia ai parenti. Poi si giocava a tombola e si stava bene con poco. Ecco ricordi di un tempo lontano che i giovani di oggi non avranno mai, persi tra la tecnologia e la frenesia di questi tempi moderni.
 
A dare una certa frizzantezza al testo utilizzi alcuni termini dialettali siciliani e non solo, in una sorta di commistione di parole e suoni del nostro "Bel Paese". Che valore hai cercato di dare procedendo con questa modalità?
L'italiano è una lingua meravigliosa, ma ognuno di noi a casa parla nella sua "lingua madre" che è il dialetto. Mi piace nella mia quotidianità utilizzare delle frasi o delle battute; credo che certe cose dette in dialetto siano rafforzative. Anche con i miei alunni spesso lo uso, spesso sanno che se dico "arrusbigghiti" significa "svegliati" o se dico "na cosa co iornu" vuol dire "veloci", si divertono. In classe ho alunni di origine pugliese, sarda, marchigiana, romana, albanese e senegalese, poi ci sono i romagnoli ed è importante usare l'italiano per capirsi, però non bisogna mai dimenticare le nostre origini. Quando esco con i mie amici romagnoli e parlano il dialetto, non sempre capisco tutto, mi sforzo. Quando in giro, mentre passeggio sento una nenia conosciuta al mio cuore, mi illumino. Vedi, fisicamente io sono molto diversa dallo stereotipo di donna siciliana, ho la pelle bianchissima, tanto che in estate mi ustiono, gli occhi verdi e i capelli rossi; potrei essere facilmente scambiata per una donna del Nord, finchè non apro bocca. Quindi se per strada sento qualcuno parlare in siciliano, magari fare anche degli apprezzamenti su di me, convinto che non capisca, mi diverto. Io insegno italiano, adoro la nostra lingua, ma il mio cuore parla siciliano.
 
Il tradimento è una tematica che nel libro ha un suo peso specifico e non è solo riferito ai legami amorosi, matrimoniali, ma si inserisce in un discorso più ampio: tradire un ideale, la propria coscienza, un sogno. Come ti poni davanti a questa parola?
Nel dizionario il termine "tradimento" significa venir meno alla fede data o ad un impegno assunto solennemente. Come hai ben capito non è solo il tradimento fisico o amoroso ad interessarmi. Ogni volta che non rispettiamo la nostra coscienza, che facciamo qualcosa controvoglia, tradiamo noi stessi. Sono creciuta con dei solidi principi, la mia famiglia era la classica famiglia del Sud, la parola tradimento era mal vista, quasi un tabù; crescendo ho imparato a non giudicare mai, perchè la vita è imprevedibile, di quest'acqua non ne bevo non lo dico mai, la vita è lunga e durante la strada potrei avere sete. Chi tradisce sè stesso o i suoi ideali muore un po'. Ti ripeto sarei disposta a perdonare il tradimento (forse), ma di certo avrei difficoltà a perdonare chi tradisce una confidenza o un'amicizia sincera.
 
Nel romanzo è presente un déjà-vu, o meglio un sogno premonitore. Hai mai avuto esperienze di questo genere?
No, ed è stato molto divertente scriverlo. Il mio non è un classico giallo che rispetta delle regole stabilite. Mi sono cimentata con un genere che adoro, magari il giallo è un po' soffocato dalla vicenda umana, d'altronde si intitola "Un letto troppo affollato"; già da quello scaturisce l'importanza dei rapporti interpersonali. Il sogno premonitore è un sogno che facevo io da bambina: sognavo il mio vicino di casa con la testa mozzata, che mi inseguiva. Ho pensato ci stesse bene nella trama. Invece, ti svelo un segreto. Per quanto riguarda l'intervista a Carlo Lucarelli, che Marta ascolta dopo il sogno, in realtà non è avvenuta in una trasmissione televisiva. Nell'agosto del 2020 Lucarelli era a Ravenna ad una rassegna letteraria, io ero tra il pubblico; avevo tra le mani un suo libro e volevo farmi fare la dedica. Ciò che ha detto mi ha colpito così tanto che, nell'ultima pagina del suo libro, presi appunti che poi trasformai nelle frasi che hai letto nel mio romanzo.

Le tre protagoniste Eva, Emma e Marta sembrano soffrire di una mancanza, della solitudine del cuore. Forti nella loro professione ma fragili interiormente, tanto da inciampare in uno squallido ripiego. Secondo te nella nostra contemporaneità l'amore (parola inflazionata) che posto occupa nelle relazioni interpersonali?
Le mie protagoniste sono donne forti, realizzate professionalmente, eppure hanno una mancanza interiore, una solitudine dell'anima. Diventano talmente fragili da credere all' "amore" di Pietro, capace di regalare a tutte lo stesso libro, con la stessa dedica e a farle sentire uniche e speciali. Le mie protagoniste mi fanno tanta tenerezza, perchè più che amare, hanno un disperato bisogno di sentirsi amate, in un mondo dove non esistono più i balli lenti, le lettere scritte a mano e dove qualunque sconosciuto, con un profilo social, può farti credere di essere qualcun altro. Io "Chi l'ha visto" lo seguo davvero e mi hanno colpito le storie di tante donne ingannate da associazioni a delinquere che rubano delle identità, hanno puntato sulla solitudine e la fragilità delle loro vittime per arricchirsi.
 
Tra le pagine del libro fai riferimento alla terribile piaga del caporalato. Cosa ne pensi di questa "tratta di carne umana"?
Se ben ricordi dalla scorsa intervista, i temi sociali mi stanno molto a cuore. In "Una bellissima storia sbagliata" mi sono occupata di adozione internazionale, dei diritti delle donne single e degli omosessuali, di handicap. Qui, fin dall'inizio sapevo che dietro ai delitti ci doveva essere qualcosa di più "potente" di un semplice assassino, ma non sapevo cosa. Poi, come spesso accade sono stati i miei alunni a darmi la soluzione. Insegno anche educazione civica e per me ogni scusa è buona per parlare di diritti, di eguaglianza, ecc... Avevamo fatto un bel progetto sulla giornata del 25 aprile, abbiamo studiato la Costituzione e i suoi articoli più importanti. Allora, visto che pochi giorni dopo era il 1 maggio, la festa dei lavoratori, ho iniziato un bel progetto sul lavoro come diritto/dovere. Lì è venuto fuori la parola caporalato così ho avuto una folgorazione. Con i miei ragazzi abbiamo studiato gli articoli, fatto delle ricerche e parallelamente ho pensato che un tema così scottante poteva starci bene nel mio romanzo. Il caporalato è una piaga, una sorta di schiavitù del XXI secolo e tutti dovrebbero conoscerla; spesso ci fa comodo chiudere gli occhi o girarci dall'altra parte, perchè è più semplice evitare una spiacevole verità. Io invece educo i miei ragazzi fin dalla scuola primaria all'accoglienza, alla diversità vista come ricchezza e non come un limite. Mi auguro che educando bene le nuove generazioni, fenomeni deplorevoli come la "tratta di carne umana" spariscano.
 
Hai altri progetti in cantiere?
Ne ho più di uno. Ho in mente una storia familiare e poi mi piacerebbe scrivere il seguito delle mie poliziotte; sogno che diventino una serie, chissà, ogni tanto i sogni diventano realtà, io ne sono un po' la prova, però non voglio affrettarmi, il prossimo romanzo uscirà quando sarà perfetto, voglio curare al meglio l'editing. Intanto il prossimo progetto è un sogno che ho sempre lasciato nel primo cassetto del comodino, cioè andare all'università. Il mio prossimo obbiettivo è laurearmi in letteratura e storia entro i 50 anni, quest'anno ne compio 47, direi che se mi impegno posso farcela.
 
Cara Margherita, ti auguro di cuore che tutti i tuoi progetti si possano realizzare. Grazie per aver condiviso le tue emozioni e sensazioni e arrivederci alla prossima.
Grazie a te, riesci sempre a fare domande pertinenti  e a sviscerare al meglio un autore e la sua opera. Spero di rispondere prossimamente ad una tua nuova intervista. Intanto grazie di cuore e buona lettura a tutti!


Bibliografia essenziale
- "Una bellissima storia sbagliata" (2021).




La scrittrice Margherita Guglielmino


Per l'acquisto del  libro


 https://www.unilibro.it/libro/guglielmino-margherita/un-letto-troppo-affollato/9788832048537


 

 

 

 


 
 


 






 


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